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Fascicolo 3, Novembre 2022


Coloro che arrivano qui / sulle nostre sponde

già tormentate dal freddo / già malate e già sole

non sanno che in noi / le finestre di grande speranza

sono ormai chiuse.

(Alda Merini)

Penale

Questione di legittimità costituzionale relativa al reato di utilizzo di documenti contraffatti (art. 5, co. 8-bis, TU immigrazione)
Il Tribunale di Vicenza, ufficio GIP ha sollevato con l’ ordinanza 16.6.2022 un’interessante questione di legittimità costituzionale in ordine alla fattispecie di utilizzo di uno dei documenti contraffatti
rientranti nella previsione di cui all’art. 5, co. 8-bis, d.lgs. n. 286/1998 (nella specie certificato di conoscenza della lingua italiana di livello A2 nell’ambito di procedura amministrativa volta ad ottenere il rilascio di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo).
La questione è stata proposta con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3 e 27 Cost. sotto due profili.
Da un lato si ritiene, in accoglimento di eccezione difensiva, non manifestamente infondata la questione in esame per violazione del principio di proporzionalità laddove la norma parifica nella sanzione edittale da uno a sei anni di reclusione una pluralità di fattispecie profondamente diverse tra loro in termini di attitudine a commettere delitti e rimproverabilità della condotta del soggetto attivo del reato. Per un verso condotte di diretta contraffazione dei documenti considerati dalla norma in oggetto, condotte indicative di capacità tecnica, abilità manuale e non di rado inserimento in un circuito dal quale provengono gli strumenti e i supporti documentali per la contraffazione. Per altro verso semplice detenzione del documento contraffatto di cui si viene a beneficiare.
D’altro lato viene evocato come tertium comparationis il trattamento dell’ipotesi comune di contraffazione o uso di documenti falsi da parte di privato prevista dagli artt. 476-477-482 c.p. e dall’art. 489 c.p. Quest’ultima fattispecie codicistica distingue tra contraffazione e uso del documento contraffatto, prevedendo per il secondo una diminuzione di pena di un terzo.
Si viene così a ricadere, come da giurisprudenza costituzionale richiamata, in un profilo di illegittimità costituzionale riguardante non la scelta in sé dell’entità della pena riservata al legislatore, ma la manifesta sproporzione ed uso distorto della discrezionalità normativa.
L’applicazione di una disciplina già rinvenibile nell’ordinamento potrebbe restituire coerenza alla logica seguita dal legislatore, una volta emendata dal vizio di illegittimità costituzionale.
E così il Tribunale di Vicenza chiede di dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, co. 8-bis, TU immigrazione nella parte in cui non prevede per la condotta di mera detenzione di uno dei documenti contraffatti ivi previsti la diminuzione di un terzo di pena, come nella fattispecie codicistica.
La rilevanza della questione dipende dal fatto che l’imputato ha chiesto in giudizio la messa alla prova e il limite edittale di sei anni (e non di quattro) è preclusivo.
 
Sul regime del rilascio di titolo di viaggio a persona in possesso di protezione internazionale ai sensi dell’art. 24, co. 2, d.lgs. n. 251/2007
La  Corte d’assise di Catania (24.2.2022, dep. 19.4.2022) quale giudice dell’esecuzione affronta un’interessante questione giuridica, con effetti pratici non secondari sulla libertà di circolazione della persona titolare di protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 24, co. 2, d.lgs. n. 251/2007, ma interessata dall’esecuzione di una pena pecuniaria rimasta inottemperata.
La normativa ordinaria sui passaporti di cui all’art. 3, lett. d) della l. n. 1185/1987 prevede che coloro che debbano soddisfare una multa o un’ammenda non possano ottenere il rilascio del passaporto, salvo che con nulla osta dell’autorità giudiziaria che deve curare l’esecuzione della sentenza. Nulla osta negato in prime cure nel caso concreto oggetto di opposizione. Si trattava di persona che, scontata l’intera pena detentiva, non aveva soddisfatto il pagamento dell’importo di € 12.000 di multa.
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato la previsione in esame non costituisce una pena accessoria, ma una restrizione di tipo amministrativo, collegata ad una condanna, che serve a renderne agevole ed effettiva la relativa esecuzione. La norma non è connotata da specialità e riferibile ai soli cittadini italiani, ma correlata al generale principio di obbligatorietà della legge penale di cui all’art. 3 del codice penale.
La Corte tuttavia valorizza lo statuto particolare vigente per il rifugiato politico e in particolare la previsione di cui all’art. 24, d.lgs. n. 251/2007 che prevede il rilascio da parte della questura competente del titolo di viaggio per stranieri ai titolari di protezione sussidiaria cui, per fondate ragioni, non può ritenersi consentita la possibilità di chiedere il rilascio del passaporto alle autorità diplomatiche del Paese di origine. Si tratta in questo caso dell’esecuzione da parte del legislatore nazionale di un obbligo internazionale che trae base dalla stessa Convenzione di Ginevra e tutela nella nostra Costituzione in applicazione dell’art. 117, co. 1, Cost. Per tali ragioni non si determina alcuna forma di discriminazione rovesciata rispetto al trattamento del cittadino italiano. Né l’eseguibilità della pena pecuniaria, nell’ambito dell’ordinario esercizio della potestà punitiva statuale, integra quelle situazioni eccezionali per «gravissimi motivi attinenti la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico» che l’art. 24 citato prevede come deroga rispetto alla prevalenza delle motivazioni umanitarie.
La Corte d’assise ha così accolto l’opposizione e concesso il nulla osta al rilascio del passaporto.

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