In materia di espulsioni ormai si delinea sempre più una polarizzazione delle decisioni di legittimità su alcuni temi ricorrenti: presenza di legami familiari, rapporti tra allontanamento e domande di protezione, motivazione dei provvedimenti, quasi ad evidenziare una certa ritrosia, di una parte della giurisprudenza di merito, a recepire taluni orientamenti consolidati della Corte di cassazione.
Respingimenti differiti
Le ordinanze di legittimità che si prendono in esame concernono tutte decisioni dei Giudici di pace di Agrigento, a riprova del fatto che l’istituto in esame trova maggiore applicazione in occasione degli sbarchi a Lampedusa, e concernono il rispetto degli obblighi informativi nell’hotspot ove, com’è noto, avviene una preselezione tra migranti “economici” avviati alle procedure di respingimento e migranti “meritevoli” di accedere alle procedure di accoglienza e di protezione.
A fronte delle deduzioni relative al fatto di non avere presentato domanda di protezione internazionale, nell’immediatezza dello sbarco a Lampedusa, in ragione della mancanza di una adeguata e tempestiva informativa sulla relativa procedura, il Giudice di pace di Agrigento respingeva il ricorso, ritenendo sufficiente la motivazione del provvedimento questorile di respingimento differito indicante genericamente l’avvenuto assolvimento di tali obblighi, trattandosi di dichiarazioni rese innanzi a un pubblico ufficiale, avente natura di atto pubblico fidefacente sino a querela di falso. Parte ricorrente, impugnando per cassazione tale provvedimento, lamentava sia violazione di legge in relazione all’art. 10-ter, d.lgs. 286/98 che la carenza di motivazione, atteso che illogicamente il giudicante aveva ritenuto che la motivazione del provvedimento costituisse prova dei fatti indicati, nonostante che la specifica questione fosse stata sottoposta alla sua attenzione.
Cass. civ., sez. I, ord. n. 3078/2024, pubblicata il 2.2.2024, richiamando un precedente in termini (Cass. sez. I, sent. n. 32070/2023) annulla con rinvio il provvedimento gravato sul presupposto che, ai sensi dell’art. 10-ter, d.lgs. 286/98, dev’essere assicurata, a tutti gli stranieri condotti per esigenze di primo soccorso e assistenza presso i punti di crisi (hotspot), una informativa, completa ed effettiva, sulla procedura di protezione internazionale. «Detto obbligo sussiste anche nel caso in cui lo straniero non abbia manifestato l’esigenza di chiedere la protezione internazionale, posto che il silenzio ovvero una dichiarazione incompatibile con la volontà di chiederla (che deve in ogni caso essere chiaramente espressa e non per formule ambigue) non può assumere rilievo se non risulta che la persona è stata preventivamente compiutamente informata.». Inoltre, non è sufficiente che nel decreto di respingimento si indichi che la persona è stata informata se, nella contestazione dell’interessato «nulla emerge dal foglio notizie né da altri atti, documenti o mezzi di prova offerti dall’amministrazione … e segnatamente se non emergono i tempi e le modalità con cui l’informativa è stata somministrata, con specifico riguardo alla lingua utilizzata, alla presenza di un interprete o mediatore culturale e ciò al fine di consentire una verifica sulla comprensibilità delle informazioni». In termini analoghi: Cass. civ., sez. I, ord. n. 5621/2024 pubblicata l’1.3.2024; Cass. civ., sez. I, ord. n. 11670/2024, pubblicata in data 30.4.2024; Cass. civ., sez. I, ord. n. 11674/2024, pubblicata il 30.3.2024; Cass. civ., sez. I, ord. n. 12128/2024, pubblicata il 6.5.2024.
Espulsione giudiziale: diniego di autorizzazione al reingresso
Com’è noto, ai sensi dell’art. 13, co. 13, d.lgs. 286/98 lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato, prima del decorso del termine di divieto di reingresso (indicato nel successivo comma 14), senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno.
Il Tar Lazio, sede di Roma con sentenza n. 05429/2024, pubblicata il 14.3.2024, ha respinto un ricorso avanzato da una cittadina albanese espulsa dal magistrato di sorveglianza a titolo di misura di sicurezza, a seguito di condanna per violazione della legge stupefacenti, che aveva chiesto al Ministero dell’interno la necessaria autorizzazione al reingresso per potere accudire il marito, malato terminale (e pure condannato per lo stesso reato, ma in regime di detenzione domiciliare). Osserva il Tribunale capitolino che, dagli atti del procedimento penale, e, in particolare da quelli inerenti l’adozione della misura di sicurezza, emerge inequivocabilmente una spiccata pericolosità sociale, definita in termini “gravi e allarmanti” della donna. A fronte di tali considerazioni, fondate su fatti incontestabili accertati da giudice penale, devono essere esclusi i dedotti vizi di difetto d’istruttoria e di motivazione del diniego di autorizzazione al reingresso, atteso che i motivi posti a fondamento della richiesta «appaiono inidonei a concretizzare elementi di meritevolezza, evidenziando esclusivamente esigenze di assistenza di un congiunto, privi, in quanto tali, di eccezionalità». A nostro avviso, trattandosi di atto caratterizzato da ampia discrezionalità, l’autorizzazione al reingresso potrebbe essere richiesta solo a seguito di riesame positivo della pericolosità da parte dell’autorità giudiziaria che l’ha decretata.
Espulsioni amministrative
Espulsioni e legami sociali e familiari
Cass. civ.,sez.I, ord. n. 11985/2024, pubblicata il 3.5.2024, afferma il condivisibile principio per cui il divieto di espulsione di cui all’art. 19, co. 1.1, d.lgs. 286/98 (applicabile ratione temporis prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 20/2023, convertito in l. n. 50/2023) ha valenza di norma protettiva di carattere generale, con la conseguenza che anche nel giudizio di opposizione all’espulsione disposta ai sensi dell’art. 14, co. 5-ter, d.lgs. 286/98 (espulsione disposta a seguito di inottemperanza a pregresso ordine questorile di allontanamento) – e non solo nel caso di cui all’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98 – il Giudice di pace deve tenere conto del rischio che l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale comporti una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare. Nel far ciò il giudice ha l’obbligo di prendere in considerazione la natura ed effettività dei legami familiari dello straniero, la durata del suo soggiorno in Italia e l’esistenza dei legami familiari, culturali e sociali con il Paese di origine (cioè gli stessi criteri previsti dall’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98), conformemente a Cass. civ., sez. I, ord. n. 22508/2023, pubblicata il 26.7.2023. A nostro avviso, nonostante le modifiche apportate al d.l. 20/2024, il vigente art. 5, co. 6, d.lgs. 286/98, consente pur sempre di garantire la tutela della vita privata e familiare garantita dall’art. 8 CEDU.
Tant’è vero che pure Cass. civ., sez. I, ord. n. 8726/2024, pubblicata il 3.4.2024, afferma analogo principio, con riferimento non solo alla tutela della vita familiare, ma pure a quella privata dell’espellendo che gode di autonoma tutela in ossequio all’art. 8 CEDU. Sicché il Giudice di pace, a fronte dell’allegazione che l’espulsione dello straniero possa comportare una lesione al diritto alla tutela della sua vita privata e/o familiare deve compiere ogni opportuna valutazione al riguardo.
La casistica su cui incide il citato principio di diritto è piuttosto variegata ed è sintomatica di una certa resistenza della giurisprudenza di merito a considerare e valutare – nelle decisioni assunte a seguito delle opposizioni a decreti espulsivi prefettizi – la possibile violazione del rispetto della vita private e/o familiare.
Così Cass. civ., sez.I, ord. n. 10897/2024, pubblicata il 23.4.2024, ha cassato con rinvio la decisione del Giudice di pace di Milano con cui aveva sostenuto che il diritto al mantenimento dell’unità familiare è riconosciuto solo ai cittadini regolarmente presenti sul territorio dello Stato. Osserva in proposito il Supremo Collegio che l’ordinanza impugnata travisa le ragioni di opposizione all’espulsione ed applica in maniera non corretta gli artt. 5 e 19, d.lgs. 286/98. Infatti «non si tratta di valutare se il soggetto abbia diritto a un permesso di soggiorno per coesione familiare, quanto di valutare se sussista una ragione di non respingimento [rectius inespelliblità] in relazione al diritto alla vita familiare invocato dal ricorrente» in conformità alla consolidata giurisprudenza di legittimità, tant’è vero che la previsione di cui all’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98 si applica allo straniero indipendentemente dal fatto di essere nella condizione di chiedere il ricongiungimento familiare «in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU e fatta propria dalla sentenza della Corte costituzionale n. 202/2013, senza distinguere tra vita privata e familiare, trattandosi di estrinsecazioni del medesimo diritto fondamentale tutelato dall’art. 8 CEDU che non prevede gradazioni o gerarchie». D’altronde, l’obbligo di valutare natura ed effettività dei legami familiari, la durata del soggiorno in Italia e la sussistenza di legami con il Paese di origine, altro non è che l’estrinsecazione dell’obbligo di valutazione caso per caso previsto dall’art. 13, co. 2, d.lgs. 286/98, in coerenza con la direttiva 2008/115/CE. In termini analoghi si veda altresì Cass. civ., sez., ord. n. 8095/2024, pubblicata il 26.4.2024.
È opportuno sottolineare che la violazione degli artt. 13, co. 2-bis e 19, co. 1.1 e 8 CEDU, ove dedotta, si accompagna anche alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. laddove il Giudice di pace omette di prendere in considerazione le censure rivolte avverso il provvedimento espulsivo, cui consegue nullità della sentenza, come nel caso di cui Cass. civ., sez. I, ord. n. 4017/2024 pubblicata il 14.2.2024: in questi casi non si tratta di valutare negativamente l’esistenza di legami familiari, ma, a priori, di non prenderli nemmeno in considerazione – benché ritualmente dedotti – quasi che le cause di inespellibilità al proposito rilevanti fossero solo quelle indicate tassativamente al comma 2 lett. c) dell’art. 19, d.lgs. 286/98 (convivenza effettiva con coniuge o parente entro il secondo grado cittadino italiano).
Analogamente Cass. civ., sez. I, ord. n. 5796/2024, pubblicata il 5.3.2024, cassa con rinvio un’ordinanza del Giudice di pace di Lecce che aveva omesso di valutare e di motivare la dedotta violazione dell’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98, pur in presenza dell’allegazione relativa al soggiorno legale ventennale del ricorrente in Italia a seguito di esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, ed in assenza di qualsivoglia legame con il Paese di origine. Ancora, in termini analoghi, Cass. civ., sez. I, ord. n. 4023/2024, pubblicata il 14.2.2024 che cassa l’ordinanza del Giudice di pace di Monza e della Brianza che, a fronte dell’allegata convivenza del ricorrente con la figlia cittadina italiana, ha del tutto omesso qualsiasi risposta argomentata – pur su una questione così rilevante per la decisione della causa – incorrendo nella denunciata nullità del provvedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c.
Queste decisioni – obiettivamente assai gravi – si riportano non certo per la novità delle questioni trattate (posto che la giurisprudenza di legittimità è granitica ormai da anni), ma perché sintomatiche di un approccio di taluni Giudici di pace a dir poco refrattario a conoscere, studiare ed applicare l’elaborazione giurisprudenziale in subiecta materia, disconoscendo la funzione nomofilattica delle decisioni della Corte di cassazione.
Espulsioni amministrative e domande di protezione internazionale
La presentazione della domanda di protezione internazionale presentata successivamente all’adozione di un decreto di espulsione non ne determina un’invalidità sopravvenuta, restando solo sospesa la sua efficacia. Con la conseguenza che il Giudice di pace deve sospendere l’efficacia del decreto di espulsione fino alla definizione della domanda di protezione internazionale. Così Cass. civ., sez. I, ord. n. 9610/2024, pubblicata in data 10.4.2014 (con richiami, in termini, a Cass. 5437/2020 e 32137/2022). Analogamente, Cass. civ., sez. I, ord. n. 6011/2024, pubblicata il 6.3.2024, afferma che in questi casi il Giudice di pace deve dichiarare la sospensione dell’efficacia del decreto espulsivo fino alla definitiva decisione sulla domanda di protezione internazionale, sia in sede amministrativa che giurisdizionale. È dunque «affetto da violazione di legge il provvedimento, emesso nell’ambito di opposizione a decreto di espulsione, con il quale il giudice di pace, anziché dare atto dell’inespellibilità attuale dell’opponente … compia una propria ed autonoma valutazione prognostica negativa – desunta dai precedenti penali del richiedente – decidendo immediatamente l’opposizione e reputando non necessaria la verifica dell’esito del giudizio sulla protezione internazionale» (con richiamo a Cass. 25964/2020).
Un caso analogo nelle conclusioni, ma con utili indicazioni procedimentali è quello affrontato da Cass. civ., sez. I, ord. n. 5938/2024, pubblicata il 5.3.2024. Questo il fatto: un cittadino cinese veniva espulso perché inottemperante a pregresso ordine di allontanamento, nel giudizio di merito evidenziava di essere in Italia da 18 anni, poi ricongiunto con moglie e figlio, sicché era ormai privo di legami di sorta con il Paese di origine, deduceva pertanto violazione dell’art. 13, co. 2-bis e 5, co. 3, 19. co. 1.1 (nella versione anteriore al decreto “Cutro”), in particolare nella prospettiva della protezione complementare, chiedendo la sospensione del provvedimento impugnato. Successivamente, nelle more della trattazione procedimento di espulsione, la difesa produceva documentazione comprovante l’adozione, da parte del Tribunale, del decreto di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento questorile di rigetto della domanda di protezione speciale, nel frattempo avanzata. Il Giudice di pace di Torino respingeva il ricorso rilevando il carattere di automaticità dell’espulsione – in ragione del suo trattenimento illegale in Italia, conseguente al rigetto di pregressa domanda di rinnovo di permesso di soggiorno a seguito di una condanna per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti – osservava altresì che non ricorreva alcun presupposto riconducibile alla causa di inespellibilità, e che la disposizione di cui all’art. 13, co. 2-bis, d.lgs. 286/98 non trovava applicazione per le espulsioni conseguenti all’inottemperanza all’ordine questorile (art. 14, co. 5-bis, d.lgs. 286/98) in quanto disposizione espressamente limitata alle ipotesi di cui all’art. 13, co. 2, lett. a) e b) dello stesso decreto legislativo. Il ricorso per cassazione era affidato, in particolare, al motivo di violazione degli artt. 5, co. 6 e 19, co. 1.1 cit. ed all’omessa considerazione degli effetti della domanda di protezione speciale proposta dopo l’adozione del decreto espulsivo, ritenuto fondato dal Giudice di legittimità in continuità con la giurisprudenza sopra richiamata.
Ma, quel che rileva in questa vicenda, è l’aspetto procedurale: infatti al momento della proposizione del ricorso, alcuna domanda di protezione complementare era stata formulata, ma semplicemente accennata come possibile. È solo con il deposito di note scritte – nell’ambito della trattazione cartolare – che la difesa allegava il fatto sopravvenuto consistente nella presentazione della domanda, del suo rigetto, della immediata presentazione del ricorso e, infine, del riconoscimento della tutela cautelare da parte Tribunale. A tal proposito, pare utile evidenziare che il Supremo Collegio rileva come le controversie in materia di opposizione all’espulsione erano regolate (ratione temporis) dal rito sommario di cognizione, che non prevede preclusioni di sorta, quanto alle produzioni documentali. «In tema di rito sommario di cognizione, l’art. 702-bis c.p.c. non contempla alcuna sanzione processuale in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti … di cui il ricorrente intenda avvalersi … ne consegue l’ammissibilità della produzione documentale successiva al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell’ordinanza di cui all’art. 702-ter c.p.c. (Cass. 46/2021). Ne discende che … il Giudice di pace avrebbe dovuto prendere esame la documentazione dalla quale si desumeva la presentazione della protezione speciale, dopo il decreto di espulsione, e la sospensione del provvedimento negativo della Commissione». Di qui l’annullamento con rinvio.
Ingresso illegale vs. soggiorno illegale
Nonostante dai precedenti dattiloscopici risultasse che lo straniero avesse fatto ingresso in Italia dalla frontiera di Lampedusa, il Giudice di pace di Modena rigettava l’opposizione all’espulsione ritenendo che questa circostanza configurasse l’ipotesi di sottrazione ai controlli di frontiera di cui all’art. 13, co. 2, lett. a), d.lgs. 286/98, atteso che Lampedusa non sarebbe un valico di frontiera esterno allo spazio Schengen, così confondendo il concetto di ingresso irregolare con quello di sottrazione ai controlli di frontiera. Cass. civ., sez. I, ord. n. 8861/2024, pubblicata il 3.4.2024, cassa con rinvio osservando che intanto si può parlare di ingresso clandestino nel territorio dello Stato, con sottrazione ai controlli di frontiera, in quanto dalle autorità preposte non venga effettuato alcun controllo; diversamente, quando il controllo sia stato effettuato (come in occasione del fotosegnalamento in occasione dello sbarco) non si versa più nell’ipotesi di cui all’art. 13, co. 2, lett. a), d.lgs. 286/98, ma, eventualmente, nella diversa ipotesi di cui alla lett. b) della stessa norma. Consegue che il Giudice di pace adito in sede di opposizione all’espulsione, avendo accertato l’insussistenza dell’ipotesi contestata all’interno del decreto espulsivo, avrebbe dovuto annullare l’espulsione stessa, non potendo avallarla sulla base dell’accertata sussistenza di una ragione diversa, non contestata dal Prefetto. Negli stessi termini, in un caso di contestazione di ingresso illegale nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera nei confronti di un migrante scorso in mare da un mezzo della Marina militare, Cass. civ., sez. I, ord. n. 5878/2024, pubblicata il 5.3.2024.
In definitiva, «il giudice di pace non può sostituirsi al prefetto nell’identificazione di cause espulsive, né può rigettare l’opposizione sul rilievo che ne sussistono di diverse rispetto a quelle indicate nel decreto espulsivo», cosìCass. civ., sez. I, ord. n. 5654/2024, pubblicata il 4.3.2024.
Espulsioni per motivi di pericolosità sociale
Cass. civ., sez. I, ord. n. 5798, pubblicata il 5.3.2024, cassa con rinvio l’ordinanza con cui il Giudice di pace di Reggio Calabria si è limitato a ritenere sussistente la pericolosità sociale del ricorrente richiamando la sussistenza di precedenti penali che costituiscono un riscontro oggettivo «in ordine alla consistenza e alla abitualità», senza null’altro specificare, né in ordine alla tipologia di tali reati, né in ordine alle condanne irrogate, e nemmeno in ordine alla data della loro commissione, senza fornire alcun elemento circa l’attualità della pericolosità rilevante ai sensi dell’art. 13, co. 2, lett. c), d.lgs. 286/98. In tal modo, il Giudice di merito ha fatto cattiva applicazione dei principi costantemente affermati dalla Cassazione, secondo cui «la valutazione del requisito della pericolosità … va effettuata in concreto ed all’attualità, tenendo conto dell’esame complessivo della sua personalità, desunta dalla condotta di vita e dalle manifestazioni sociali nelle quali quest’ultima si articola, senza limitarsi ad una mera valutazione dei precedenti penali».
Profili procedurali
Ricorso per cassazione o per revocazione?
Un cittadino nigeriano propone ricorso per cassazione avverso un provvedimento di un Giudice di pace lamentando l’omesso esame di un documento decisivo per il giudizio (nella specie, il giudicante avrebbe omesso l’esame della documentazione comprovante la tempestiva richiesta di protezione speciale, prodotta in udienza). Cass. civ., sez. I, ord. n. 9605/2024, pubblicata il 10.4.2024, dichiara inammissibile il ricorso perché «il vizio di omesso esame di un documento decisivo non è deducibile in cassazione se il giudice di merito ha accertato che quel documento non è stato prodotto in giudizio, non essendo configurabile un difetto di attività del giudice circa l’efficacia determinante, ai fini della decisione della causa, di un documento non portato alla cognizione del giudice stesso. Se la parte assume, invece, che il giudice abbia errato nel ritenere non prodotto in giudizio il documento decisivo, può far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c.».
Forma comunicatoria
Costituisce principio consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui è nullo, per difetto della necessaria forma comunicatoria, il decreto di espulsione comunicato all’espellendo in mera copia libera o informale priva dell’attestazione di conformità all’originale apposta dal pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Su tale principio, la Cassazione ha operato alcune precisazioni: la conformità all’originale non deve necessariamente essere certificata dal prefetto, ben potendo essere certificata dalla questura quale ente notificante e, qualora il giudice accerti che invece della copia è stato notificato un originale (ipotesi di redazione in doppio originale), la questione è superata. Nel caso in cui il Giudice di pace riconosca che il decreto di espulsione è stato notificato in fotocopia, non può applicare il principio di sanatoria per raggiungimento dello scopo – attesa la presentazione del ricorso – perché il decreto di espulsione non è un atto processuale, sicché è irrilevante che il destinatario abbia proposto tempestiva impugnazione. Così Cass. civ., sez. I. ord. n. 3080/2024, pubblicata il 2.2.2024.
Durata del divieto di reingresso e motivazione apparente
Il Giudice di pace di Lecce respingeva il ricorso avverso decreto di espulsione, rilevando che l’applicazione del termine massimo di divieto di reingresso fosse adeguatamente giustificato in relazione al caso di specie, come si evincerebbe dalla motivazione del decreto opposto. Ricorre per cassazione l’interessato deducendo – tra l’altro – l’illegittimità della decisione, essendo motivata per relationem rispetto al contenuto dell’atto amministrativo, senza considerare documentate circostanze quali l’avere in corso un rapporto di lavoro e la disponibilità di un alloggio, potenzialmente rilevanti nella graduazione della durata del divieto di reingresso, che deve essere effettuata previa valutazione caso per caso. Cass. civ., sez. I, ord. n. 11132/2024, pubblicata in data 24.4.2024, cassa con rinvio la decisione ricordando che il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, co. 6, Cost., che viene violato quando la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente … nel caso di specie «il Giudice di pace ha reso una motivazione meramente apparente in quanto limitata ad una formula stereotipata di adesione acritica alla motivazione del provvedimento impugnato, preclusiva di alcun controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del minimo costituzionale».
Improcediblità del ricorso per cassazione
Deve essere dichiarato improcedibile – ai sensi dell’art. 369 co. 2, n. 2, c.p.c. – il ricorso per cassazione se, insieme al ricorso, non risulta depositata la copia autentica della decisone impugnata, munita della relazione di notifica. Così, Cass. civ., sez. I, ord. n. 11635/2024, pubblicata il 30.4.2024.
Sospensione feriale dei termini processuali
Cass. civ., sez. I, ord. n. 5645/2024, pubblicata il 4.3.2024, annulla con rinvio l’ordinanza del Giudice di pace di Monza e della Brianza che aveva dichiarato inammissibile un ricorso proposto in data 7.9.2022 avverso decreto espulsivo emesso e notificato il 3.8.2022, ritenendolo fuori termine per avere superato il termine perentorio di 30 gg vigente ratione temporis (ora detto termine è ridotto a 20 gg.). La Corte ribadisce il consolidato d’orientamento secondo cui «in tema di espulsione amministrativa dello straniero al procedimento di impugnazione … è applicabile la sospensione dei termini del periodo feriale, non rientrando tale procedimento tra quelli che ne sono esclusi ex art. 3, l. 742/1969, norma eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica».
Trattenimento
Motivazione
La Corte di cassazione conferma l’orientamento consolidato sulla necessità di una motivazione idonea a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice della convalida (o della proroga) del trattenimento per la formazione del proprio convincimento: il c.d. «minimo costituzionale» individuato dalle Sezioni Unite nella sentenza 8053/2014. La Corte ha ribadito il principio nelle ordinanze sez. I civ. 4.3.2024 n. 5678, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5800, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5802, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5896, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5914, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5916, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5929, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5932, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5942, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5956, sez. I civ. 6.3.2024 n. 6019, sez. I civ. 19.3.2024 n. 7265, sez. I civ. 19.3.2024 n. 7299, sez. I civ. 19.3.2024 n. 7312, sez. I civ. 26.3.2024 n. 8100, sez. I civ. 26.3.2024 n. 8102, sez. I civ. 3.4.2024 n. 8735, sez. I civ. 3.4.2024 n. 8746, sez. I civ. 10.4.2024 n. 9598, sez. I civ. 10.4.2024 n. 9600, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11090, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11120, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11121, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11162, sez. I civ. 29.4.2024 n. 11435, sez. I civ. 29.4.2024 n. 11438, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11513, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11518, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11536, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11538, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11542, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11576, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11582, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11585, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11604.
In tutti i ricorsi decisi con queste ordinanze la Corte è stata chiamata a valutare la legittimità di decisioni fondate su motivazioni apparenti o talora assenti; sovente i giudici di merito avevano omesso di prendere posizione sulle deduzioni difensive, o comunque avevano fatto ricorso a motivazioni standardizzate insufficienti a rendere noto il ragionamento.
Atto presupposto
Un aspetto particolare del percorso motivazionale, e più in generale dell’ambito di cognizione, del giudice della convalida è quello relativo al provvedimento presupposto. Sin dalla nota ordinanza n. 17407/2014 pronunciata nel caso Shalabayeva la Corte di cassazione, recependo principî espressi dalla Corte EDU, ha affermato l’obbligo del giudice della convalida di esaminare in via incidentale la manifesta illegittimità del provvedimento (di espulsione o di respingimento) presupposto dell’ordine (di accompagnamento o di trattenimento) limitativo della libertà personale; la Corte ha così superato la rigida teoria, a lungo sostenuta, della «doppia tutela» che attribuiva al giudice della convalida il controllo della sola esistenza ed efficacia del provvedimento presupposto.
A dieci anni di distanza dalla sua prima enunciazione in sede di legittimità, il principio affermato resta tuttora spesso disatteso nella giurisdizione di merito. Nel caso esaminato nell’ordinanza sez. I civ. 2.2.2024 n. 3067, la Corte ha accolto il ricorso teso alla cassazione del decreto di proroga del trattenimento disposto in esecuzione di decreto di espulsione fondato sull’inosservanza dell’obbligo di rendere la dichiarazione di presenza; il ricorrente denunciava che il decreto di espulsione, atto presupposto del trattenimento, era affetto da macroscopica illegittimità poiché l’obbligo di dichiarare la presenza entro otto giorni dall’ingresso in Italia è stato introdotto nel 2007 (con l. n. 68), mentre risultava dagli atti che il cittadino straniero aveva fatto ingresso in Italia nel 1992, ossia 15 anni prima dell’introduzione di tale obbligo che pertanto non era esigibile nei suoi confronti.
L’obbligo di dichiarare la presenza può essere assolto anche attraverso il fotosegnalamento operato delle autorità, e in tal caso il decreto di espulsione fondato sull’omessa dichiarazione di presenza è manifestamente illegittimo e pertanto non può giustificare il trattenimento, la cui convalida è pertanto illegittima; tale illegittimità travolge anche la successiva «riconvalida» (e la relativa proroga) del trattenimento disposto ex art. 6, comma 3, d.lgs. 142/2015 per aver il cittadino straniero presentato domanda di protezione internazionale – ritenuta pretestuosa – mentre era in corso il trattenimento oggetto dell’iniziale, illegittima convalida (così ordinanze sez. I civ. 21.2.2024 n. 4632, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5919, sez. I civ. 6.3.2024 n. 6020, sez. I civ. 12.3.2024 n. 6594, sez. I civ. 26.3.2024 n. 8105, sez. I civ. 3.4.2024 n. 8735).
Nel caso esaminato dalla Corte nell’ordinanza sez. I civ. 6.3.2024 n. 5983, al decreto di espulsione illegittimamente fondato sull’omessa dichiarazione di presenza aveva fatto seguito un ordine di allontanamento, cui il cittadino straniero non aveva ottemperato; egli era stato perciò raggiunto da un secondo decreto di espulsione adottato, ai sensi dell’art. 14, comma 5-ter, d.lgs. 286/1998, per la cui esecuzione era stato disposto il trattenimento; nel corso del trattenimento egli aveva presentato domanda di protezione internazionale, che il questore aveva ritenuta pretestuosa (non è noto a chi scrive un caso in cui il questore abbia ritenuto genuina una domanda di protezione internazionale presentata in corso di trattenimento) disponendo pertanto un nuovo trattenimento ex art. 6, comma 3, d.lgs. 142/2015, convalidato dal Tribunale. Il ricorrente deduceva l’illegittimità di tale ultimo decreto di convalida, derivata dall’originaria manifesta illegittimità del decreto di espulsione. La Corte invece ha ritenuto legittimo il decreto di espulsione, e pertanto il relativo trattenimento, fondato sull’inosservanza dell’ordine di allontanamento conseguente al precedente decreto di espulsione, non opposto, la cui legittimità non poteva più essere oggetto di valutazione, neanche incidentale. La pronuncia desta qualche perplessità, perché se è vero che l’inottemperanza all’ordine di allontanamento impone l’adozione di un nuovo decreto di espulsione, non appare ragionevole escludere una cognizione, sia pure incidentale, sulla manifesta illegittimità dell’originario atto ablativo, soprattutto se si considera che, a differenza delle misure dell’accompagnamento immediato e del trattenimento – e, per quanto qui rileva, delle misure alternative al trattenimento – l’ordine di allontanamento non è sottoposto ad alcun vaglio giurisdizionale se non, appunto, in via incidentale qualora il destinatario, inottemperante, sia sottoposto a procedimento penale.
In una vicenda analoga a quella testé esaminata, ma nella quale il ricorrente impugnava la convalida del trattenimento disposto in base al secondo decreto di espulsione, e contestava al Giudice di pace di non aver valutato la manifesta illegittimità (non è dato comprendere se di entrambi i decreti o di uno solo di essi), la Corte con ordinanza sez. I civ. 6.3.2024 n. 6019 ha censurato la decisione del Giudice di pace che si era limitato a constatare che avverso tali decreti non era stata proposta opposizione. Decisione simile è quella resa nell’ordinanza Cass. 11090/2024.
In numerose ordinanze ( sez. I civ. 15.2.2024 n. 4223 , sez. I civ. 5.3.2024 n. 5797, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5814, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5903, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5914, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5932, sez. I civ. 3.4.2024 n. 8738, sez. I civ. 3.4.2024 n. 8741, sez. I civ. 22.4.2024 n. 10819, sez. I civ. 22.4.2024 n. 10853, sez. I civ. 22.4.2024 n. 10857, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10875, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10895, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10907, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10912, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10914, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10916, sez. I civ. 23.4.2024 n. 10978, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11097, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11160) la Corte ha ribadito che la violazione dell’obbligo di informare il cittadino straniero, soccorso in mare e condotto per le esigenze di prima assistenza nei c.d. punti di crisi, della facoltà di chiedere la protezione internazionale (obbligo imposto dall’art. 10-ter d.lgs. 286/1998) determina l’illegittimità del decreto di respingimento adottato nei confronti di tale soggetto e, di conseguenza, l’illegittimità dell’ordine di trattenimento che ne costituisce atto esecutivo. Poiché tale trattenimento è illegittimo, inoltre, esso non può costituire valido presupposto per l’ulteriore ordine di trattenimento ai sensi dell’art. 6, comma 3, d.lgs. 142/2015 che pertanto non deve essere convalidato.
La Corte ha precisato altresì che la prova di aver assolto adeguatamente all’obbligo informativo grava sull’amministrazione, e che essa non può essere fornita con la generica affermazione contenuta nel foglio notizie, nel decreto di respingimento o nell’ordine di trattenimento, qualora il cittadino straniero contesti di aver ricevuto adeguata informativa, eventualmente con l’assistenza di un interprete. Né, d’altro canto, l’amministrazione è esonerata dall’obbligo informativo sol perché nel foglio notizie il cittadino straniero dichiari di essere espatriato per motivi di lavoro o altre ragioni diverse dall’asilo, sia perché la norma impone comunque di fornire l’informazione, sia perché l’intenzione di trovare lavoro non esclude la possibilità che il soggetto abbia i requisiti per ottenere la protezione internazionale.
Profili procedurali
Garanzie difensive
Con ordinanza sez. I civ. 3.4.2024 n. 8746 la Corte di cassazione ha escluso che fosse viziato il provvedimento di convalida del trattenimento, adottato all’esito di udienza della quale non era stato dato avviso al difensore di fiducia incaricato oralmente. La Corte ha rilevato che dagli atti non risultava che il destinatario dell’ordine di trattenimento avesse conferito mandato a un difensore prima dell’udienza, sicché nessun avviso doveva essere dato, né peraltro la parte aveva dichiarato al giudice di voler essere assistita da un difensore diverso da quello presente in udienza. La decisione è condivisibile, ma offre l’occasione per riflettere sulle difficoltà che talora si frappongono nel contatto della persona trattenuta col difensore e nel conferimento dell’incarico. La ricezione e trasmissione della nomina appare, nell’esperienza concreta, variamente gestita nei diversi Centri di trattenimento, ciò che non sempre garantisce la tempestiva comunicazione al difensore. Nel caso oggetto dell’ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11077 la persona trattenuta denunciava violazione del diritto di difesa per omesso avviso al difensore di fiducia; la Corte osserva tuttavia che la nomina al difensore per i procedimenti di convalida e proroga risultava conferita in data successiva all’udienza, mentre in data anteriore il medesimo difensore era stato nominato per inoltrare domanda di protezione internazionale, circostanza che non lo legittimava a partecipare al giudizio di convalida né, quindi, a esserne informato.
Nei casi esaminati dalla Corte nelle ordinanze sez. I civ. 14.2.2024 n. 4095, 14.2.2024 n. 4104, 14.2.2024 n. 4113 il ricorrente denunciava la lesione del proprio diritto di difesa poiché era stato informato dell’udienza di convalida pochi minuti prima dell’inizio dell’udienza, sulla soglia dell’aula (letteralmente in limine litis) e non aveva pertanto potuto nominare un difensore di fiducia; inoltre il difensore di ufficio era stato informato dell’udienza con un preavviso insufficiente a coprire la distanza tra il proprio studio e il centro di permanenza per i rimpatri, presso il quale si sarebbe tenuta l’udienza, sicché la parte non aveva avuto neanche la possibilità di conferire con il difensore; la Corte ha rigettato il ricorso osservando che all’udienza aveva partecipato un difensore, nominato sostituto dal difensore incaricato d’ufficio, e che tale partecipazione preclude la valutazione di intempestività dell’avviso, poiché tale atto è funzionale a consentire la partecipazione del difensore all’udienza; la Corte inoltre osserva che il difensore presente in udienza aveva svolto difese anche nel merito, sicché non sussiste in concreto alcuna lesione al diritto di difesa, diversamente da quanto prospettato solo in via ipotetica e astratta dal ricorrente. Sul punto, la Corte rammenta il principio secondo il quale la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione.
Diritto al contraddittorio
Il contraddittorio deve realizzarsi nella sua piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo, e anche con riferimento alle questioni pregiudiziali, quale quella sulla competenza. Il principio del contraddittorio, infatti, costituisce espressione delle regole costituzionali dell’uguaglianza e del diritto di difesa «inviolabile in ogni stato e grado del giudizio» e si invera nella garanzia, per ciascuno dei destinatari del provvedimento del giudice, di poter influire sul contenuto del medesimo. In base a queste considerazioni, che potrebbero parer ovvie ma non devono mai essere date per scontate, la Corte con ordinanza sez. I civ. 5.3.2024 n. 5868 ha accolto il ricorso proposto contro il decreto di convalida del trattenimento pronunciato dal Giudice di pace di Torino davanti al quale era stato condotto un cittadino straniero nei cui confronti il questore aveva disposto il trattenimento nel C.P.R. di Gorizia. Il Giudice di pace aveva dato atto, nella decisione, che nella stessa data dell’udienza (a quanto risulta, addirittura dopo la conclusione dell’udienza e dell’assunzione della causa in riserva da parte del giudice) il Ministero dell’interno aveva fatto pervenire una nota, non comunicata al cittadino straniero o al suo difensore, nella quale dava conto dell’assegnazione a diverso C.P.R. per ragioni di disponibilità di posti. Il ricorrente lamentava di non essere stato messo a conoscenza di tale documento e di non aver potuto quindi spiegare le proprie difese sul punto in relazione alla questione pregiudiziale di competenza. La Corte ha accolto il ricorso, ricordando anche che la delicatezza del vaglio giurisdizionale, in ragione del diritto inciso, impone all’autorità giudiziaria un controllo del rispetto delle condizioni di legalità anche d’ufficio, come di recente affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, grande sezione, nella sentenza 8.11.2022 in C-704/20 e 39/21 (principio già richiamato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 504/2023, menzionata in questa Rassegna).
Competenza dei giudici onorari
Sulla competenza dei giudici onorari nei giudizi di convalida del trattenimento risulta, per quanto ci è noto, un solo remoto precedente di legittimità: l’ordinanza sez. VI 14.1.2013 n. 727 (citata adesivamente nell’ordinanza sez. VI, 5.2.2019 n. 3356, già menzionata in questa Rassegna, che tuttavia riguardava la competenza in materia di protezione internazionale), in cui si escludeva la nullità del decreto del giudice onorario di tribunale di proroga del trattenimento di cittadino straniero presso il Centro di identificazione ed espulsione (così si chiamavano allora), poiché non violava l’art. 43-bis del r.d. 30.1.1941, n. 12 (introdotto dall'art. 10 del d.lgs. 19.2.1998, n. 51) che disciplina le attività delegabili ai giudici onorari.
La questione è stata nuovamente sottoposta alla Corte, alla luce di un diverso assetto normativo, e la Corte con l’ ordinanza sez. I civ. 2.2.2024 n. 3141 ha osservato che, a seguito della riforma della magistratura onoraria di cui al d.lgs. 116/2017, la potestà definitoria-decisoria dei giudici onorari è stata limitata alle materie previste dall’art. 10, comma 12, dello stesso d.lgs., e tra esse non rientra quella relativa alla convalida del trattenimento (la Corte ha escluso che essa possa essere ricondotta alla materia relativa ai «provvedimenti che definiscono procedimenti di impugnazione o di opposizione avverso provvedimenti amministrativi» prevista dalla lettera c) della citata norma); inoltre, in base a quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, lettera b) della legge-delega 28.4.2016, n. 57, a far data dal 17.8.2017 i magistrati onorari possono essere inseriti nell’ambito di una struttura di supporto funzionale ad una pronta decisione dei procedimenti nei procedimenti collegiali, mentre per i procedimenti monocratici possono essere adibiti alla trattazione quali componenti dell’ufficio del processo, ma in entrambi i casi la loro funzione è di coadiuvare il giudice professionale a supporto del quale la struttura organizzativa è assegnata, ossia possono compiere tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale (studio dei fascicoli, approfondimento giurisprudenziale e dottrinale, dei fascicoli, approfondimento giurisprudenziale e dottrinale, predisposizione delle minute dei provvedimenti) ma non hanno potestà decisoria. Inoltre, osserva la Corte, la convalida del trattenimento di richiedenti asilo è attribuita in via esclusiva alle sezioni specializzate, istituite dal citato d.l. 13/2017, e anche tale riserva esclude la possibilità di attribuire funzioni decisorie ai magistrati onorari.
La decisione è destinata ad avere notevole impatto in quelle sedi di sezioni specializzate nelle quali ai magistrati onorari era spesso attribuita la cognizione in materia di trattenimento.
Riesame del trattenimento
L’istituto del riesame, previsto dalla direttiva 2008/115/UE con disposizione self-executing e quindi direttamente applicabile nel nostro ordinamento pur in assenza di una norma di attuazione, incontra ancora talune resistenze da parte dei giudici di merito. La Corte di cassazione, con ordinanze sez. I civ. 5.3.2024 n. 5830, sez. I civ. 5.3.2024 n. 5930, sez. I civ. 24.4.2024 n. 11090, ha ribadito che è sempre consentita la domanda di riesame del provvedimento di convalida o di proroga del trattenimento, senza che abbia rilievo il precedente rigetto di analoga istanza o la mancata impugnazione del provvedimento di convalida o di proroga, non sussistendo in materia il limite del ne bis in idem, poiché le misure in questione hanno natura cautelare e il sindacato giurisdizionale su di esse non è idoneo alla formazione del giudicato, tant’è che le relative statuizioni sono ricorribili per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., non per la natura decisoria delle stesse ma perché si tratta di atti che incidono sulla libertà personale.
Misure alternative al trattenimento
Con ordinanza sez. I civ. 4.3.2024 n. 5641 la Corte di cassazione ha ribadito che la possibilità di applicare misure alternative non detentive deve essere necessariamente scrutinata dall’autorità procedente. Il giudice di merito investito della richiesta di convalida o di proroga del trattenimento deve esprimere un giudizio di proporzionalità della misura adottata, valutando se possa essere applicata una misura meno coercitiva alla luce di tutte le circostanze di fatto che caratterizzano la situazione della persona, tenendo conto a tal fine anche del rischio di fuga e della mancanza di documenti di identità, la cui sussistenza impedisce l’adozione delle misure alternative al trattenimento nonché la concessione di un termine per la partenza volontaria. In questa valutazione il giudice deve poter prendere in considerazione sia gli elementi di fatto e le prove assunti dall’autorità amministrativa che ha disposto il trattenimento iniziale, sia tutte le osservazioni eventualmente formulate dal destinatario della misura. Deve inoltre poter ricercare, laddove lo ritenga necessario, tutti gli altri elementi di prova rilevanti ai fini della propria decisione. L’art. 14, comma 1-bis, d.lgs. 286/1998, interpretato alla luce della Direttiva 2008/115/UE e della giurisprudenza unionale, impone uno scrutinio rigoroso della possibilità di adozione di misure alternative al trattenimento. La misura detentiva è ammissibile solo se sussiste un rischio di fuga o il cittadino del Paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento, tanto più se, come previsto dall’art. 14 citato, lo straniero è in possesso di passaporto valido.
Il possesso di valido documento per l’espatrio costituisce requisito necessario per l’adozione di misure alternative al trattenimento e per la concessione di un termine per la partenza volontaria (ordinanze sez. I civ. 10.4.2024 n. 9600; sez. I civ. 29.4.2024 n. 11435; sez. I civ. 29.4.2024 n. 11438).
Proroga
La disciplina della proroga del trattenimento è stata oggetto nel 2023 di interventi normativi che ne hanno modificato i presupposti; le decisioni che qui citiamo riguardano casi regolati dalla disciplina previgente e si rifanno al consolidato orientamento di legittimità espresso dalla Corte. Resta peraltro fermo il principio di stretta legalità imposto dalla natura afflittiva della libertà personale, che impone al giudice il quale disponga la proroga del trattenimento di fornire una motivazione che dia conto dell’accertamento della sussistenza dei motivi addotti a sostegno della richiesta, nonché della loro congruenza rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio.
In relazione alle proroghe successive alla prima, la modifica dell’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, operata dalla l. n. 161 del 2014, aveva introdotto una disciplina più rigorosa per la concessione della seconda proroga e di quelle successive, in modo tale da garantire una più stretta osservanza dell'art. 13 Cost., essendo necessario accertare l’esistenza di elementi concreti che consentissero di ritenere probabile l’identificazione dello straniero o la necessità di mantenere il trattenimento per organizzare le operazioni di rimpatrio.
Alla luce del proprio consolidato orientamento, la Corte con ordinanza sez. I civ. 5.3.2024 n. 5929 ha annullato la proroga disposta dal Giudice di pace osservando che la mera richiesta di identificazione inviata all’Ambasciata, rimasta senza riscontro, non costituiva elemento concreto che consentiva di ritenere probabile l’identificazione e, pertanto, era insufficiente a motivare una proroga del trattenimento successiva alla prima.
Similmente, nelle ordinanze sez. I civ. 5.3.2024 n. 5942, sez. I civ. 19.3.2024 n. 7265, sez. I civ. 19.3.2024 n. 7312, sez. I civ. 26.3.2024 n. 8100, sez. I civ. 26.3.2024 n. 8102, sez. I civ. 30.4.2024 n. 11595, la Corte ha annullato provvedimenti di proroga sprovvisti di adeguata motivazione in quanto fondati su una mera clausola di stile preventivamente predisposta su un modulo prestampato che si riduceva all’astratto richiamo ai presupposti di legge, pur a fronte di specifiche deduzioni della difesa.
Del tutto apodittica, secondo l’ordinanza sez. I civ. 30.4.2024 n. 11633, è la motivazione del Giudice di pace che aveva prorogato il trattenimento «rilevando che l’attesa ai fini dell’acquisizione della documentazione indicata dalla PA non è imputabile alla medesima»: nel caso di specie l’amministrazione aveva inviato la richiesta di lasciapassare alle autorità tunisine in ritardo, diciassette giorni dopo l’avvio del trattenimento, e che appena otto giorni dopo la questura aveva richiesto la proroga della misura affermando l’esistenza di gravi difficoltà nell’ottenimento dei documenti di viaggio, sicché il ricorrente deduceva che il suo trattenimento era stato protratto inutilmente per giorni, senza il compimento di alcuna attività. La Corte ha osservato che la motivazione si limitava a richiamare quando riferito dalla questura senza esaminare le argomentazioni difensive della parte, chiaramente esposte in udienza e riferite alla prospettata illegittimità del provvedimento di espulsione presupposto. La Corte ha aggiunto che, poiché il trattenimento dello straniero comporta una situazione di assoggettamento fisico all’altrui potere, il giudice è tenuto a valutare le ragioni del trattenimento, alla luce dell’art. 13 Cost, onde evitare che la misura si protragga indefinitamente, anche a causa di prassi applicative distorte, mentre nel caso di specie la questura aveva operato con ritardo adducendo generiche difficoltà fondate su documentazione non meglio precisata, e su tali circostanze il Giudice di merito non aveva compiuto alcuna valutazione.
In alcuni casi tuttavia la Corte ha ritenuto sufficiente una motivazione sia pur stringata. Nell’ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11120 la Corte ha ritenuto non meramente apparente la motivazione del Giudice di pace che aveva dato atto di elementi concreti forniti dalla questura che consentivano di ritenere probabile che l’ulteriore proroga fosse necessaria al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. Anche la motivazione esaminata nell’ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11162, nella quale il Giudice di pace aveva affermato risultare «che la PA si è attivata tempestivamente e non le sono imputabili ritardi né negligenza sicché persistono le gravi difficoltà che consentono la proroga del trattenimento», è stata ritenuta idonea a rendere nota una valutazione di merito non censurabile in cassazione.
Secondo l’ordinanza sez. I civ. 5.3.2024 n. 5839, non è carente di motivazione il provvedimento giudiziale di convalida che individua la specifica situazione transitoria ostativa al rimpatrio o all'allontanamento mediante il richiamo per relationem all’istanza di proroga della questura che, in quanto atto propulsivo del procedimento giurisdizionale, risulta agevolmente conoscibile dalla parte e dal suo difensore (Cass. 29758/2020). (Nel caso di specie, il giudice aveva ritenuto, anche ai sensi dell’art. 15 della Direttiva 2008/115/CE, che l’amministrazione avesse dimostrato di avere compiuto ogni ragionevole sforzo per organizzare l’espulsione dello straniero, mediante invio di sollecito al consolato per l’acquisizione della documentazione identificativa.).
Trattenimento di richiedenti protezione internazionale
In una precedente edizione di questa Rassegna avevamo riferito dei provvedimenti del Tribunale di Catania che era stato investito della richiesta di convalida del trattenimento disposto dal questore ai sensi dell’art. 6-bis d.lgs. 142/2015 poiché il cittadino straniero, proveniente da un Paese designato di origine sicura ai sensi dell’art. 2 bis del d.lgs. 25/2008, aveva presentato domanda di protezione internazionale nella zona di transito di cui all’art. 28-bis, comma 4, d.lgs. 25/2008, nell’ambito della procedura di cui al comma 2, lettere b) e b-bis), dello stesso articolo; lo stesso, inoltre, non aveva consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità e non aveva prestato garanzia finanziaria secondo le disposizioni del decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia e il Ministro dell’economia e delle finanze, del 14.9.2023, recante indicazione dell’importo e delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato. Come avevamo illustrato il Tribunale etneo, con articolate motivazioni, aveva rigettato le richieste di convalida. Avverso tali provvedimenti il Ministero dell’interno ha proposto ricorso, che è stato assegnato alle Sezioni Unite della Corte di cassazione rilevato poiché presentava una questione di massima di particolare importanza. La Corte, con ordinanze interlocutorie sez. un. 8.2.2024 n. 3562 e n. 3563, ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiedendo che questa si pronunci sull’interpretazione delle norme unionali oggetto della questione. Il Ministero ricorrente infatti aveva chiesto di verificare la compatibilità con il diritto dell’Unione europea delle disposizioni di diritto interno relative alla prestazione della garanzia finanziaria disciplinata dal decreto del Ministro dell’interno del 14.9.2023.
Riportiamo il testo del quesito sottoposto alla Corte di Giustizia: «Se gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, tenuto conto altresì dei fini desumibili dai suoi considerando 15 e 20, ostino a una normativa di diritto interno che contempli, quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente), la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa (nell’importo in unica soluzione determinato per l’anno 2023 in euro 4.938,00, da versare individualmente, mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa) anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo».
Trattenimento ex art. 6, comma 3, d.lgs. 142/2015
Come abbiamo riferito supra, nel paragrafo relativo all’illegittimità derivata del trattenimento per manifesta illegittimità dell’atto espulsivo presupposto, il vizio riverbera anche sull’ulteriore trattenimento disposto ai sensi dell’art. 6, comma 3, d.lgs. 142/2015, quando la persona già trattenuta a fini espulsivi presenta una domanda di protezione internazionale che appare pretestuosa.
Competenza
La competenza sulla convalida e sulla proroga del trattenimento di persona richiedente protezione internazionale è attribuita alle sezioni specializzate del Tribunale. Con ordinanza sez. I civ. 14.2.2024 n. 4120 la Corte ha pertanto annullato il provvedimento del Giudice di pace che aveva rigettato l’eccezione di incompetenza tempestivamente sollevata e, ritenendosi competente, aveva prorogato il trattenimento di una persona che rivestiva la qualità di richiedente asilo, dal momento che era pendente il ricorso proposto contro la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale. Analogamente, con ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11116 ha accolto il ricorso proposto contro la decisione del Giudice di pace che aveva rigettato l’eccezione di competenza sulla scorta dell’erronea motivazione che non risultasse accolta la domanda di protezione, circostanza irrilevante poiché la competenza del Tribunale si radica sin dalla presentazione (o, più esattamente, dalla manifestazione di volontà, come ribadito nell’ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11121) della domanda di protezione, non già dal suo accoglimento, che peraltro escluderebbe la possibilità di trattenimento tout court. Anche la proposizione di domanda di asilo in altro Stato membro dell’Unione europea, che può dare avvio a una procedura per la determinazione dello Stato competente ai sensi del Regolamento 2013/604/UE (c.d. Dublino III), attribuisce alla persona la qualità di richiedente asilo cui consegue la competenza del Tribunale (ordinanza sez. I civ. 30.4.2024 n. 11513).
Le circostanze che determinano la competenza del Tribunale devono ovviamente essere dedotte nel giudizio di merito, non potendo essere esposte per la prima volta in sede di legittimità, pena l’inammissibilità del ricorso (ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11077).
Procedura accelerata e termini
La Corte, con ordinanza sez. I civ. 24.4.2024 n. 11158, ha ribadito che i termini previsti dall’art. 28-bis d.lgs. 25/2008 per la procedura accelerata di esame della domanda di protezione internazionale non sono perentori e il loro superamento non comporta la cessazione del trattenimento della persona richiedente protezione internazionale, la cui durata è stabilita dall'art. 6, comma 5, d.lgs. 142/2015 in 60 giorni per consentire l’espletamento della procedura di esame della domanda.
Rigetto dell’istanza cautelare nel procedimento di protezione internazionale e trattenimento
Il trattenimento ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 142/2015 nei confronti della persona richiedente asilo non è previsto al fine di dare esecuzione a una decisione di rimpatrio, bensì a contenere il rischio che la persona si dia alla fuga durante l’esame della domanda. Tale titolo di trattenimento, quindi, presuppone il diritto della persona richiedente asilo di restare nel territorio; tale diritto è previsto, con alcune deroghe, dall’art. 7 del d.lgs. 25/2008 per la fase di esame amministrativo della domanda, e dall’art. 35-bis dello stesso decreto per la eventuale fase giurisdizionale.
Quando la persona trattenuta (ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 142/2015) abbia presentato ricorso ex art. 35-bis d.lgs. 25/2008 contro il decreto di rigetto della domanda di protezione internazionale, è autorizzata a restare nel territorio fino alla decisione sull’istanza cautelare (ricordiamo che, quando sia in corso il trattenimento, la proposizione del ricorso per la protezione internazionale non produce automaticamente la sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto di rigetto, ma il Tribunale adìto può disporre tale sospensione su istanza di parte) e, se la l’istanza è accolta, per la durata del procedimento dinanzi al Tribunale; il diritto di restare nel territorio comporta che la persona non può essere espulsa, ma può essere trattenuta ai sensi dell’art. 6 d.lgs. 142/2015. Quando invece l’istanza cautelare viene rigettata, il titolo di trattenimento ex art. 6 d.lgs. 142/2015 viene meno, potendo invece essere ripristinato (o disposto ex novo) il diverso titolo di trattenimento a fini espulsivi ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 286/1998. Ne consegue che il trattenimento ex art. 6 d.lgs. 142/2015 non può essere prorogato quando sia stata rigettata l’istanza cautelare ex art. 35-bis d.lgs. 25/2008 e il ricorrente possa essere espulso. La Corte, con ordinanza sez. I civ. 5.3.2024 n. 5834, ha pertanto annullato senza rinvio il provvedimento del Tribunale che aveva invece prorogato detto titolo di trattenimento.