Rassegna di giurisprudenza italiana: Allontanamento e trattenimento

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In questa rassegna diamo conto degli orientamenti giurisprudenziali emersi nei primi mesi del 2020 in tema di espulsioni, allontanamenti e trattenimenti. L’emergenza dovuta alla pandemia ha influenzato alcune decisioni di merito relative alle convalide e proroghe dei trattenimenti nei C.P.R., laddove, evidentemente, 
l’impossibilità di dare esecuzione alle espulsioni in conseguenza della chiusura di gran parte delle frontiere con i Paesi terzi e l’interruzione dei collegamenti aerei, ha determinato alcuni provvedimenti di mancata convalida. Analogamente, sul versante dei trattenimenti dei richiedenti asilo, la sospensione delle attività delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale ha determinato il venir meno delle esigenze cautelari in attesa delle decisioni delle procedure amministrative. Pressoché nulla, invece, è stata l’incidenza dell’impossibilità di garantire il c.d. distanziamento sociale nei Centri di detenzione amministrativa, anche se si è verificata un tendenziale diminuzione delle persone trattenute.
 
ESPULSIONI
L’incidenza del diritto alla protezione internazionale su respingimenti ed espulsioni
La violazione dell’obbligo d’informazione
Un cittadino tunisino, sbarcato sulle coste siciliane, veniva fatto oggetto di provvedimento di respingimento differito lo stesso giorno dell’arrivo, con ordine di allontanamento del questore, avverso il quale proponeva ricorso ex art. 702-bis c.p.c. al Tribunale di Palermo lamentando il mancato accesso alla procedura di protezione internazionale.
Con ordinanza 20.1.2020, il Tribunale di Palermo accoglieva il ricorso e, per l’effetto, dichiarava la nullità tanto del decreto di respingimento quanto del conseguente ordine di allontanamento. Nella parte motiva, il Tribunale innanzitutto affermava la propria competenza per materia a conoscere la controversia in questione, richiamando la nota sentenza delle SU 17.6.2013 n. 15115 che chiarì come il provvedimento di respingimento del questore incidesse su situazioni soggettive aventi consistenza di diritto soggettivo riguardando, da un lato, l’accertamento positivo dei presupposti di fatto previsti dalla legge e, dall’altro, l’accertamento negativo dei presupposti per accedere alla protezione internazionale: il che determina la giurisdizione del giudice dei diritti. Quanto al merito, il giudice, dopo avere richiamato la Direttiva 2013/32/UE in merito alle garanzie previste a tutela del diritto di informazione dei migranti finalizzate all’esercizio della facoltà di chiedere protezione internazionale, opportunamente citava la giurisprudenza di legittimità che sanziona – a pena di nullità del decreto di respingimento – la violazione del dovere di informazione circa la possibilità di accesso alla protezione, informazione che deve essere fornita dall’Amministrazione prima dell’adozione di provvedimenti ablativi.
 
L’espulsione disposta prima della decisione giurisdizionale relativa alla sospensione dell’efficacia esecutiva del rigetto della domanda di protezione internazionale
Com’è noto, l’art. 35-bis, co. 3, d.lgs. 25/2008 indica i casi in cui la proposizione del ricorso giurisdizionale avverso la decisione negativa della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale non sospende automaticamente l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato. Ai sensi del successivo comma 4, il giudice, ove richiesto, può però accordare la tutela cautelare, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni, con decreto motivato pronunciato entro cinque giorni dalla presentazione della relativa istanza.
Il Giudice di pace di Messina ha annullato un decreto di espulsione emesso nei confronti di uno straniero richiedente asilo, che aveva dimostrato sia la pendenza del ricorso avverso la decisone negativa che la contestuale proposizione dell’istanza di sospensiva, prima della decisione del Tribunale sulla domanda cautelare. A tanto perviene il giudicante con la corretta interpretazione sia del citato art. 35-bis che dell’art. 46, §8, della dir. 2013/32/UE a mente del quale gli Stati membri autorizzano il richiedente a rimanere sul loro territorio nell’attesa dell’esito della procedura volta a decidere se questi possa rimanere nel territorio nei casi in cui, come quello in esame, la proposizione del ricorso non è assistita dalla previsione di sospensione automatica dell’efficacia esecutiva del diniego della commissione territoriale.
 
Domanda di protezione internazionale proposta dopo l’adozione di un decreto espulsivo
Cass. civ., sez. I, ord. 5437/2020, pubblicata il 27.2.2020, tenta di trovare un punto di equilibrio tra due differenti orientamenti di legittimità circa gli effetti sul provvedimento ablativo di una domanda di protezione proposta dopo l’adozione dello stesso. Trattasi di questione più teorica che pratica, posto che restano ferme le previsioni di cui agli artt. 6 e ss., d.lgs. 142/2015, che, tuttavia, merita di esser segnalata anche per l’approfondita motivazione.
Questo il quesito: una domanda di protezione internazionale avanzata dopo l’adozione di un decreto espulsivo è di per sé idonea a determinarne l’annullamento? A prescindere, ovviamente, dalla sua esecutività, che è sospesa.
Osserva il Ministero ricorrente che il giudice dell’espulsione è tenuto esclusivamente a verificare l’esistenza dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione al momento della sua adozione, essendo irrilevante la domanda di protezione successivamente proposta ai fini della legittimità dell’atto ablativo, pur riconoscendo l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in seno alla Corte di legittimità.
Invero, la tesi del ricorrente è conforme a Cass. 12.11.2018, n. 28860, secondo cui il provvedimento di espulsione è obbligatorio a carattere vincolato, mentre altra pronuncia (Cass. 26.7.2018, n. 19819) valorizza il diritto dello straniero a rimanere sul territorio dello Stato per tutto il tempo necessario all’esame della domanda di protezione, anche se proposta successivamente all’adozione dell’espulsione, ferma restando la possibilità di disporre il suo trattenimento, ove la domanda appaia strumentale.
Secondo l’ordinanza in commento, le due pronunce citate muovono dalla considerazione di norme che non possono interferire, perché si collocano su piani distinti. Il ragionamento muove dall’attribuzione della materia dell’espulsione prefettizia alla giurisdizione ordinaria (a partire dalla l. n. 40/1998): trattasi di diritto soggettivo (quello di non essere espulso) che è coerente con l’assenza di un potere discrezionale in capo alla P.A., a differenza dell’espulsione ministeriale di cui all’art. 13, co. 1, d.lgs. 286/98, le cui controversie ricadono nell’ambito della giurisdizione amministrativa. Peraltro, il c.d. automatismo espulsivo è stato ritenuto dalla Corte costituzionale come il riflesso del principio di stretta legalità che permea l’intera disciplina dell’immigrazione, idoneo a scongiurare possibili arbitri da parte dell’amministrazione (Corte cost. sent. n. 148/2008). Da qui i limiti al sindacato giurisdizionale del giudice dell’espulsione cui è inibita ogni valutazione dell’atto presupposto – il provvedimento di rifiuto del permesso di soggiorno – che ricade nell’ambito della giurisdizione amministrativa (Cass., SU, n. 22217/2006). Su tale linea ermeneutica si muove Cass. 12.11.2018, n. 28860: il giudice dell’espulsione deve verificare l’esistenza delle condizioni previste dalla legge al momento dell’adozione dell’atto, quindi, per quel che qui rileva, la mancata presentazione d’una domanda di protezione, a nulla rilevando che questa sia presentata successivamente.
Al contrario, Cass. 26.7.2018, n. 19819 assegna centralità alla prospettiva della protezione internazionale, e, segnatamente, al diritto di chi ha presentato richiesta di protezione internazionale a soggiornare sul territorio nazionale fino all’esito della sua domanda.
Tuttavia, secondo l’ordinanza in commento, la normativa non considera l’ipotesi della presentazione della domanda di protezione internazionale nel lasso di tempo intercorrente tra l’adozione del decreto di espulsione e la decisone del Giudice di pace sul ricorso avverso il provvedimento ablativo.
Secondo Cass. 26.7.2018, n. 19819, occorre valorizzare CGUE 30.5.2013, C-534711, Arslan, secondo cui la Direttiva 2008/115 (c.d. Direttiva rimpatri) non si applica al richiedente asilo durante il periodo che intercorre tra la presentazione della domanda e la relativa decisione (amministrativa o giurisdizionale) salva la possibilità di disporre/mantenere il trattenimento ove appaia che la richiesta di protezione sia stata avanzata strumentalmente, al solo scopo di eludere o ritardare l’esecuzione della decisione di rimpatrio. Consegue pertanto il diritto del richiedente a restare sul territorio; il che comporta il divieto di espulsione, indipendentemente dal momento di presentazione della domanda di protezione.
Palese è dunque il contrasto giurisprudenziale, che viene risolto (temporaneamente, in attesa di eventuale rinvio alle Sezioni unite) con l’affermazione del seguente principio di diritto:
«Nel caso in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta a seguito della pronuncia del decreto di espulsione in danno del medesimo, detto decreto non è colpito da alcuna forma di sopravvenuta invalidità, ma è solo sospeso quanto alla sua efficacia, con la conseguenza che il Giudice di pace adito a norma dell'art. 13, co. 8, d.lgs. n. 286/1998 non può, in ragione di tale domanda, pronunciarne l’annullamento».
 
I criteri di valutazione della pericolosità sociale posta a sostegno del decreto di espulsione
Ricorre per Cassazione uno straniero – cui era stata riconosciuta la protezione umanitaria – attinto da decreto di espulsione per motivi di pericolosità sociale (art. 13, co. 2, lett. c), d.lgs. 286/98), lamentando, tra l’altro, la motivazione apparente del decreto del Giudice di pace per avere omesso di valutare complessivamente la situazione personale del ricorrente e non aver tenuto in considerazione alcuna il pericolo cui sarebbe andato incontro in caso di rimpatrio, pur documentato in occasione del giudizio di primo grado.
La Suprema Corte (ordinanza 3.3.2020 n. 5872) accoglie tale motivi di ricorso e, per l’effetto, annulla con rinvio il gravato decreto, sul presupposto che la valutazione di pericolosità era stata effettuata esclusivamente sulla scorta dei numerosi precedenti penali e sulla avvenuta sottoposizione a misure di prevenzione del ricorrente, richiamando il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. 20692/2019) secondo cui i precedenti penali, pur costituendo elementi da prendere in considerazione nell’apprezzamento del giudice di merito, non possono esaurire il giudizio di pericolosità sociale dello straniero, dovendosi altresì valutare la sua personalità quale si desume dalle condotte di vita, criterio utile al fine del compimento della complessiva ponderazione circa l’attuale pericolosità sociale. Infine, la Corte osserva che nel decreto impugnato nulla si rinviene circa la valutazione della violazione del principio di non refoulement, pure espressamente dedotto nei motivi di ricorso al Giudice di pace.
 
Profili formali
I limiti all’obbligo di traduzione del decreto espulsivo nelle lingua madre del destinatario
L’omessa traduzione del decreto di espulsione in lingua conosciuta dall’interessato, o in lingua veicolare indicata dallo stesso, comporta la nullità del decreto espulsivo, salvo che lo straniero conosca la lingua italiana e che di tale circostanza venga fornita prova, anche presuntiva. In applicazione di tale costante indirizzo giurisprudenziale, la Corte di cassazione con ordinanza 31.3.2020 n. 7614 ha rigettato un ricorso – fondato sulla violazione dell’obbligo di traduzione in lingua bangla e tradotto in inglese – posto che nel c.d. “foglio notizie” lo straniero aveva dichiarato di parlare e comprendere la lingua italiana ed aveva indicato quella inglese come preferita per le notifiche.
 
Sottoscrizione del decreto di espulsione
La Corte di cassazione con ordinanza 3.3.2020 n. 5881, decidendo nel merito, ha annullato senza rinvio un decreto di espulsione perché, nell’ordinanza impugnata, il Giudice di pace aveva omesso qualsiasi verifica in ordine alla qualifica del sottoscrittore del provvedimento ablativo in sostituzione del prefetto e, quindi senza verificare se tale soggetto necessitasse o meno di specifica delega dell’autorità deputata per legge. L’ordinanza in questione si sofferma sulla costante giurisprudenza della Corte di legittimità secondo cui la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, viceprefetto vicario e viceprefetto aggiunto), non esclude la facoltà di delega delle attribuzioni del delegante, indipendentemente da quelle del delegato. Tuttavia, mentre la delega non è necessaria nel caso di sottoscrizione del decreto esclusivo da parte del viceprefetto vicario (che può sostituire il prefetto in tutte le sua attribuzioni), è invece illegittimo il decreto espulsivo sottoscritto dal viceprefetto aggiunto, in assenza di delega prefettizia.
 
La convalida dell’accompagnamento
Com’è noto, l’accompagnamento coattivo alla frontiera dello straniero espulso costituisce una delle modalità di esecuzione dei provvedimenti ablativi, tuttavia i tempi strettissimi entro i quali l’autorità giudiziaria deve procedere alla convalida ai sensi dell’art. 13, co. 5-bis, d.lgs. 286/98, talvolta inducono riflessi illegittimi sulle procedure, come nei casi di cui si dà conto.
Così la Corte suprema con ordinanza 24.2.2020 n. 4806 ha cassato – ovviamente senza rinvio – un decreto di convalida dell’ordine del questore di accompagnato coattivo di un cittadino kosovaro che, pur avendo nominato un difensore di fiducia al momento del suo fermo presso la competente questura, è stato assistito da un difensore d’ufficio perché non era stato dato avviso della celebrazione dell’udienza di convalida a quello fiduciario precedentemente nominato. Osserva la Corte che il principio dell’effettività ed efficacia della difesa tecnica non si riduce ad una mera formalità (per cui è sufficiente l’assistenza di un difensore purchessia), ma rappresenta lo strumento operativo per inverare il principio del giusto processo. Del resto, l’espressa previsione normativa secondo cui lo straniero espellendo è assistito, nel giudizio di convalida dell’accompagnamento coattivo che incide significativamente sulla libertà personale, da un difensore d’ufficio solo ove sia privo di quello fiduciario, costituisce chiaro indice della primazia della difesa fiduciaria.
Analogamente, la Cassazione con sentenza 13.3.2020 n. 7148 ha annullato il decreto di convalida dell’accompagnamento coattivo alla frontiera di un cittadino dell’UE, disposto dal Tribunale di Milano, in assenza del difensore fiduciario che non aveva potuto partecipare all’udienza fissata alle ore 13,00 del 25.10.2017 perché notiziato alle ore 12.12 dello stesso giorno, mentre si trovava in altra udienza al Tribunale di Como e, quindi, fisicamente impossibilitato a parteciparvi. Osserva il Supremo Collegio che la tempestività dell’informazione che deve essere fornita all’interessato, ai sensi dell’art. 13, co. 5-bis, d.lgs. 286/98, circa la data di fissazione dell’udienza, deve essere valutata in relazione alla funzione dell’informazione stessa che deve consentire all’interessato di partecipare all’udienza per difendersi nominando eventualmente un difensore di fiducia.
Con altra ordinanza (n. 5880 del 3.3.2020), la Cassazione ha precisato che nel giudizio di legittimità avente ad oggetto la convalida del decreto questorile di accompagnamento coattivo alla frontiera, il contraddittorio con l’Amministrazione è correttamente instaurato con la notifica del ricorso al Ministero dell’interno presso l’Avvocatura generale dello Stato.
 
Allontanamento cittadino UE: legittimazione passiva
Nei ricorsi avverso i decreti di allontanamento disposti dal prefetto nei confronti dei cittadini di Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari (anche non aventi la cittadinanza di uno Stato membro), disposti per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per cessazione delle condizioni che determinano la cessazione del diritto al soggiorno, di cui all’art. 22, d.lgs. 30/2007, legittimato passivo è il Ministero dell’interno cui l’atto deve essere notificato presso la sede dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede il Tribunale competente. Così ha statuito la Cassazione con sentenza del 9.1.2020 n. 269, precisando che non sussiste la legittimazione passiva del prefetto, sia perché tale legittimazione non è prevista dall’art. 17, d.lgs. 150/2011 che disciplina tali impugnazioni, sia perché – a differenza dei giudizi avverso i decreti di espulsione prefettizi disposti nei confronti di cittadini di Paesi terzi – il prefetto non può stare in giudizio personalmente né avvalersi di funzionari delegati.
 
TRATTENIMENTO
In occasione della pandemia da covid-19, anche i giudici del trattenimento sono stati investiti di questioni legate dell’emergenza sanitaria mondiale.
I giudici, sollecitati dai difensori delle persone trattenute, hanno preso in considerazione da un lato il diritto alla salute e dall’altro la ragionevole probabilità di esecuzione del rimpatrio.
Così il Tribunale di Roma più occasioni ha rigettato la richiesta di proroga del trattenimento di cittadini stranieri richiedenti asilo, osservando che l’emergenza sanitaria in atto e le disposizioni limitative degli spostamenti dal territorio nazionale avrebbero comunque impedito il rimpatrio e l’esecuzione del provvedimento di espulsione, e che la restrizione della libertà personale deve essere bilanciata con il diritto alla salute ( decreto 18.3.2020 R.G. 15892/2020 ; decreto 1.4.2020 R.G. 76677/2019 ; decreto 3.4.2020 R.G. 62486/2019 ; decreto 10.4.2020 R.G. 9182 ; decreto 22.4.2020 R.G. 80895/2019 ; nello stesso senso anche il decreto del Giudice di Pace di Roma 8.4.2020 R.G. 16560/2020 ). Si segnala peraltro una decisione di segno contrario, in cui il Tribunale ha autorizzato la proroga ritenendo prevalenti gli elementi di pericolosità sociale a fronte delle misure di prevenzione sanitaria (presenza di personale sanitario, dotazione di guanti e mascherine, possibilità effettiva di distanziamento, stante il contenimento degli ingressi rispetto alla capienza dei locali) adottate dalla questura nel C.P.R. ( decreto 8.5.2020 R.G. 2295/2020 ).
Il Tribunale di Roma, investito di un ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale proposto da una cittadina straniera trattenuta, ha disposto con decreto   25.3.2020 R.G. 16574/2020 , contestualmente alla sospensione del provvedimento impugnato, l’immediata liberazione della ricorrente, considerato che la privazione della libertà personale in spazi ristretti avrebbe reso difficoltoso garantire le misure previste a garanzia della salute dei singoli. Per le stesse ragioni il Tribunale di Roma ha accolto con decreto 27.3.2020 R.G. 16573/2020 una istanza di riesame proposta da una richiedente asilo trattenuta e ha disposto la cessazione del trattenimento.
Infine il Tribunale di Trieste con decreto 18.3.2020 R.G. 980/2020 non ha convalidato il trattenimento di un richiedente asilo rilevando che la sospensione delle audizioni dei richiedenti asilo, disposta dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, faceva venir meno il nesso di strumentalità tra il trattenimento e il concreto svolgimento degli accertamenti cui il trattenimento è funzionale.
 
Avviso al difensore
La Corte di cassazione ha ribadito con ordinanza sez. I del 24.2.2020 n. 4806 che l’omesso avviso della fissazione dell’udienza di convalida dell’ordine del questore di accompagnamento coattivo dello straniero, espulso con decreto del prefetto, al difensore di fiducia dello straniero stesso, da questi previamente nominato, integra nullità del procedimento, per violazione del diritto dell’espulso ad una difesa tecnica compiutamente predisposta dal patrono fiduciario.
La Corte ha ricordato che l’art. 13, co. 5-bis, d.lgs. 286/1998, riformulato dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 13 e 24 della Costituzione, deve essere interpretato nel senso che il destinatario del provvedimento di accompagnamento alla frontiera ha diritto di essere tempestivamente informato dell’udienza di convalida e ha diritto, altresì, di farsi assistere all’udienza da un difensore di fiducia.
Il principio di effettività ed efficacia del diritto di difesa, osserva la Corte, si realizza quando il diritto all’assistenza tecnica non si riduca all’adempimento di una mera formalità, ma rappresenti lo strumento operativo per inverare il principio del giusto processo sotto il profilo dell’effettività del contraddittorio. La Corte rileva che solo la nomina fiduciaria consente di approntare per tempo una accorta difesa dell’espulso destinatario di una misura suscettibile di incidere significativamente sulla libertà personale, e infatti il legislatore privilegia la difesa di fiducia, prevedendo una nomina d’ufficio solo quando quella manchi. Conclude la Corte che si tratta di una fondamentale garanzia procedurale, la cui violazione (debitamente provata, nel caso di specie, con la dimostrazione della nomina fiduciaria avvenuta al momento del fermo) comporta la nullità del decreto di convalida del trattenimento.
 
Contraddittorio e proroga, presenza dello straniero trattenuto
Nell’ordinanza sez. I del 3.3.2020 n. 5871 la Corte di cassazione esamina il caso di un cittadino straniero trattenuto, che lamenta la mancata partecipazione all’udienza di proroga del trattenimento. La Corte richiama i propri precedenti in cui è stata affermata la necessità della partecipazione del difensore e l’audizione dell’interessato all’udienza di proroga, ma dichiara il motivo inammissibile perché il ricorrente non ha indicato se la mancata partecipazione e audizione fosse conseguenza dell’omesso avviso di fissazione dell’udienza, e quindi dovuta a causa non imputabile alla parte, o se invece fosse dovuta a una sua scelta.
Alcuni provvedimenti di merito sopra citati ( Trib. Roma, decreto 1.4.2020 R.G. 76677/2019 ; id., decreto 10.4.2020 R.G. 9182 ; id., decreto 22.4.2020 R.G. 80895/2019 ; id., decreto 8.5.2020 R.G. 2295/2020 ) rilevano sotto il profilo procedurale che la partecipazione dell’interessato all’udienza di proroga, pacificamente ammessa dalla Corte di legittimità, è qualificabile come un diritto il cui esercizio è rimesso alla facoltà dell’interessato che è onerato della relativa richiesta.
 
Manifesta illegittimità dell’atto presupposto
La Corte di cassazione torna, con ordinanza sez. I del 13.1.2020 n. 378, sull’ambito di cognizione del giudice della convalida e in particolare sul sindacato che tale giudice può compiere in relazione all’atto presupposto, normalmente un decreto prefettizio di espulsione. La Corte ha ricordato il principio, affermato a partire dal 2014, secondo cui il giudice della convalida non può sindacare la legittimità del decreto di espulsione, ma deve verificarne incidentalmente, oltre all’esistenza e all’efficacia, anche la non manifesta illegittimità; e tale manifesta illegittimità consiste nell’avere l’Amministrazione agito al di fuori della propria competenza ovvero in mala fede. Nel caso di specie, la Corte rileva che il ricorrente non ha indicato di aver sollevato, nell’udienza di convalida, questioni attinenti la manifesta illegittimità.
 
Misure alternative al trattenimento
In seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 20.12.2019, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, co. 1-bis, d.lgs. 286/1998 (di cui si era dato conto nella precedente rassegna), la Corte di cassazione con ordinanza sez. I del 3.3.2020 n. 5878 ha rigettato il ricorso in cui si lamentava l’adozione del decreto di convalida delle misure alternative al trattenimento senza il previo svolgimento di un’udienza davanti al giudice con la partecipazione necessaria di un difensore dell’interessato.
 
Motivazione
La Corte di cassazione, con ordinanza sez. I del 17.1.2020 n. 1067, ribadisce che il giudice chiamato a convalidare il trattenimento del cittadino straniero deve dare conto delle ragioni che consentono il trattenimento. La Corte chiarisce che la motivazione del provvedimento di convalida del trattenimento, in ragione della particolare natura ed urgenza della procedura in cui si innesta, può essere succinta ovvero richiamarsi ad altri atti del procedimento amministrativo sottostante, ma, trattandosi di provvedimento destinato ad incidere sulla libertà personale del soggetto, deve comunque dare conto delle ragioni che consentono il trattenimento. Esaminando il caso di specie, la Corte ritiene apparente la motivazione che non indichi gli elementi fattuali che denotano in concreto un pericolo «per l’ordine e la sicurezza pubblica» e rinvii a un dato ricavato da un mero controllo di carattere informatico – di cui dava atto il provvedimento del questore («da un controllo sul SISII sono emerse problematiche a carattere di sicurezza nazionale») – del cui esito documentale non vi era traccia, né negli atti allegati al provvedimento amministrativo con cui era stato disposto il trattenimento, né nello stesso decreto impugnato che non ne riproduceva il contenuto essenziale, con la conseguenza che l’obbligo di motivazione non poteva neppure ritenersi assolto per relationem.
Nella citata ordinanza sez. I del 13.1.2020 n. 378, la Corte rigetta il motivo di ricorso con cui si denunciava il difetto assoluto di motivazione in relazione: all’asserita mancanza di un vettore, all’asserita impossibilità di applicare una misura meno coercitiva, all’asserito rischio di fuga, all’asserito pericolo di sottrazione all’esecuzione del rimpatrio, all’asserita pericolosità, perché il ricorrente non ha allegato di aver sollevato le questioni sopra indicate davanti al Giudice di pace, e anzi dal provvedimento di convalida risultava che la difesa si era appuntata solo su questioni attinenti al decreto di espulsione.
Con ordinanza sez. I del 3.3.2020 n. 5878 citata sopra la Corte ha ritenuto sufficientemente motivato il decreto di convalida delle misure alternative al trattenimento in cui il Giudice di pace si era limitato a rilevare la legalità della procedura, la legittimità del provvedimento e l’assenza di eccezioni e/o cause esimenti.
In relazione alla motivazione della richiesta di proroga del trattenimento di un richiedente asilo si è pronunciato il Tribunale di Roma, con decreto del 3.4.2020 R.G. 62486/2019 e con decreto 18.3.2020 R.G. 15892/2020 , osservando tra l’altro che la Questura non aveva addotto, nella richiesta di proroga, alcuna motivazione sulla necessità del mantenimento del provvedimento di trattenimento, sulla proporzionalità di tale misure nel caso concreto, né infine sulla natura pretestuosa della richiesta di asilo.
 
Precedente detenzione
Nella citata ordinanza sez. I del 3.3.2020 n. 5871 la Corte di cassazione ribadisce altresì che, ai fini del superamento del termine di cui all’art. 14, co. 5, d.lgs. n. 286 del 1998, non assume rilievo il periodo di detenzione sofferto presso una struttura carceraria per reati comuni in epoca risalente rispetto alla data del trattenimento presso il Centro di identificazione ed espulsione, occorrendo che sussista un rapporto di continuità temporale tra il trattenimento presso la struttura carceraria e quello presso il Centro.
 
Pericolo di fuga
In due casi il Tribunale di Roma, esaminando la richiesta di proroga del trattenimento di richiedenti asilo, la cui domanda di protezione internazionale era stata rigettata con provvedimento impugnato avanti al competente Tribunale, ha escluso la sussistenza del rischio di fuga visto il forte radicamento sul territorio e la disponibilità di un alloggio ( Tribunale di Roma, decreto 13.3.2020 R.G. 3406/2020 e decreto 13.3.2020 R.G. 3405/2020 ).