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Fascicolo 2, Luglio 2021


«Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi, può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La prova per questo obbiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita».

(Enrico Berlinguer, 7 giugno 1984, Padova)

Osservatorio italiano

Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali

Limitazioni agli ingressi degli stranieri durante lo stato di emergenza nazionale derivante dalla pandemia di Coronavirus
La proroga dello stato di emergenza nazionale derivante dalla pandemia di Coronavirus e l’imperversare di varianti ancora più pericolose e infettive del virus hanno provocato numerosi provvedimenti di limitazione agli ingressi di chiunque (italiano o straniero) provenga da taluni Stati.
In generale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 02.03.2021 (pubblicato in GU Serie Generale n. 52 del 2.3.2021 - Suppl. Ord. n. 17) ha ribadito il sistema (introdotto in precedenti analoghi decreti durante lo stato di emergenza nazionale) fondato su elenchi di Paesi per i quali sono in vigore differenti limitazioni all’ingresso sul territorio nazionale, anche in relazione alla data dell’ingresso in Italia:
A – Città del Vaticano e San Marino: nessuna limitazione.
B – Stati e territori a basso rischio epidemiologico che verranno individuati, tra quelli di cui all’elenco C, con ordinanza del Ministro della salute di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Attualmente nessuno Stato è compreso in questo elenco.
C – Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca (incluse isole Faer Oer e Groenlandia), Estonia, Finlandia, Francia (inclusi Guadalupa, Martinica, Guyana, Riunione, Mayotte ed esclusi altri territori situati al di fuori del continente europeo), Germania, Grecia, Irlanda, Israele, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi (esclusi territori situati al di fuori del continente europeo), Polonia, Portogallo (incluse Azzorre e Madeira), Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna (inclusi territori nel continente africano), Svezia, Ungheria, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Andorra, Principato di Monaco.
Chi fa ingresso in Italia da questi Paesi deve comunicare il proprio ingresso al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale di riferimento e presentare la certificazione verde Covid19 da cui risulti di essersi sottoposto, nelle 48 ore antecedenti all’ingresso nel territorio nazionale, a tampone (test molecolare o antigenico) risultato negativo. In caso di mancata presentazione, è obbligatorio sottoporsi alla sorveglianza sanitaria e all’isolamento fiduciario di 10 giorni, al termine del quale è obbligatorio sottoporsi a tampone (test molecolare o antigenico). Nelle more dell’approvazione delle norme attuative del certificato verde, è accettata l’attestazione di tampone negativo. Sono previste eccezioni all’obbligo di effettuare il tampone prima dell’ingresso.
D – Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Ruanda, Repubblica di Corea, Singapore, Stati Uniti, Thailandia: chi fa ingresso in Italia da questi Paesi deve comunicare il proprio ingresso al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale di riferimento, compilare l’autodichiarazione, presentare un’attestazione di essersi sottoposto, nelle 72 ore antecedenti all’ingresso nel territorio nazionale, a tampone (test molecolare o antigenico) risultato negativo e sottoporsi a isolamento fiduciario e sorveglianza sanitaria per 10 giorni, raggiungendo la propria destinazione finale in Italia solo con mezzo privato o coincidenza aerea (senza uscire dalle aree di transito aeroportuale). Al termine dell’isolamento è obbligatorio effettuare un nuovo test molecolare o antigenico. Sono previste eccezioni all’obbligo di effettuare il tampone prima dell’ingresso e agli obblighi di isolamento e di tampone al termine dello stesso.
E – Tutti gli Stati non indicati negli altri elenchi (compresi il Brasile, l’India, il Bangladesh e lo Sri Lanka per i quali vigono regole speciali indicate sotto): l’ingresso da questi Paesi è consentito ai cittadini italiani/UE/Schengen e loro familiari, ai titolari dello status di soggiornanti di lungo periodo e ai loro familiari (Direttiva 2004/38/CE), alle persone che hanno una relazione affettiva comprovata e stabile (anche se non conviventi) con cittadini italiani/UE/Schengen/soggiornanti di lungo periodo, le quali debbano raggiungere l’abitazione/domicilio/residenza del partner in Italia.
Per coloro che non rientrano nelle categorie menzionate, l’ingresso dai Paesi del gruppo E è consentito solo in presenza di precise motivazioni: esigenze di lavoro o di studio, motivi di salute, assoluta urgenza, rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Chi fa ingresso in Italia da questi Paesi deve comunicare il proprio ingresso al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale di riferimento, compilare l’autodichiarazione, presentare un’attestazione di essersi sottoposto, nelle 72 ore antecedenti all’ingresso nel territorio nazionale, a tampone (test molecolare o antigenico) risultato negativo, sottoporsi a isolamento fiduciario e sorveglianza sanitaria per 10 giorni, raggiungendo la propria destinazione finale in Italia solo con mezzo privato o coincidenza aerea (senza uscire dalle aree di transito aeroportuale). Al termine dell’isolamento è obbligatorio effettuare un nuovo test molecolare o antigenico. Sono previste eccezioni all’obbligo di effettuare il tampone prima dell’ingresso e agli obblighi di isolamento e di tampone al termine dello stesso.
Infatti è stato disposto il divieto assoluto di ingresso nei confronti di chiunque provenga dal Brasile (con ordinanza Ministro della salute 16.1.2021 pubblicata in G.U. Serie Gen. n.13 del 18.1.2021) e poi di chiunque provenga dall’India (con ordinanza Ministro della salute 25.4.2021) e infine di chiunque provenga anche dal Bangladesh (con ordinanza Ministro della salute 28.4.2021, pubblicata in G.U. Serie Gen. n. 102 del 29.4.2021) e dallo Sri Lanka (con ordinanza Ministro della salute 29.4.2021, pubblicata in G.U. Serie Gen. n. 102 del 29.4.2021).
L’ordinanza del Ministro della salute 29.04.2021 (pubblicata in G.U. Serie Gen., n. 102 del 29.4.2021) ha prorogato di 15 giorni le misure di contenimento relative agli arrivi dai Paesi europei (elenco C) e da Paesi extra europei a basso rischio (elenco D) oltre a confermare il divieto di ingresso in Italia dal Brasile (elenco E) fatte salve le deroghe.
In generale, chi proviene da questi Paesi può entrare in Italia alle seguenti condizioni:
  • sottoporsi a tampone molecolare o antigenico nelle 48 ore prima dell’ingresso in Italia (risultato negativo);
  • compilare un’autodichiarazione;
  • sottoporsi a prescindere dall’esito del tampone molecolare o antigenico, alla sorveglianza sanitaria e a isolamento fiduciario per un periodo di 5 giorni (Paesi europei) o 10 giorni (Paesi extra europei);
  • sottoporsi al termine dell’isolamento a un ulteriore tampone molecolare o antigenico;
  • comunicare al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio il proprio ingresso.
Proroga dei titoli di soggiorno durante lo stato di emergenza nazionale derivante dalla pandemia di Coronavirus
La proroga dello stato di emergenza nazionale derivante dalla pandemia di Coronavirus ha comportato ulteriori proroghe della validità dei titoli di soggiorno.
Così l’art. 2 del d.l. 30.4.2021, n. 56 (pubblicato in G.U. n. 103 del 30.4.2021) prevede che i permessi di soggiorno e i titoli di cui all’art. 103, co. 2-quater e 2-quinquies, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 aprile 2020, n. 27, compresi quelli aventi scadenza sino al 31 luglio 2021, conservano la loro validità fino alla medesima data e che nelle more di tale scadenza, gli interessati possono egualmente presentare istanze di rinnovo dei permessi e dei titoli di soggiorno la cui trattazione è effettuata progressivamente dagli uffici competenti.
 
Aumento dei costi medi per il rimpatrio di lavoratori stranieri trovati in situazione di soggiorno irregolare
Il decreto Ministro dell’interno 26.1.2021 (pubblicato sulla G.U. n. 56 del 6.3.2021) stabilisce che passa da 1.398 a 1.905 euro il costo medio per il rimpatrio dei migranti trovati in posizione irregolare in Italia.
Al costo del rimpatrio, che è aggiornato ogni anno, è commisurata la sanzione amministrativa accessoria prevista dall’art 22 co. 12-ter d.lgs. n. 286/1998 nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi privi del permesso di soggiorno.
Si tratta di sanzione che è applicata nel caso in cui il datore di lavoro sia stato condannato alla reclusione da sei mesi a tre anni e alla multa di 5.000 euro per ogni lavoratore, per aver impiegato stranieri privi del permesso di soggiorno o con permesso scaduto revocato o annullato.
In base a quanto stabilito dal decreto ministeriale del 22.12.2018 n. 151, nel complesso calcolo per determinare il costo del rimpatrio, si tiene conto del totale dei costi sostenuti annualmente per il rimpatrio degli stranieri e del numero dei rimpatri effettivamente eseguiti. La cifra media così ottenuta è poi aumentata del 30% in modo da considerare anche l’incidenza dei costi relativi ai servizi di accompagnamento e scorta degli stranieri da rimandare in Patria.
Per il 2021 si ottiene così la cifra di 1.905 euro, con un aumento probabilmente attribuibile alla pandemia da Covid che ha reso più costosi i viaggi.
 
Nuove specifiche tecniche dei permessi di soggiorno e delle carte di soggiorno
Il decreto del Ministro dell’interno 20.1.2021 (pubblicato in G.U. Serie Gen. n. 24 del 30.1.2021) prevede le regole di sicurezza relative al permesso di soggiorno, redatto in conformità al Regolamento (UE) 2017/1954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2017, che modifica il Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi.
Il decreto emanato di concerto con il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, recepisce i nuovi standard di sicurezza adottati a livello europeo.
Nel permesso sono incorporati microchip con le impronte digitali acquisite dal titolare e con l’immagine della foto del suo volto.
Una delle novità riguarda la data di scadenza, che sarà sempre indicata sul permesso, sicché i permessi UE per soggiornanti di lungo periodo non riporteranno più la dicitura “illimitata”, relativa al diritto di residenza in Italia, ma giorno, mese e anno in cui scade la validità del documento fisico che attesta quel diritto (10 anni).
I nuovi permessi di soggiorno saranno rilasciati su tutto il territorio nazionale, dopo una prima fase di sperimentazione che riguarderà solo la questura di Terni. I permessi rilasciati secondo gli standard precedenti resteranno validi fino alla scadenza o alla eventuale sostituzione con il nuovo modello.
 
Nuovo schema di capitolato di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei Centri di accoglienza e dei Centri di permanenza per il rimpatrio
Il decreto del Ministro dell’interno 19.1.2021 prevede (anche con molti allegati dettagliati) il nuovo schema di capitolato di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei Centri di prima accoglienza previsti dal d.l. 30 ottobre 1995, n. 451, convertito con la l. 29 dicembre 1995, n. 563, dagli artt. 9 e 11 del d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, nonché dei Centri di permanenza per il rimpatrio di cui agli artt. 10-ter e 14 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e successive modifiche e integrazioni.
Il decreto con molti allegati individua distinti schemi di disciplinari di gara calibrati sulle diverse tipologie di accoglienza, corredati da dettagliate specifiche tecniche e prestazionali, dalla struttura dell’offerta e dei criteri di valutazione, oltre che dalla stima dei costi medi di riferimento per la determinazione delle basi d’asta, al fine di uniformare e semplificare l’attività delle stazioni appaltanti.
In particolare il capitolato resta complessivamente costituto da un documento principale, che definisce l’oggetto delle prestazioni per la gestione dei Centri unitamente alle regole del rapporto negoziale tra prefettura-stazione appaltante ed ente affidatario dei servizi di accoglienza, nonché da 25 allegati tecnici recanti:
- gli schemi dei disciplinari di gara (c.d. bandi-tipo) ove sono individuate, per ogni tipologia di Centro di accoglienza, per gli hotspot e per le strutture di trattenimento, le regole per l’aggiudicazione delle relative procedure di gara;
- le specifiche tecniche delle prestazioni oggetto di affidamento, anch’esse suddivise per tipologia di Centro e struttura;
- i criteri di valutazione per la selezione e l’aggiudicazione delle offerte economicamente più vantaggiose secondo il miglior rapporto qualità/prezzo;
- la tabella di dotazione minima del personale da impiegare nei Centri;
- la stima dei costi medi di riferimento che concorrono alla determinazione delle singole basi d’asta.
I servizi da erogarsi nei Centri governativi di prima accoglienza e nei Centri di accoglienza straordinari (artt. 9 e 11 d.lgs. n. 142/2015) e le connesse prestazioni continuano ad essere differenziate in base alla tipologia di struttura e della relativa capienza: resta immutata la distinzione delle strutture di accoglienza in:
- singole unità abitative operanti in rete e con capacità recettiva complessiva sino a 50 posti (art. 1, co. 2, lett. a):
- tre diverse categorie di Centri collettivi (con capienza sino 50 posti, tra 51 e 300 posti e superiore a 300) caratterizzati dalla messa in comune di tutti i servizi (art. 1, co. 2, lett. b).
In relazione a tali strutture, il vigente schema di capitolato conferma la previsione secondo cui tutte le prestazioni da rendersi nei Centri sino a 300 posti sono affidate nell’ambito di un unico lotto prestazionale, mentre, per le strutture di maggiore capienza, l’appalto della relativa gestione avviene in tre diversi lotti, rispettivamente riguardanti l’erogazione di servizi assistenziali e la fornitura di beni alla persona, il servizio di preparazione dei pasti ed il servizio di pulizia ed igiene dei locali.
In merito alle suddette strutture il capitolato prevede altresì, all’art. 9 co. 4, che nei Centri di accoglienza i cui immobili sono portati in dotazione dall’operatore economico partecipante alle procedure sono altresì garantiti gli standard igienico-sanitari, abitativi e di sicurezza nonché idonee misure di prevenzione, controllo e vigilanza relativamente alla partecipazione o alla propaganda attiva a favore di organizzazioni terroristiche internazionali, anche in conformità ai criteri e le modalità stabiliti con il decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della salute.
Tale disposizione mira ad attuare l’art. 10, co. 1, d.lgs. n. 142/2015, come sostituito dall’art. 4, co. 1, lett. c) del d.l. n. 130/2020 convertito con l. n. 173/2020.
Detta clausola, frutto dell’intervento riformatore testé richiamato, prescrive la garanzia di specifici requisiti strutturali definiti da apposito decreto interministeriale interno-salute in corso di adozione.
Limitatamente all’accoglienza di tipo collettivo è stata espunta la precedente previsione di Centri con capacità superiore a 900 posti, al fine di tener conto, per una migliore gestione, dell’esigenza di contenimento della capienza massima per i Centri governativi di cui all’art. 9, co. 1, d.l. n. 142/2015, come modificato dall’art. 4, co. 1, lett. b) del d.l. 21 ottobre 2020, n. 130.
Anche tenendo conto dell’esperienza maturata in sede di applicazione del precedente capitolato, è stata inoltre aggiornata la tabella della dotazione minima del personale di cui all’allegato A, rimodulando per i Centri sino a 300 posti, il rapporto numerico operatori/ospiti sulla base di una nuova fascia di capienza tra 51 e 100 posti.
In ossequio alla novella normativa di cui al d.l. n. 130/2020 citato in premessa, è implementato il quadro delle prestazioni a beneficio degli stranieri richiedenti protezione internazionale accolti nei Centri di cui ai menzionati articoli 9 e 11, mediante l’introduzione dei servizi aggiuntivi di assistenza psicologica, insegnamento della lingua italiana ed orientamento legale e al territorio (art. 2 lett. b) punti nn. 2, 3, 5, 6 del nuovo schema di capitolato.
L’intervento riformatore del nuovo capitolato ha interessato anche i preesistenti servizi.
Infatti per assicurare l’efficienza delle attività di controllo, supporto e coordinamento della vita in comune dei migranti, sono state incrementate le ore di impiego settimanale dell’operatore diurno e notturno presso i Centri di accoglienza.
Sono state considerate, altresì, particolari e preminenti esigenze assistenziali, prevedendo:
a) l’integrazione del materiale di igiene personale mediante distribuzione di pannolini per bambini fino a 30 mesi di età;
b) il ricambio del kit d’ingresso al passaggio dalla stagione invernale a quella estiva o viceversa, lasciando inalterata la previsione di 2 turnover nell’anno;
c) l’introduzione dell’erogazione di altri beni e servizi, quali materiale didattico (sia per i bambini che per gli adulti) materiale ludico nonché farmaci e altre prestazioni sanitarie non coperte dal SSN, (ad es. visite specialistiche, protesi non previste dal SSN, attrezzature mediche, ecc.) nel limite massimo di € 500,00 annui a persona, in analogia a quanto previsto dal manuale di rendicontazione SIPROIMI 2018;
d) l’eventuale assistenza del richiedente asilo per il colloquio da remoto con la Commissione territoriale;
e) la segnalazione dei casi vulnerabili alle autorità competenti alla valutazione di specifiche condizioni di fragilità, nell’ambito del preesistente servizio di assistenza sociale;
f) l’utilizzo di stoviglie monouso biodegradabili e compostabili in previsione dell’applicazione della normativa europea di riferimento, utilizzando quale criterio per la quantificazione del relativo costo, le analisi di mercato condotte tramite la consultazione di siti web di rivenditori qualificati nonché procedure di affidamento svolte dagli enti locali.
 
Circa le modifiche dei servizi già assicurati presso gli hotspot ed i Centri di permanenza per il rimpatrio, la centralità e la rilevanza strategica di tali strutture nell’ambito del sistema di accoglienza ha implicato la rivisitazione delle modalità di erogazione dei servizi già esistenti.
Nello specifico, l’allegato schema di capitolato, quanto agli hotspot prevede un aumento del monte ore settimanale del servizio di assistenza psicologica e mediazione linguistico-culturale, e riproduce le sopra menzionate garanzie in tema di utilizzo di materiale per l’igiene dei neonati, eventuale fornitura di farmaci ed altre prestazioni sanitarie non coperte dal SSN nel limite di 500 euro annui pro capite, utilizzo di stoviglie monouso biodegradabili e compostabili.
Relativamente ai C.P.R., attesa la peculiarità delle funzioni svolte da tali strutture, lo schema di capitolato apporta modifiche intese a soddisfare e contemperare le esigenze, sempre attuali e stringenti, di controllo, assistenza e pieno rispetto della dignità e dei diritti delle persone trattenute.
In ragione di tali primari interessi il predetto schema aumenta la dotazione minima di personale, attraverso l’incremento degli operatori diurni e notturni, nella misura specificata nell’allegata tabella A, ed aumenta il monte ore settimanale del presidio medico.
È stato stimato, ai fini della distribuzione del kit d’ingresso, un turnover medio pari a 3 all’anno (a fronte di 2 precedentemente previsti), considerato che il citato d.l. n. 130/2020, come convertito dalla l. n. 173/2020, ha ridotto il tempo massimo di trattenimento nei C.P.R. da 180 a 90 giorni con la possibilità di proroga di ulteriori 30 giorni nei casi di accordi o intese con i Paesi di origine per i rimpatri.
Anche per le strutture di trattenimento hanno effetto le nuove disposizioni in tema di spese per farmaci e prestazioni sanitarie non coperte dal SSN e di utilizzo di stoviglie monouso biodegradabili e compostabili.
L’art. 29 comma 4 dello schema di capitolato, a norma degli articoli 13 e 14 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, prevede che l’ente gestore fornisce a ciascun migrante in ingresso in tutti i Centri e le strutture di cui al medesimo schema l’informativa scritta sul trattamento dei suoi dati personali, cui è allegata la dichiarazione di consenso al trattamento dei medesimi dati, da sottoscrivere a cura dell’interessato, tradotte nelle principali lingue parlate dagli stranieri presenti nel Centro, e comunque in inglese, francese, spagnolo e arabo.
 
Circa le regole delle procedure di gara, i sei schemi di disciplinare di gara europea volta all’individuazione di una pluralità di operatori economici servono ai prefetti a concludere un accordo quadro per la successiva attivazione, in base alle effettive necessità di accoglienza, dei relativi contratti di appalto (c.d. convenzioni attuative a valle).
Ciascun disciplinare, analogamente allo schema di capitolato approvato con d.m. 20 novembre 2018, è stato predisposto con riferimento al tipo di struttura che si intende attivare sul territorio, tenendo conto dello schema del Bando-tipo n. 1/2017 dell’ANAC e delle peculiarità dei servizi sociali anche in ragione delle caratteristiche degli operatori che li offrono sul mercato nell’ambito di gare sopra soglia comunitaria.
Come per il precedente capitolato, per i Centri di accoglienza costituiti da singole unità abitative e per i Centri collettivi con capacità ricettiva inferiore a 300 posti, ivi compresi i C.P.R., l’affidamento dell’appalto è consentito, ai sensi dell’art. 1, comma 5, senza la suddivisione in lotti prestazionali (schemi di disciplinare di cui agli All. 1, 2, 3 e 5).
Nel caso di Centri collettivi con capienza superiore a 300 posti è invece obbligatorio l’affidamento dell’appalto in tre lotti prestazionali, ai sensi dell’art. 1, comma 4 (schema di disciplinare di cui all’All. 4).
Riguardo alle strutture dell’offerta, i relativi documenti di gara restano differenziati in ragione della tipologia di ospitalità (individuale o collettiva), della destinazione funzionale del Centro e delle relative capacità ricettive.
Inoltre, è stato aggiornato l’Allegato B, recante la stima dei costi medi di riferimento che concorrono alla determinazione delle singole basi d’asta.
A tale documento resta assegnata la funzione di strumento per le prefetture ai fini della determinazione del prezzo pro die/pro capite da riconoscersi all’aggiudicatario gestore delle strutture, con conseguente riferimento a parametri ufficiali e consolidati, ed in particolare alle convenzioni CONSIP per i servizi di pulizia, ai report dell’ISTAT per il costo di affitto ed utenze dei beni immobili, al prezzo medio della giornata alimentare in ambito sanitario di cui alla delibera ANAC del 2016 per il vitto, nonché alle ricerche di mercato e alle convenzioni stipulate da centrali di committenza regionali per la fornitura di beni.
Sul punto, è stato aggiornato, per tutte le tipologie di Centri di accoglienza, hotspot e C.P.R., il costo medio orario del lavoro per i lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo ed inserimento lavorativo, di cui al CCNL del 28.3.2019, secondo le vigenti tabelle approvate con decreto n. 7 del 17.2.2020 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
 
Circa i controlli sull’esecuzione delle convenzioni stipulate con i soggetti gestori restano invariate le prescrizioni recate dagli articoli 18, 19 e 20 dello schema di capitolato, di cui si raccomanda la costante e stringente applicazione secondo le linee di indirizzo fornite con direttiva del Ministro dell’interno del 27.2.2020 e secondo le indicazioni diramate dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione con la circolare n. 12498 del 26.6.2020.
Inoltre per assicurare uniformi livelli di accoglienza su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 12 d.lgs. n. 142/2015, il decreto di approvazione dello schema di capitolato prevede, all’art. 2, che i contratti in corso di esecuzione per la gestione ed il funzionamento dei Centri di accoglienza, hotspot e C.P.R. sono adeguati alle prescrizioni del medesimo schema.
Sotto il profilo applicativo, si conferma l’operatività della Cabina di regia istituita presso il Dipartimento libertà civili e immigrazione per fornire orientamenti e interpretazioni per la corretta attuazione del nuovo schema di capitolato di appalto e dei bandi-tipo.
 
Piano nazionale per la ricerca ed il salvataggio in mare, edizione 2020
Il nuovo Piano conferma tutti gli obblighi di salvataggio a carico degli Stati, che negli anni scorsi sono stati spesso violati.
Il Piano dà attuazione alla regola 4.5 dell’Annesso alla Convenzione sulla ricerca di salvataggio in mare (SAR) adottata ad Amburgo nel 1979 con successivi emendamenti annessi, ratificata dall’Italia con l. 3.4.1989, n. 147. Si tratta quindi di un atto normativo di rango subordinato alle leggi dello Stato e alle Convenzioni internazionali alle quali comunque fa riferimento, la cui efficacia normativa assume spessore proprio in virtù di quanto previsto o richiamato nel piano.
Nelle sue linee applicative il Piano SAR italiano del 2020 fa riferimento alle metodologie tecnico-operative di ricerca e soccorso contenute nel manuale IAMSAR adottato dall’Imo nel 1999 ed alla Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (Convenzione SOLAS) che obbliga il «comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione…» [Capitolo V, Regola 33(1)]. Spetta poi ai governi ed alle relative autorità marittime e militari, in particolare ai Centri di coordinamento del soccorso il completamento degli obblighi posti a carico dei comandanti delle navi in mare, assicurando nelle rispettive aree di responsabilità S.A.R. un’efficiente organizzazione dei servizi di ricerca e salvataggio (Marittime Rescue Coordination Centre o M.R.C.C.), in grado di gestire le comunicazioni di emergenza e di coordinare le operazioni in modo tale da garantire il salvataggio delle persone ed il loro sbarco in un luogo sicuro.
Il Piano introduce prescrizioni in diversi punti più specifiche, in linea con le Convenzioni internazionali aggiornate nel tempo con emendamenti ed annessi, e con la disciplina interna prevista nel caso di soccorsi e sbarco di un numero elevato di migranti.
 
Rassegna delle circolari e delle direttive delle Amministrazioni statali
Cittadini di Paesi terzi
Asilo
 
Le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale: il Ministero dell’interno ne dà la seconda interpretazione illegittimamente restrittiva
Dopo la prima interpretazione illegittimamente restrittiva del nuovo permesso di soggiorno per protezione speciale che è stata data dalla presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo con la sua nota del 3.11.2020 (si veda l’Osservatorio italiano del numero precedente di questa Rivista) la seconda interpretazione altrettanto illegittimamente restrittiva è stata prescritta alle questure con la circolare 19.3.2021 – prot. 0023186 Ministero dell’interno- Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere – Servizio immigrazione
La circolare in primo luogo correttamente ricorda che:
  • le istanze di rilascio/rinnovo di un permesso di soggiorno devono essere presentate personalmente dall’interessato nelle forme previste dalla legge (tramite kit postale o direttamente all’ufficio immigrazione territorialmente competente) e che perciò non possono essere considerarsi valide le istanze presentante tramite mail, pec, ecc. e che qualora dovessero pervenire richieste con modalità differenti da quelle previste dalle norme gli uffici immigrazione delle questure dovranno rispondere alle stesse fornendo indicazioni sulle corrette modalità di presentazione delle istanze come previsto dall’art. 5, co. 2 TUI.
  • i decreti di rigetto, revoca, irricevibilità o inammissibilità di un permesso di soggiorno devono essere adottati nel rispetto delle norme sul procedimento amministrativo e devono perciò essere adeguatamente motivati e contenere l’indicazione del termine e dell’autorità cui si potrà ricorrere nel caso in cui il richiedente ritenga che l’atto amministrativo abbia leso i propri diritti o interessi illegittimi.
In secondo luogo la circolare analizza le due ipotesi di rilascio del permesso di soggiorno previste nell’art. 19 co. 1.2 d.lgs. n.286/1998, introdotte col d.l. n. 130/2020.
Dopo avere ricordato la prima ipotesi di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, quella su richiesta della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale allorché non ritenga sussistenti i presupposti della protezione internazionale, ma quelli della protezione sussidiaria, la circolare tratta dell’ipotesi del rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale su richiesta presentata dall’interessato al Questore, ma afferma che la tipologia di permesso di soggiorno per protezione speciale prevista dall’art. 19 co. 1.2 d.lgs. n. 286/1998, introdotta col d.l. n.130/2020 non può essere richiesta direttamente al questore.
Più precisamente la circolare afferma che l’ipotesi di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale da parte del questore prevista dal secondo periodo dell’art. 19, co. 1.2. è da ritenersi sussistente soltanto nel «caso in cui lo straniero abbia presentato una istanza di rilascio di permesso di soggiorno per altro motivo (ad es. studio, lavoro, etc.)».
Tale interpretazione erronea fa concludere illegittimamente la circolare che «la tipologia di permesso di soggiorno per protezione speciale di cui all’art. 19, co. 1.2. TUI non possa essere richiesta direttamente al questore» e pertanto la circolare dispone che debbano essere considerate irricevibili le istanze di permesso di soggiorno per protezione speciale presentate in via autonoma direttamente al questore.
Occorre invece ricordare – come ha fatto ASGI in una lettera inviata il 6 maggio 2021 al Ministero dell’interno chiedendo l’annullamento di questa parte della circolare – che la facoltà dello straniero di presentare l’istanza di rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale alla competente questura discende da un’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 19 d.lgs. n. 286/1998 (Testo unico delle leggi sull’immigrazione, di seguito TUI), che deve essere letto nel suo complesso (e pertanto alla luce dei commi 1 e 1.1) e alla luce del vigente ordinamento.
La sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno di cui all’art. 19, co. 1.2 si configura infatti come ipotesi di non espellibilità dello straniero. All’impossibilità di eseguire legittimamente un’espulsione o un respingimento dal territorio italiano in presenza di impedimenti così gravi perché basati su diritti fondamentali consegue il diritto ad ottenere un titolo che consenta il regolare soggiorno sul territorio nazionale.
Agli stranieri che si trovino nelle circostanze di cui ai commi 1 e 1.1 dell’art. 19, al pari degli stranieri che versino nelle altre ipotesi di non espellibilità previste dalla stessa disposizione, il questore deve rilasciare il permesso per protezione speciale, anche allorché la domanda di permesso di soggiorno non riguardi un permesso di soggiorno ad altro titolo, ma direttamente il permesso per protezione speciale, che dunque possono richiedere direttamente al questore al di fuori della procedura concernente l’esame di una domanda di protezione internazionale. Una diversa interpretazione condurrebbe a un trattamento discriminatorio nei confronti degli stranieri che non possono essere allontanati dal territorio nazionale per le ragioni ivi previste, che sarebbero i soli a vedersi preclusa la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno unicamente in virtù di tali ragioni.
Alla stessa conclusione deve peraltro giungersi alla luce dell’art. 19, comma 1.2, che il Ministero dell’interno nella citata circolare del 19 marzo 2021 illegittimamente interpreta in senso contrario.
Il primo periodo del citato comma 1.2. disciplina l’ipotesi in cui sia stata presentata una domanda di protezione internazionale e prevede che, solo se tale domanda è stata appunto presentata, il permesso di soggiorno in questione possa essere rilasciato anche all’esito della relativa procedura.
In questo senso la disposizione funge da coordinamento tra il TUI e l’art. 32 d.lgs. n. 25/2008, che disciplina appunto i possibili esiti del procedimento di esame della domanda di protezione internazionale. Sotto questo profilo appare rilevante che tra questi esiti non vi sia soltanto, in alternativa al riconoscimento della protezione internazionale, il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria ma altresì – ai sensi dei commi 3.1 e 3.2 introdotti dallo stesso d.l. 130/2020 conv. in l. 173/2020 che ha modificato la disposizione oggetto di interpretazione – il permesso di soggiorno per cure mediche e il permesso di soggiorno per assistenza minori (previa trasmissione al Tribunale per i minorenni competenti). Anche tali permessi possono essere entrambi richiesti direttamente all’autorità competente per il loro rilascio, con la conseguenza che il loro ottenimento all’esito della procedura di esame della domanda di protezione internazionale si pone come alternativo e ulteriore rispetto alla procedura ordinaria che avviene invece su istanza diretta. Non si comprende per quale ragione si debba assicurare un trattamento diverso soltanto al permesso di cui all’art. 19, co. 1.2.
Dalla lettura del primo periodo della disposizione non è pertanto possibile, come invece afferma la citata circolare del Ministero dell’interno, concludere per l’impossibilità di presentare l’istanza di rilascio del permesso per protezione speciale direttamente al questore.
Il secondo periodo del citato comma 1.2., secondo il quale nel caso in cui sia presentata una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1, il questore, previo parere della Commissione territoriale, debba rilasciare un permesso di soggiorno per protezione speciale, non preclude all’interessato di chiedere direttamente al questore il rilascio del permesso di soggiorno in questione.
La portata “residuale” e di chiusura che la circolare del Ministero dell’interno dà alle nuove disposizioni legislative è invece fin dal 1998 già prevista nell’ordinamento italiano dall’art. 5, comma 9 dello stesso TUI, che prevede che «(i)l permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro sessanta giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente Testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente Testo unico».
L’intento del legislatore del 2020, nell’introdurre il secondo periodo del citato comma 1.2, non può quindi essere quello di prevedere ciò che l’ordinamento già prevede e cioè la possibilità che il permesso ivi previsto possa essere rilasciato soltanto allorché sia stato richiesto un diverso permesso per il quale non sussistano le condizioni, giacché il questore è già obbligato in tal senso dal citato art. 5, co. 9 TUI, il quale conferma che la nuova disposizione introdotta nel comma 1.2 dell’art. 19 TUI prevede che ogni permesso di soggiorno per protezione speciale può essere chiesto anche in via autonoma.
Sarebbe peraltro del tutto irragionevole istituire e disciplinare un titolo di soggiorno che non possa essere richiesto dallo straniero e che il questore possa rilasciare soltanto a seguito della presentazione di una diversa ed infondata istanza (in quanto tale rigettata) da parte dell’interessato. Lo straniero in pratica per ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, dovrebbe chiederne un altro (al quale non ha diritto) o, peggio e con maggiore aggravio procedimentale e per l’erario, presentare un’infondata domanda di protezione internazionale per vedersi riconosciuta, in via residuale, la protezione speciale.
Non appare infine in alcun modo significativo il riferimento al «previo parere della Commissione territoriale». Un procedimento che vede la questura come organo competente a ricevere l’istanza di rilascio e a rilasciare il titolo richiesto e che riconosce alla CT un ruolo endoprocedimentale di emissione di un parere non è infatti inedito nel nostro ordinamento. Si tratta dello stesso procedimento tuttora in essere per il rinnovo dei permessi di soggiorno per protezione sussidiaria e per il rinnovo degli ora abrogati permessi di soggiorno per motivi umanitari. Anche alla luce di tale circostanza, la pretesa della circolare citata del Ministero dell’interno di considerare irricevibili le domande di rilascio dello stesso permesso appare oltremodo irragionevole.
Nella parte fin qui esposta la citata circolare del 19 marzo 2021 del Ministero dell’interno è illegittima e pertanto deve essere annullata in autotutela dall’Amministrazione oppure dal giudice amministrativo o disapplicata dal giudice ordinario.
L’impossibilità di presentare l’istanza di rilascio del suddetto titolo di soggiorno direttamente al questore viola anche i principi e le garanzie del procedimento amministrativo e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione.
Infatti, come prescrive l’art. 1, co. 1 l.241/1990, «l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario».
Tale disposizione deve ritenersi attuativa di principi garantiti sia a livello sovranazionale, sia a livello costituzionale, in quanto manifestazioni dei criteri di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione contenuti nell’art. 97 Cost.
Da tali principi discende indubbiamente l’obbligo della pubblica amministrazione di predisporre le procedure più efficaci per garantire l’accesso ai diritti previsti. Un tale comportamento risponde altresì agli interessi di economicità del procedimento amministrativo e di tenuta del bilancio pubblico.
È evidente che le direttive impartite dal Ministero dell’interno a tutte le questure con la circolare non rispondono a principi di economicità e buon andamento, perché non interpretano le disposizioni legislative partendo dal criterio letterale, ma introduce in realtà, per i motivi di cui si è detto, una nuova regola secondo cui il permesso di soggiorno per protezione speciale di cui all’art. 19, co.1.2 TUI non potrebbe essere richiesto direttamente al questore, né si potrebbe ottenerlo se non sia stato richiesto un permesso di soggiorno ad altro titolo.
Ne risulta un sistema procedimentale in cui la questura sarebbe l’organo competente al rilascio del relativo permesso, al suo rinnovo, a ricevere le istanze di rinnovo ma non a ricevere – senza che si comprenda in base a quale logica – le istanze di primo rilascio.
Secondo il Ministero dell’interno, tale permesso di soggiorno potrebbe essere rilasciato soltanto all’esito della procedura di esame di una domanda di protezione internazionale o del procedimento volto al rilascio di un diverso permesso di soggiorno qualora non sussistano i requisiti previsti per il rilascio di quest’ultimo.
Ne consegue che lo straniero che si trovi nelle condizioni di cui ai commi 1 e 1.1 dell’art. 19 TUI e che, di conseguenza, non possa essere legittimamente allontanato dal territorio nazionale, al fine di ottenere il rilascio del relativo permesso di soggiorno dovrebbe – come sopra anticipato – “forzare il sistema” presentando una domanda di asilo o un’istanza di rilascio di un permesso di soggiorno ad altro titolo nella consapevolezza di non avervi diritto.
È questo che la circolare ministeriale finisce col chiedere allo straniero dichiarando irricevibile la sua domanda: che lo stesso al fine di ottenere il permesso di soggiorno per protezione speciale debba sempre presentare una domanda di protezione internazionale, quando la sua domanda è già stata rigettata e lo stesso non dispone di «nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine» da allegare avanti la Commissione territoriale (il che rende frequente la dichiarazione di inammissibilità della domanda, anche se la Commissione deve considerare sempre tutti i nuovi elementi che le vengono sottoposti, compreso il percorso di integrazione e la vita famigliare non considerata nella precedente decisione perché non presente) o che lo stesso presenti un’istanza di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o per motivi familiari, pur non avendo nessuno dei requisiti previsti dall’ordinamento e non potendo nemmeno allegare la necessaria documentazione, con inevitabile rifiuto da parte delle competenti autorità a raccogliere e vagliare tale irricevibile domanda.
La circolare pare irragionevole anche con riferimento a tre altre categorie di stranieri che irrazionalmente sarebbero costretti a presentare domanda di protezione internazionale invece che presentare direttamente al questore la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale.
La prima categoria è quella degli stranieri che mai potrebbero ottenere la protezione internazionale perché l’espulsione o il respingimento che sono vietati riguardano persecuzioni, torture o trattamenti inumani o degradanti che avvengono non già nello Stato di cui sono cittadini (il che è il presupposto che legittima lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria), bensì nello Stato in cui dovrebbero essere inviati (che è espressamente menzionato nei commi 1 e 1.1. dell’art. 19). Si pensi al respingimento che deve essere attuato dal vettore nello Stato di provenienza (art. 10, co. 4 d.lgs. n. 286/1998) e al provvedimento amministrativo di espulsione che può essere effettuato verso lo Stato di provenienza allorché non sia possibile l’invio dello Stato di appartenenza (art. 13, co. 12 d.lgs. n. 286/1998).
La seconda categoria è quella degli stranieri che trovandosi in una delle situazioni indicate nei commi 1 e 1.1. dell’art. 19 per varie ragioni (p. es personali, familiari, di salute o di incomprensione linguistica) non possono o non vogliono presentare domanda di protezione internazionale, per i quali i divieti di espulsione e di respingimento operano comunque in modo inderogabile, anche in mancanza di presentazione della domanda di protezione internazionale.
La terza categoria è quella degli stranieri che, pur essendo inseriti nella società italiana, avevano visto rigettare le loro domande di protezione internazionale o di asilo prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 130/2020, cioè in un momento in cui il permesso di soggiorno per protezione speciale non era ancora stato introdotto nella sua attuale formulazione nel nostro ordinamento (l’ordinanza della Corte di cassazione che, come noto, non avrebbe potuto in ogni caso vagliare i requisiti di fatto volti a giustificare il rilascio di un ulteriore permesso di soggiorno, è stata pubblicata il 3.11.2020).
In particolare questi ultimi stranieri si troverebbero costretti a proporre una nuova domanda d’asilo, ovvero una domanda reiterata (come definita dall’art. 2, co. 1 lett. b-bis, d.lgs. n. 25/2008) la cui ammissibilità è tuttavia subordinata alla sussistenza di nuovi specifici elementi, che non sempre sono presenti: è vero che ai sensi dell’art. 29 co. 1 lett. b, d.lgs. n. 25/2008 l’istanza di protezione internazionale è dichiarata inammissibile se «b) il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine». Perciò qualora lo straniero proponesse una domanda reiterata, anche se la Commissione deve considerare sempre tutti i nuovi elementi che le vengono sottoposti, compreso il percorso di integrazione e la vita familiare non considerata nella precedente decisione perché non presente, spesso la domanda non supera il vaglio di ammissibilità, il che significherebbe che, ancora una volta, la sussistenza dei requisiti per la protezione speciale non sarebbero valutati e l’accesso alla domanda di rilascio di tale permesso di soggiorno gli sarebbe precluso.
Risulta pertanto evidente il rischio che qualsiasi straniero che si trovi in tali condizioni, si trovi di fatto nell’impossibilità di ottenere il rilascio del permesso al quale ha diritto, pur non essendo espellibile dal territorio nazionale. Al contrario la pubblica amministrazione dovrebbe privilegiare la soluzione (conforme al dato letterale della norma in questione) che meglio consente l’efficienza ed economicità del procedimento amministrativo e la stabilizzazione dello straniero, inespellibile in ragione della sua integrazione sociale, familiare e lavorativa, tutelata dai più volte citati commi 1.1 e 1.2 dell’art.19 d.lgs. 286/1998 (sull’esistenza di un principio generale di favor per la progressiva stabilizzazione, peraltro implicito nel citato comma 9 dell’art. 5 TUI, cf. altresì sentenza del Consiglio di Stato n. 4487 del 26 ottobre 2016).
Il danno arrecato dalla citata circolare del Ministero dell’interno risulta tanto più evidente se si considera che si tratta spesso di stranieri che da anni si trovano in Italia, durante i quali hanno raggiunto un notevole livello di integrazione sociale e culturale.
Anche qualora uno straniero riuscisse a presentare le suddette istanze e a ottenerne l’esame, è evidente l’enorme aggravio procedurale e la illogicità del sistema così concepito. Al fine di rilasciare il permesso per protezione speciale, la pubblica amministrazione dovrebbe sempre previamente svolgere un esame che sicuramente avrà esito negativo svolgendo pertanto un’attività amministrativa inutile, con conseguente ingiustificato esborso economico.
Inoltre chi non è stato richiedente asilo appare discriminato: la circolare ministeriale prescrive che deve presentare una nuova domanda di asilo anche se quella persona, a fronte di condizioni giuridiche identiche, ha già tutti i requisiti previsti dalla legge per richiedere direttamente al questore questo tipo di permesso di soggiorno per protezione speciale e magari si trova in Italia da decine di anni.
L’illogicità dell’interpretazione che il Ministero pretende di dare all’art. 19, comma 1.2 appare ancora più evidente se si considera che il suo effetto potrebbe essere quello di indurre un alto numero di stranieri che si trovino nelle condizioni di cui ai primi due commi della stessa disposizione a presentare domande di protezione internazionale, così frustrando quello stesso sistema di cui il legislatore ha ostinatamente cercato di garantire una maggiore efficienza e celerità con le riforme che si sono susseguite nell’ultimo decennio, da ultimo lo stesso d.l. 130/2020 che contiene all’art. 2 modifiche delle procedure di esame delle domande di protezione internazionale.
 
Ingresso e soggiorno
 
Nuovo documento elettronico attestante il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e sue nuove durate
La circolare n. 400/C/2021 del 23.2.2021 del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere dispone che il nuovo documento elettronico attestante il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo sarà rilasciato con una validità di anni 10 per gli adulti e di anni 5 per i minori, in conformità ai Regolamenti UE che prevedono sempre l’inserimento nel titolo di soggiorno di una data di scadenza.
Peraltro si rammenta che la data di scadenza riguarda il documento fisico e non inficia in alcun modo il diritto di residenza permanente acquisito dal titolare.
 
Soggiorno permanente in Italia dei cittadini britannici dopo il recesso del Regno Unito dalla UE
La circolare n. 11/2021 del 15.3.2021 del Ministero dell’interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale dei servi demografici ricorda che la Commissione europea ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicazione dell’Accordo di Recesso, evidenziando in particolare che l’art. 15.3 stabilisce che: «Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenza dallo Stato membro ospitante di durata superiore a cinque anni consecutivi», a differenza di quanto previsto dall’art. 16.4 della Direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione UE (2 anni).
 
La legislazione applicabile nelle fattispecie del distacco e dell’esercizio di attività in due o più Stati dopo la pubblicazione dell’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’UE e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra (TCA)
In merito all’attuazione dell’accordo sul recesso del Regno Unito e dell’Irlanda del Nord dall’UE, la circolare n. 71 del 27.4.2021 dell’INPS – Direzione centrale entrate fornisce indicazioni in materia di legislazione applicabile ai distacchi e ulteriori indicazioni su altre casistiche di lavoratori rientranti nell’ambito di applicazione dell’accordo di recesso.
 
Emergenza sanitaria - Ingresso infermieri professionali
La circolare del 22.4.2021 n. 31169 del Ministero dell’interno - Dipartimento per le libertà civili e immigrazione – Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo chiarisce che, ai fini del rilascio del nulla osta all’ingresso degli stranieri infermieri professionali ai sensi dell’art. 27, co. 1, lett. r-bis) d.lgs. n. 286/1998. non deve essere richiesto il provvedimento di riconoscimento dei titoli sanitari qualificanti l’esercizio della professione valendo anche per essi la deroga (fino al 31 dicembre 2021) agli artt. 49 e 50 del d.p.r. n. 394/1999 prevista dal d.l. 183/2020.
 
Emersione
 
Nuova interpretazione illegittimamente restrittiva dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno a seguito di emersione
La circolare del 22.4.2021 n. 31169 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e immigrazione – Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo dispone che nell’ipotesi di conclusione del rapporto di lavoro a tempo determinato nelle more della procedura di regolarizzazione non sarebbe possibile ottenere il permesso di soggiorno per attesa occupazione previsto e disciplinato dall’art. 22 d.lgs. 286/98. La circolare specifica, infatti, che la procedura possa proseguire solo nell’eventualità in cui il datore di lavoro manifesti la volontà di prorogare il precedente rapporto, o anche di volere nuovamente assumere il lavoratore e che nel caso invece in cui il datore di lavoro non abbia l’intenzione di volere prorogare il rapporto, né di volere nuovamente assumere il lavoratore non si ritiene possibile rilasciare un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Molte associazioni, tra cui ASGI, hanno firmato una lettera al Ministero dell’interno in cui ritengono illegittima questa interpretazione e chiedono il ritiro di questa circolare che è in palese contrasto con il chiaro dettato normativo.
Difatti, l’art. 103, co. 4, secondo periodo, d.l. 34/2020, stabilisce che «Nei casi di cui ai commi 1 e 2, se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, al fine dello svolgimento di ulteriore attività lavorativa».
Tale disposizione del TU immigrazione in attuazione della Convenzione OIL 143/75 precisa che «La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. […]».
L’insieme di dette disposizioni non lascia alcun margine interpretativo nel senso indicato dalla circolare, la quale stabilisce ipotesi di rigetto innovative e contra legem che, se non immediatamente ritirate, rischiano di compromettere ulteriormente la già fragile applicazione della legge di natura speciale, di regolarizzazione/emersione della condizione giuridica dei lavoratori stranieri e degli stessi rapporti di lavoro interessati.
Occorre, con l’occasione, evidenziare che, in relazione all’iscrizione al Centro per l’impiego, una volta cessato il rapporto di lavoro oggetto della procedura di regolarizzazione, non sono affatto previsti limiti al settore di impiego, in quanto il rinvio espresso alla disciplina generale di cui all’art. 22 co. 11, d.lgs. 286/98 permette di sottrarre all’“eccezionalità” delle disposizioni dell’art. 103 d.l. n. 34/2020 e di interpretare il diritto di iscrizione al CPI nell’ambito delle ordinarie disposizioni di legge, le quali recepiscono la Conv. OIL 143/75 (ribadito dall’art. 2. co. 3, d.lgs. 286/1998) e cioè un obbligo internazionale dello Stato italiano, che esclude limiti categoriali/merceologici all’accesso all’impiego se non espressamente previsti dalla normativa.
La seconda parte della circolare, allorquando afferma che «non si ravvisano ragioni ostative al subentro di un diverso datore di lavoro che, nell’ambito della stessa procedura di emersione, si renda disponibile ad instaurare un nuovo rapporto di lavoro con il medesimo lavoratore straniero e a sottoscrivere il prescritto contratto di soggiorno» presenta profili di ambiguità e andrebbe pertanto chiarito che non sussistono limiti categoriali nell’accesso al nuovo impiego con diverso datore di lavoro.
Peraltro, occorre considerare che il rapporto di lavoro in agricoltura (cui pare prioritariamente rivolgere l’attenzione la citata circolare) è, nella maggior parte dei casi, caratterizzato da contratti di lavoro a tempo determinato – per ragioni innanzitutto produttive che ovviamente non è questo il luogo di discutere – motivo per cui una lettura come quella ipotizzata nella circolare determinerebbe il rigetto della maggior parte delle domande proposte in tale settore e un conseguente contenzioso gravoso, sia per i privati che per l’erario.
La suddetta interpretazione del Ministero si pone in evidente contrasto con la circolare congiunta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’interno del 24 luglio 2020, che ha fornito importanti chiarimenti su diversi aspetti della procedura di regolarizzazione, affermando, ad esempio, che per i rapporti di lavoro in agricoltura a tempo determinato avrebbe dovuto essere assicurata la garanzia occupazionale minima di almeno 5 giornate lavorative.
Tale indicazione viene ora di fatto sovvertita attraverso un’interpretazione opposta e difforme, in base alla quale il rapporto di lavoro deve durare sino alla data di convocazione presso lo Sportello unico per l’immigrazione, mentre, qualora si sia esaurito nelle more della procedura di regolarizzazione, l’istanza verrebbe rigettata.
La circolare si pone, inoltre, in contrasto con la precedente circolare prot. 4623 del 17 novembre 2020 in base alla quale, in caso di conclusione del rapporto di lavoro nelle more del procedimento lo Sportello unico per l’immigrazione, si deve rilasciare un permesso per attesa occupazione a meno non sia comprovato che la domanda non sia stata presentata strumentalmente per il rilascio del titolo di soggiorno.
L’interpretazione contenuta nella circolare qui in discussione, oltre che errata, addossa irragionevolmente il colpevole ritardo nella definizione delle domande di emersione a danno dei lavoratori e dei datori di lavoro, in palese violazione dei termini procedimentali generali (art. 10-bis legge n. 241/1990), in quanto se le Amministrazioni preposte al completamento delle procedure di regolarizzazione avessero tempestivamente istruito le domande, sarebbero state poche le cessazioni dei rapporti di lavoro nelle more della procedura stessa.

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