Osservatorio italiano

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Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali

Il divieto di respingimento o espulsione o estradizione dello straniero verso Paesi in cui potrebbe subire torture o trattamenti inumani o degradanti e il divieto di immunità e l’estradizione concernenti lo straniero condannato o indagato per reati di tortura in altri Stati
La legge 14.7.2017, n. 110 (pubblicata nella G.U. serie gen. n. 166 del 18.7.2017) introduce nell’ordinamento italiano il delitto di tortura, dando espressa attuazione (seppur molto discussa) all’obbligo di punire ogni violenza fisica o morale contro le persone sottoposte a misure restrittive della loro libertà personale, previsto sia dall’art. 13 Cost., sia dalle molte Convenzioni internazionali già in vigore per l’Italia.
Ai fini del diritto degli stranieri acquistano particolare rilevanza gli artt. 3 e 4 della legge.
L’art. 3 introduce tra i divieti di espulsione e respingimento già previsti dall’art. 19 del Testo unico immigrazione (d.lgs. 286/1998) anche un nuovo comma 1.1. che prevede che sono vietate le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni volta che sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi nei confronti dei quali queste misure amministrative dovrebbero produrre i loro effetti, la persona rischi di essere sottoposta a tortura. La disposizione (sostanzialmente aderente al contenuto dell’art. 3 della Convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1984) precisa che tale valutazione tiene conto se nel Paese in questione vi siano violazioni «sistematiche e gravi» dei diritti umani.
Come è noto numerose banche dati pubbliche e private, italiane, straniere e di organizzazioni internazionali, anche non governative raccolgono sistematicamente notizie sui Paesi di origine degli stranieri, soprattutto al fine della valutazione delle domande di asilo, ma le medesime informazioni possono senz’altro fornire un quadro completo e attuale dell’effettiva situazione concernente i diritti umani in ogni Stato.
L’art. 4 prevede altresì che non può essere riconosciuta alcuna forma di immunità agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un Tribunale internazionale e che, nel rispetto del diritto interno e dei Trattati internazionali, in tali casi lo straniero è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un Tribunale internazionale, verso il Tribunale stesso o lo Stato individuato ai sensi dello statuto del medesimo Tribunale.
 

Trasferimento al Ministero della salute della responsabilità per i rimborsi delle spese delle cure degli stranieri indigenti non iscritti al Servizio sanitario nazionale

L’art. 32 del decreto-legge 24.4.2017, n. 50 (pubblicato nella G.U. n. 95 del 24.4.2017 – suppl. ord. n. 20), convertito con modificazioni nella legge 21.6.2017, n. 96 (pubblicato in suppl. ord. n. 31, relativo alla G.U. 23.6.2017, n. 144) prevede dal 1° gennaio 2017 il trasferimento dal Ministero dell’interno al Ministero della salute della responsabilità per i rimborsi delle spese delle prestazioni urgenti o essenziali, ancorché non continuative, ospedaliere o ambulatoriali, erogate agli stranieri indigenti non iscritti al Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 35, co. 6, d.lgs. 25.7.1998, n. 286, in coerenza con le risorse a tal fine stanziate nel bilancio dello Stato in apposito capitolo di spesa. Si prevede anche che il Ministero della salute si fa carico della gestione dei rimborsi delle spese pregresse tuttora pendenti, a seguito della ricognizione che deve essere effettuata da parte delle Regioni e Province autonome in contraddittorio con le prefetture, le cui risultanze devono essere comunicate al Ministero della salute entro il 30 aprile 2017.
In particolare si prevede che il finanziamento di tali rimborsi, nei limiti delle risorse a tal fine iscritte nello stato di previsione del Ministero della salute, avviene sulla base delle prestazioni effettivamente erogate agli stranieri in possesso dei requisiti prescritti dall’art. 35, co. 3 e 4, d.lgs. 25.7.1998, n. 286, desumibili dagli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute debitamente consolidati e validati. A decorrere dal primo anno di applicazione di tali nuove norme tali risorse, nei limiti dello stanziamento di bilancio, sono ripartite a titolo provvisorio tra le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base dei dati risultanti dagli elementi informativi presenti nel NSIS del Ministero della salute con riferimento all’anno precedente o comunque all’ultimo anno disponibile e consolidato. Alla regolazione finanziaria dei saldi regionali si provvede, a seguito dell’aggiornamento dei dati relativi agli esercizi precedenti, desunti dal sistema NSIS, tramite compensazione tra ciascuna Regione e Provincia autonoma di Trento e di Bolzano, in sede di ripartizione delle risorse degli anni successivi, sempre nei limiti dello stanziamento delle risorse indicate nel comma 1 dell’art. 32.
La riforma velocizzerà sicuramente i rimborsi a tutte le strutture sanitarie per le cure urgenti o essenziali agli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale così disincentivando prassi elusive regionali che, per evitare ulteriori enormi aggravi di spese poi non ancora effettivamente rimborsate dal Ministero dell’interno, avevano finito per disincentivare il ricorso di tali stranieri alle cure indispensabili per la propria salute.
 

Vaccinazioni obbligatorie dei minori di 16 anni e di tutti i minori stranieri non accompagnati

Il decreto-legge 7.6.2017, n. 73 (pubblicato in G.U. n. 130 del 7.6.2017), convertito con modificazioni nella legge 31.7.2017, n. 119 (pubblicata in G.U. 5.8.2017, n. 182) prevede che al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, nonché di garantire il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017/2019 ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale, per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, determinate vaccinazioni indicate nell’art. 1.
Dunque sono soggetti a questi obblighi vaccinali anche tutti i minori stranieri non accompagnati (da intendersi secondo la definizione data dall’art. 2 l. 7.4.2017, n. 47 quale minorenne non avente cittadinanza italiana o di un altro Stato membro dell’Unione europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano), ma anche quelli di età compresa tra i 16 e i 18 anni, tenendo conto che spesso il loro arrivo in Italia avviene proprio in quelle età e che anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni di legge dopo il loro ritrovamento nel territorio nazionale essi devono essere iscritti al Servizio sanitario nazionale su richiesta del tutore o, prima della sua nomina, dal responsabile del Centro di accoglienza (art. 14 l. n. 47/2017).
Per attuare tale finalità le norme legislative prevedono specifici obblighi a carico di genitori e dirigenti scolastici e sanitari.In primo luogo l’art. 3 prevede, tra l’altro, che i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei Centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti, all’atto dell’iscrizione del minore di età compresa tra zero e sedici anni e del minore straniero non accompagnato, a richiedere ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari la presentazione di idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie indicate all’art. 1 ovvero l’esonero, l’omissione o il differimento delle stesse in relazione a quanto previsto dallo stesso articolo o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente, che eseguirà le vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale prevista in relazione all’età, entro la fine dell’anno scolastico o la conclusione del calendario annuale dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i Centri di formazione professionale regionale. La presentazione di tale documentazione deve essere completata entro il termine di scadenza per l’iscrizione. La documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni può essere sostituita dalla dichiarazione sostitutiva; in tale caso, la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni deve essere presentata entro il 10 luglio di ogni anno.In secondo luogo l’art. 3 bis prevede, tra l’altro, che dall’anno scolastico 2019/2020 nonché dall’inizio del calendario dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i Centri di formazione professionale regionale 2019/2020, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei Centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti a trasmettere alle aziende sanitarie locali territorialmente competenti, entro il 10 marzo, l’elenco degli iscritti per l’anno scolastico o per il calendario successivi di età compresa tra zero e sedici anni e minori stranieri non accompagnati.
 

Risorse aggiuntive ai Comuni che sostengono oneri per l’accoglienza di asilanti

L’art. 15 octies del decreto-legge 20.6.2017, n. 91 (pubblicato in (G.U. n. 141 del 20.6.2017), convertito in legge con modificazioni dalla legge 3.8.2017, n. 123 (pubblicata in G.U. 12.8.2017, n. 188) prevede, al comma 4, che, quale concorso dello Stato agli oneri che sostengono i Comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale, è autorizzata la spesa di 150 milioni di euro per l’anno 2018. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso decreto-legge, sono definite le modalità di ripartizione di tali risorse i Comuni interessati, nel limite massimo di 700 euro per ogni richiedente protezione accolto nei Centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e di 500 euro per ognuno di quelli ospitati nelle altre strutture e comunque nei limiti della disponibilità del fondo. Il Ministero dell’interno, sulla base di uno specifico monitoraggio definisce il contributo spettante a ciascun Comune entro il 30 novembre 2017.
Il comma 5 prevede altresì che negli anni 2018 e 2019, i medesimi Comuni possono innalzare del 10 per cento, a valere sulle risorse disponibili nei rispettivi bilanci, il limite di spesa di cui all’art. 9, co. 28, d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 30.7.2010, n. 122, con riferimento ai rapporti di lavoro flessibile esclusivamente finalizzati a garantire i servizi e le attività strettamente funzionali all’accoglienza e all’integrazione dei migranti. Le risorse corrispondenti a tale spesa non concorrono all’ammontare delle risorse previste per i contratti di lavoro flessibile utilizzabili per le procedure di cui all’art. 20 d.lgs. 25.5.2017, n. 75.
È evidente che tali complesse risorse aggiuntive costituiscono un ristoro per le spese aggiuntive sostenute dai Comuni in cui sono attivi Centri di accoglienza per asilanti, con preferenza per quelli operanti nell’ambito dello SPRAR, e consentono anche a tali Comuni, allorché abbiano avanzi di bilancio, assunzioni di proprio personale in deroga ai limiti previsti dal patto di stabilità interno da destinare proprio alle attività strettamente funzionali all’accoglienza e all’integrazione degli asilanti accolti nel territorio dello stesso Comune.
 

L’accesso degli stranieri ai finanziamenti del Fondo di sostegno della natalità: profili di illegittimità

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8.6.2017 (pubblicato in G.U. 12.9.2017, n. 213) disciplina il Fondo di sostegno alla natalità che era stato istituito dall’art. 1, co. 348, della l. 11.12.2016, n. 232 (Legge di bilancio per l’anno 2017). Tale disposizione, al fine di sostenere le famiglie e di incentivare la natalità, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo di sostegno alla natalità», volto a favorire l’accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1 gennaio 2017, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari.
L’art. 3, co. 1 del decreto consente di accedere al finanziamento anche fideiussorio a favore dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale di bambini nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al compimento del terzo anno di età del bambino ovvero entro tre anni dall’adozione, che abbiano presentato nei termini e secondo le modalità stabilite dal Protocollo d’intesa di cui all’art. 4, co. 2, stipulato tra il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Associazione bancaria italiana, la certificazione attestante la nascita o l’adozione del proprio figlio. Nel caso di responsabilità o affido condiviso è ammesso un solo prestito. L’art. 4 del decreto precisa la natura della garanzia del Fondo che è concessa nella misura del 50 per cento del finanziamento ed è a prima richiesta, incondizionata, irrevocabile e permane per l’intera durata del finanziamento, che in base all’art. 3, co. 4 deve avere una durata non superiore a 7 anni e un ammontare non superiore a 10.000 Euro.L’art. 3, co. 2 del decreto ammette al finanziamento le persone che abbiano la residenza in Italia e che siano cittadini italiani o dell’Unione europea o stranieri titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato in Italia.
La disposizione non menziona i titolari di protezione internazionale e gli extracomunitari titolari di carta di soggiorno per familiari extraUE di cittadini UE regolarmente residenti in Italia, ma la misura deve ritenersi estesa anche a costoro per effetto della parità di trattamento coi cittadini italiani in materia di assistenza sociale prevista rispettivamente dall’art. 27, co. 1 d.lgs. n. 251/2007 e dagli artt. 19 e 23 d.lgs. 6.2.2007, n. 30.
Peraltro appare in ogni caso illegittima la limitazione dell’accesso al Fondo ai soli stranieri titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato in Italia.In primo luogo l’art.1, co. 349 della l. 11.12.2016, n. 232 prevede che il decreto deve stabilire soltanto i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché quelli di rilascio e di operatività delle garanzie. La disciplina dei requisiti dei potenziali beneficiari del Fondo non dovrebbe essere perciò oggetto del decreto, soprattutto allorché esclude dalla misura le famiglie degli stranieri non lungo soggiornanti, mentre il requisito (comune a tutti i beneficiari) della residenza può apparire ragionevole perché consente di svolgere meglio le verifiche degli altri requisiti di accesso al Fondo, il cui ulteriore limite è soltanto l’esaurimento dei fondi disponibili a causa del numero di finanziamenti precedentemente erogati. In secondo luogo la finalità e le condizioni di erogazione del finanziamento del Fondo sembrano avere la natura di prestazione familiare ed è una delle misure, anche economiche, favorite per tutte le famiglie dall’art. 31 Cost. per favorirne la formazione, l’infanzia e l’adempimento dei compiti familiari.Pertanto la restrizione ai soli stranieri titolari di permesso UE per soggiornanti di lungo periodo disposta con una norma di rango sub-legislativo pare violare altre norme aventi rango superiore nel sistema delle fonti del diritto. Infatti il possesso di un titolo di soggiorno della durata di almeno un anno è il requisito indicato nell’art. 41 d.lgs. n. 286/1998 per l’accesso a tutti i tipi di prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale in condizione di parità coi cittadini italiani e più volte la Corte costituzionale l’ha ritenuto limite ragionevole nell’accesso alle prestazioni di assistenza sociale. Inoltre trattandosi di una prestazione familiare si deve applicare ad essa il principio di parità di trattamento col cittadino italiano per le prestazioni familiari previsto dalla direttiva sugli stranieri lavoratori altamente specializzati titolari di carta blu UE (art. 14 direttiva 2009/50) e dalla direttiva sugli stranieri titolari di permesso unico per soggiorno e lavoro (art. 12 direttiva 2011/98), allorché le disposizioni tali direttive rinviano alle prestazioni di sicurezza sociale indicate nel regolamento (CEE) n. 1408/71, tra le quali l’art. 4, par. 1 lett. h) indica proprio le prestazioni familiari.Si ricordano pronunce della Corte costituzionale (306/2008; 11/2009; 187/2010; 329/2011; 40/2011; 40/2013; 22/2015; 230/2015) che hanno dichiarato l’incostituzionalità di altre norme che limitavano irrazionalmente l’accesso alle misure di assistenza sociale ad alcune categorie di stranieri regolarmente soggiornanti.In proposito è significativa anche la sentenza del 21 giugno 2017 della Corte di giustizia dell’Unione europea che, proprio a proposito dell’Italia, ha stabilito che il cittadino non UE titolare del «permesso unico lavoro» deve poter beneficiare di una prestazione come l’assegno a favore dei nuclei familiari con almeno tre figli minori, istituito dalla l. del 23.12.1998, n. 448, perché la direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, che istituisce la procedura unica per il rilascio del cd «permesso unico lavoro» garantisce ai cittadini di Paesi terzi che soggiornano e lavorano nel territorio di uno Stato membro un insieme comune di diritti validi per tutti i lavoratori non comunitari che soggiornano regolarmente e quindi anche le «prestazioni di sicurezza sociale» come l’assegno per le famiglie numerose.

  

I nuovi importi della tassa per il rilascio dei permessi di soggiorno

Il decreto 5.5.2017 del Ministero dell’economia e delle finanze, emanato di concerto con il Ministero dell’interno (pubblicato in G.U. serie gen. n. 131 dell’8.6.2017) ridetermina i contributi per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
Infatti la Corte di giustizia europea dell’UE con sentenza del 2 settembre 2015 aveva ritenuto che l’importo di tale contributo che era previsto dal precedente decreto del 2011 era otto volte più elevato rispetto a quello richiesto per ottenere la carta d’identità nazionale. Perciò le Amministrazioni competenti con questo nuovo decreto hanno ottemperato all’invito rivolto dal Consiglio di Stato, con sentenza 4487/2016, a fissare importi congrui e proporzionali tenendo conto della pronuncia della Corte di giustizia.
Pertanto il nuovo decreto modifica quello che era stato emanato il 6.10.2011, in maniera che la riparametrazione equilibrata e proporzionale del contributo non ostacoli l’esercizio dei diritti conferiti ai cittadini stranieri richiedenti i permessi di lungo soggiorno (direttiva 2003/109/CE).
I nuovi importi dei contributi a carico degli stranieri maggiorenni sono pari a:
- euro 40,00 (invece dei precedenti 80) per permessi di soggiorno di durata superiore a tre mesi e fino ad un anno;
- euro 50,00 (invece dei precedenti 100) per i permessi di soggiorno di durata superiore a un anno e fino a due anni;
- euro 100,00 (invece dei precedenti 200) per permessi di soggiorno UE di lungo periodo e per i permessi di soggiorno rilasciati a dirigenti e lavoratori specializzati.
La ricevuta di pagamento del nuovo contributo deve essere esibita al momento della convocazione in questura per l’acquisizione delle impronte digitali.
Il contributo è dovuto sia per le nuove richieste di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, che per le richieste presentate prima della data del 9 giugno 2017 che siano ancora in fase istruttoria o non sia ancora avvenuta la consegna del permesso allo straniero.
Un nuovo caso di esclusione dal pagamento del contributo è previsto nella semplice richiesta del duplicato del permesso di soggiorno.
Restano esclusi dal contributo i permessi di soggiorno per: i minori di 18 anni, gli stranieri che sono in Italia per cure mediche e i loro accompagnatori, i richiedenti il duplicato o la conversione di permesso di soggiorno in corso di validità, i richiedenti asilo, protezione sussidiaria e motivi umanitari, i titolari di protezione internazionale che richiedono il permesso di soggiorno UE di lungo periodo, le carte di soggiorno per i familiari di cittadini comunitari emesse ai sensi del d.lgs. n. 30/2007.
Per tutti i casi rimangono, comunque, dovuti i seguenti costi per richiedere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, compresi i permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo:
- 30,00 euro per l’assicurata a Poste italiane;
- 16,00 euro per la marca da bollo;
- 30,46 euro per il permesso di soggiorno – PSE 380, a titolo di contributo per la stampa del documento elettronico, da versare sul conto corrente postale n. 67422402 intestato a Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento del tesoro con causale «importo per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico».
Se viene richiesto il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, utilizzando un unico kit di Poste italiane per uno stesso nucleo familiare, deve essere allegata la ricevuta del versamento di 30,46 euro per ciascun componente il nucleo familiare.

  

Forme di agevolazione per la trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno

Con apposito decreto del 30 giugno 2017 del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto col Ministro dell’interno in conformità con i commi 155 e 156 dell’art. 1 della l. 11.12.2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), forme di agevolazione per la trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno:
a) in favore di chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 24 bis del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.p.r. 22.12.1986, n. 917 al fine di favorire l’ingresso di significativi interessi in Italia;
b) in connessione con start-up innovative, con iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca e altri soggetti pubblici o privati italiani.
Agli stranieri che intendono entrare e soggiornare in Italia per queste finalità è assicurato l’accesso diretto e agevolato agli uffici della Rappresentanza diplomatico-consolare competenti per la presentazione della domanda di visto, senza preventivo appuntamento.
In presenza di elevati flussi di richiedenti visto, a tali stranieri è fissato prioritariamente l’appuntamento da parte della Rappresentanza diplomatico-consolare, entro un termine massimo di tre giorni. In tale contesto, gli interessati sono dispensati dal rivolgersi preventivamente, ove presenti, ai fornitori esterni di servizi in materia di visti, di cui all’art. 43 del reg. (CE) n. 810/2009.
Ove consentito dalle strutture logistiche e dalla dotazione organica, la Rappresentanza diplomatico-consolare italiana istituisce uno Sportello riservato ai cittadini stranieri per la ricezione di tali domande di visto.
I requisiti e le condizioni per la richiesta del visto d’ingresso, la documentazione richiesta per ciascuna tipologia di visto, l’indirizzo fisico, il recapito e-mail e il sito internet del Consolato o dell’Ambasciata italiana competente alla trattazione delle domande di visto, e le modalità per richiedere l’eventuale appuntamento, sono elencati al portale informatico Il Visto per l’Italia, che fornisce – in cinque lingue – informazioni personalizzate sulle condizioni di ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia. Informazioni sono pure disponibili allo Sportello dedicato del Ministero degli affari esteri, al numero telefonico +3906 3691 2284, e attraverso la mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Ove possibile, i Consolati e le Ambasciate italiane hanno attivato un apposito servizio di posta elettronica, riservato ai cittadini stranieri che intendono recarsi in Italia per le finalità descritte.
Analoghe agevolazioni sono riconosciute ai familiari che intendano accompagnare o visitare per brevi soggiorni ovvero ricongiungersi con i cittadini stranieri, secondo le disposizioni di cui all’art. 29 d.lgs. n. 286/1998.

Esperiti i controlli di rito e verificata la sussistenza dei requisiti di legge, le Rappresentanze diplomatico-consolari trattano in via prioritaria tali richieste di visto.

 

Procedure di accertamento dei requisiti per il rilascio dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per investitori

 Il decreto del 21 luglio 2017 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’interno e degli affari esteri e della cooperazione internazionale definisce la procedura volta all’accertamento dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno degli investitori che intendono effettuare una delle attività previste dall’art. 26 bis, co. 1 del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998), introdotto dall’art. 1, co. 148 della legge di bilancio 2017, che mira a facilitare l’ingresso di potenziali investitori stranieri per un soggiorno per periodi superiori a tre mesi al di fuori dello quote massime previste dal medesimo TU sull’immigrazione.
Il decreto definisce la procedura di accertamento di tali requisiti da parte dell’apposito Comitato interministeriale, al quale dovrà essere presentata (tramite la piattaforma online) la seguente documentazione:
  1. copia del documento di viaggio in corso di validità con scadenza superiore di almeno tre mesi a quella del visto richiesto;
  2. documentazione con cui il richiedente dimostra di essere titolare e beneficiario effettivo degli importi da destinare agli investimenti, e che tali importi sono disponibili e trasferibili in Italia;
  3. certificazione attestante la provenienza lecita dei fondi costituita da:
- una dichiarazione resa dal soggetto richiedente in cui si indica la fonte dalla quale provengono i fondi;
- certificazione di insussistenza di condanne penali definitive e di carichi pendenti rilasciata dalle autorità competenti dei Paesi diversi dall’Italia nei quali, nei 10 anni precedenti all’invio della candidatura e successivamente al compimento del 18° anno di età, il richiedente ha soggiornato per un periodo superiore a 12 mesi consecutivi;
- dichiarazione in cui il richiedente si impegna a utilizzare i fondi entro tre mesi dall’ingresso in Italia per la realizzazione dell’investimento o della donazione e a mantenere l’investimento per almeno due anni. La dichiarazione è corredata da una descrizione delle caratteristiche e dei destinatari dell’investimento o della donazione.
Il procedimento dovrà concludersi entro 30 giorni dalla ricezione della domanda. Dopo il rilascio del nulla osta, il richiedente potrà presentare la domanda di visto all’ufficio consolare competente per territorio.
 

Le quote di ingresso per il periodo 2017-2019 degli stranieri che partecipano a tirocini formativi o a corsi di formazione professionale

 Il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 24 luglio 2017 (pubblicato in G.U. 9.9.2017) stabilisce che per il triennio 2017/2019 il limite massimo di ingressi in Italia degli stranieri in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio è determinato in:
  1. a) 7.500 unità per la frequenza a corsi di formazione professionale finalizzati al riconoscimento di una qualifica o alla certificazione delle competenze acquisite di durata non superiore a 24 mesi, organizzati da enti di formazione accreditati secondo le norme regionali in attuazione dell’Intesa tra Stato e Regioni del 20 marzo 2008;
  2. b) 7.500 unità per lo svolgimento di tirocini formativi e di orientamento finalizzati al completamento di un percorso di formazione professionale iniziato nel Paese di origine e promossi dai soggetti promotori individuati dalle discipline regionali, in attuazione delle Linee guida in materia di tirocini approvate in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano il 5 agosto 2014.

 

Le quote di ingresso 2017-2018 di sportivi stranieri

Il decreto del 28 luglio 2017 del Ministro per lo sport stabilisce che per la stagione agonistica 2017/2018 il limite massimo d’ingresso degli sportivi stranieri provenienti da Paesi non appartenenti all’UE, che svolgeranno attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le Federazioni sportive nazionali è determinato complessivamente in n. 1149 unità.

 

 Rassegna delle circolari delle amministrazioni statali

 

Cittadini di Paesi terzi

 

Asilo

 

Nuova disciplina delle notificazioni degli atti delle Commissioni in materia di protezione internazionale: tra applicazione e sospensione

 La nuova disciplina delle notificazioni degli atti delle Commissioni in materia di protezione internazionale introdotta nel d.lgs. n. 25/2008 dalla legge n. 47/2017 ha suscitato numerose difficoltà applicative già prima della sua effettiva applicazione, che dovrebbe avvenire a partire dal 17 agosto 2017.
In base alle nuove norme le notifiche degli atti e provvedimenti relativi alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale saranno effettuate presso il Centro in cui il richiedente è accolto.
Le notifiche dovranno avvenire per mezzo dell’invio di una PEC contenente il documento informatico da notificare all’indirizzo PEC indicato dal gestore del Centro.
Il Centro dovrà a tal proposito indicare, oltre all’indirizzo PEC, anche il nominativo di un responsabile il quale, nella veste di pubblico ufficiale, a sua volta dovrà:
- curare la consegna dell’atto o provvedimento al destinatario;
- fargli sottoscrivere la ricevuta di avvenuta consegna (relata di notifica);
- dare immediata comunicazione a mezzo PEC alla Commissione territoriale dell’avvenuta consegna indicando l’ora e la data dell’avvenuta notifica ovvero il rifiuto del richiedente asilo di sottoscrivere la ricevuta di consegna.
La notifica si intende eseguita dal momento in cui il messaggio PEC del responsabile del Centro è disponibile nella casella PEC della Commissione territoriale.
L’art. 11 co. 3 quinques, d.lgs. n. 25/2008, come modificato dal d.l. 27/2017 convertito nella l. n. 46/2017, prevede poi l’obbligo a carico del responsabile del Centro in cui il richiedente asilo è accolto di informare quest’ultimo al momento dell’ingresso nell’accoglienza delle modalità con le quali gli saranno notificati gli atti e i provvedimenti relativi alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
Per facilitare l’adempimento di tali complessi obblighi in un primo tempo con la circolare del 27 luglio 2017 del Ministero dell’interno, Commissione nazionale per il diritto di asilo erano state predisposte note esplicative sulle notificazioni degli atti e dei provvedimenti delle Commissioni territoriali ai richiedenti asilo accolti in Centri o strutture di accoglienza. Alla circolare era allegata una guida pratica alle notifiche per i responsabili dei Centri contenente le indicazioni su come effettuare e gestire le notifiche ai richiedenti asilo e le comunicazioni alla Commissione. Nella guida erano inseriti anche modelli fac-simile degli atti e delle relazioni di notifica con riferimento ai casi di consegna del provvedimento, di mancata notifica per rifiuto da parte del destinatario e di irreperibilità dello stesso.
In un secondo tempo tuttavia la circolare del 13 agosto 2017 della Commissione nazionale per il diritto d’asilo (ora presieduta da nuova presidente) ha informato che le disposizioni previste dalla l. n. 46/2017, riguardanti le procedure di notifica degli atti e dei provvedimenti da parte delle Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato, da attuarsi a partire dal 17 agosto 2017, non saranno effettivamente applicate sino a successivo avviso.
Il repentino cambio di orientamento deriva da un preciso nuovo indirizzo politico-amministrativo impartito dallo stesso Ministro dell’interno con propria direttiva, richiamata nella circolare, mediante la quale si dispongono due misure operative importanti.
In primo luogo si afferma che «l’esigenza di effettuare ulteriori approfondimenti, anche di carattere tecnico-organizzativo, ha indotto il sig. Ministro a disporre la sospensione – sino a nuovo avviso – delle cennate nuove procedure».
In secondo luogo si impartisce alle Commissioni nazionale e territoriali il compito di attuare la direttiva ministeriale affermando che essa dispone che «nelle more, gli atti ed i provvedimenti adottati dalle Commissioni territoriali e da codesta Commissione nazionale continueranno ad essere notificati secondo le previgenti disposizioni».
La sospensione dell’effettiva applicazione della nuova disciplina legislativa delle notifiche potrebbe essere motivata anche dall’incapacità delle amministrazioni statali di giungere ad una soluzione ragionevole ed efficiente per risolvere alcune importanti incertezze interpretative ed applicative delle nuove norme legislativa.
La prima riguarda l’individuazione del responsabile del Centro nei casi in cui non sia già individuato da altra norma vigente, soprattutto per i Comuni in cui vi siano più strutture SPRAR facenti parte del medesimo progetto comunale o più Centri di accoglienza collettiva e diffusa.
La seconda è collegata all’esigenza di evitare di attribuire funzioni pubbliche a ministri di culto, quali legali rappresentanti di taluni enti ecclesiastici (come il parroco di una Parrocchia), allorché abbiano messo a disposizione, anche gratuitamente, parti di immobili di tali enti per allestirvi strutture di accoglienza collettiva o diffusa di migranti. Questa attribuzione di pubbliche funzioni a ministri di culto che avevano dato in gestione immobili per motivi di solidarietà aveva già indotto alcuni di costoro a preannunciare la dismissione dell’accoglienza alla scadenza, il che è un indubbio effetto controproducente, che però era ritenuto inevitabile da ritiene doveroso evitare di essere obbligato ad esercitare funzioni pubbliche, anche molto spiacevoli per il migrante accolto, e che perciò erano ritenute estranee o addirittura contraddittorie rispetto ai dettami religiosi dell’accoglienza dello straniero e alle funzioni canoniche ed ecclesiali esercitate.
In ogni caso è evidente che la decisione operativa adottata con l’ultima circolare comporta conseguenze molto gravi, soprattutto per le materie della condizione giuridica dello straniero e del diritto di asilo che sono coperte da riserva di legge in base all’art. 10, co. 2 e 3 Cost.
In primo luogo contrasta con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico ispirato al principio di legalità nell’amministrazione qualsiasi tipo di libera decisione da parte dell’amministrazione pubblica di disporre con una mera circolare amministrativa (che non è una fonte del diritto) la non applicazione una norma legislativa vigente qualsiasi e la sostanziale reviviscenza di norme legislative ormai abrogate dalle nuove norme legislative che avrebbero dovuto essere applicate.
In secondo luogo una simile situazione potrebbe comportare il paradosso di rendere nulle le notificazioni delle decisioni nel frattempo avvenute con modalità diverse rispetto a quelle previste dalle nuove norme legislative applicabili dal 17 agosto 2017.
Così talune importanti disposizioni di un decreto-legge – che in quanto tale era stato adottato dal Governo proprio perché si affermava l’esistenza del presupposto costituzionale della sua adozione, cioè presunte e indimostrate «circostanze straordinarie di necessità e urgenza» prescritte dall’art. 77 Cost. – finiscono per essere in parte non applicate di fatto dallo stesso Governo ancor prima del termine in cui diventano effettivamente applicabili di diritto, il che appare un’ulteriore conferma dell’incostituzionalità radicale di quel medesimo decreto-legge per l’insussistenza dei presupposti costituzionali previsti dall’art. 77 Cost.

 

Obbligo di verificare il rischio di sanzioni penali sproporzionate per il reato comune commesso dal richiedente asilo nel suo Paese ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria

 La circolare del Ministero dell’interno – Commissione nazionale per il diritto di asilo del 19.7.2017, n.0005801 ricorda che in base alla sentenza Corte di cassazione n. 147000 del 16.5.2017 ogni Commissione territoriale deve sempre valutare la sussistenza di subire un rischio effettivo di «danno grave» per i richiedenti asilo in caso di rimpatrio nel proprio Paese di origine in tutti i casi in cui il richiedente affermi di avere commesso reati comuni per i quali sono previste sanzioni sproporzionate o inumane, invitando le Commissioni territoriali ad effettuare verifiche accurate sia circa la sussistenza dei fatti che il richiedente asilo afferma di avere commesso, sia circa il tipo e l’entità delle sanzioni penali di quei fatti previste da quell’ordinamento giuridico, al fine di riconoscere al richiedente qualche forma di protezione e in particolare della protezione sussidiaria.

 

Trasformazione di Centri di accoglienza straordinari in strutture SPRAR e spostamenti dei richiedenti asilo accolti

La circolare del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo n. 4.1.3/4.1/4 - Protocollo 0011610 del 04.08.2017 dispone le modalità operative derivanti dalla trasformazione dei Centri di accoglienza straordinaria (CAS) in strutture SPRAR o dall’apertura di una struttura afferente allo SPRAR nel territorio di un Comune in cui sia già operativo un CAS. Le ipotesi indicate sono dunque due:
a) Se la struttura adibita a CAS coincide con quella indicata nel progetto SPRAR, occorrerà garantire l’operatività del nuovo sistema senza soluzione di continuità: alla data di cessazione del CAS dovrà corrispondere il contestuale avvio del progetto SPRAR. Sarà cura delle prefetture dare tutte le comunicazioni necessarie al Servizio centrale e al Ministero dell’interno, ivi compreso l’elenco dei soggetti da inserire sino a copertura dei posti disponibili nel progetto SPRAR; in particolare, coloro che saranno accolti nello SPRAR, saranno individuati tra i beneficiari già ospiti del CAS da convertire in SPRAR e, se in numero inferiore, tra quelli presenti nei CAS della Provincia, privilegiando coloro che hanno ottenuto una forma di protezione o siano in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari.

b) Se un Comune già sede di un CAS attiva un progetto SPRAR senza che le due strutture coincidano, si procederà con la graduale chiusura o riduzione del CAS, a seconda che il progetto SPRAR preveda l’attivazione di un numero di posti pari o inferiore al Piano nazionale di accoglienza concordato tra il Ministero dell’interno e ANCI.

Anche in questo caso, le prefetture dovranno effettuare tutte le comunicazioni inerenti al Servizio centrale e al Ministero.

 

Presentazione delle domande di protezione internazionale da parte dei responsabili di Centri di accoglienza di minori stranieri non accompagnati prima della nomina dei tutori degli stessi minori

 Con un parere n. prot. 6425 del 21 agosto 2017 del Ministero dell’interno – Commissione nazionale per il diritto di asilo si ricorda che l’art. 26, co. 5, d.lgs. n. 25/2008, come modificato dalla l. n. 47/2017 stabilisce che «Quando la domanda di protezione internazionale è presentata da un minore non accompagnato, l’autorità che la riceve sospende il procedimento, dà immediata comunicazione al Tribunale dei minorenni e al giudice tutelare per l’apertura della tutela e per la nomina del tutore [...]. Il giudice tutelare nelle quarantottore successive alla comunicazione della questura provvede alla nomina del tutore».
Di seguito, la disposizione prevede che il responsabile della struttura di accoglienza ai sensi dell’art. 3, co. 1, l. 184/1983, qualora il tutore non sia stato ancora nominato, prende immediato contatto con il minore e con la questura per la conferma della domanda ai fini dell’ulteriore corso del procedimento.
Il legislatore del 2017, attraverso l’introduzione del riferimento al responsabile della struttura di accoglienza, ha voluto trovare una soluzione volta a evitare che la procedura di esame della domanda di protezione internazionale possa essere rallentata, a tutto svantaggio del minore stesso, nell’attesa che il tutore venga nominato.
Ciò, tuttavia, non implica che tutti gli atti del procedimento possano essere demandati al responsabile della struttura, considerato che rimane essenziale, ai fini di una adeguata tutela del minore, che quest’ultimo venga rappresentato e assistito da un tutore.
Sulla base delle suesposte considerazioni, e in ragione della particolare attenzione alla tutela dei minori, la Commissione nazionale ritiene che, ai sensi dell’art. 26, co. 5, d.lgs. n. 25/2008, come modificato dalla l. n. 47/2017, al responsabile della struttura di accoglienza sia consentito, laddove il tutore non sia stato ancora nominato, solamente confermare la volontà del minore all’ulteriore corso della domanda di protezione internazionale, restando in capo al tutore la rappresentanza dello stesso in tutte le successive fasi della procedura.

 

Rilascio di un codice fiscale provvisorio ai richiedenti asilo

Il messaggio 28 luglio 2017 n. 3151 dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS) – Direzione centrale entrate e recupero crediti – Direzione centrale organizzazione e sistemi informativi informa che Uniemens è stata aggiornato per accogliere i flussi individuali trasmessi con codice fiscale numerico. Tale casistica riguarda gli stranieri richiedenti la protezione internazionale ai quali, ai sensi del d.p.r. 605/1973 e successive modificazioni, nonché dei decreti ministeriali del 23.12.1976 n. 13814 e n. 13813, viene attribuito un codice fiscale provvisorio numerico.
A tali soggetti, infatti, viene rilasciato dalla questura, al momento del rilascio della ricevuta della richiesta di protezione internazionale, il codice fiscale provvisorio numerico, che potrà essere convertito in alfanumerico definitivo solo in caso di determinazione favorevole da parte della Commissione territoriale per la protezione internazionale.
Con tale modifica i datori di lavoro possono trasmettere le denunce individuali direttamente con tale codice fiscale numerico che si abbina con il codice fiscale numerico presente in ARCA consentendo l’aggiornamento del conto individuale.
Permangono i dubbi di legittimità su una simile prassi che in modo irragionevole discrimina i soli richiedenti asilo nell’accesso al normale codice fiscale.

 

Ingresso

 

Procedura telematica per la presentazione delle domande di nulla-osta ai ricongiungimenti familiari

 La circolare 2805 del 31.7.2017 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo dispone le istruzioni relative alla nuova procedura di inoltro della «domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare» entrata in vigore il 17 agosto 2017, ai sensi della l. n. 46/2017, che ha modificato l’art. 29 d.lgs. n. 286/1998 (Testo unico delle leggi sull’immigrazione).
La domanda di nulla osta al ricongiungimento, presentata dallo straniero con le consuete modalità telematiche, deve essere corredata della documentazione relativa ai requisiti richiesti circa il reddito e l’alloggio (come prescrive l’art. 29, co. 3 dello stesso Testo unico), scannerizzata dall’interessato e inviata allegata alla richiesta di ricongiungimento.
L’innovazione dovrebbe consentire ad ogni Sportello unico per l’immigrazione di verificare i requisiti relativi all’alloggio e al reddito e di rilasciare il nulla osta entro 90 giorni – nuovo limite temporale imposto dalla nuova norma legislativa – dalla presentazione della domanda.
La comunicazione dell’avvenuto nulla osta al ricongiungimento è fatta al richiedente nel momento della successiva convocazione presso lo Sportello unico per la consegna degli originali dei documenti (se, ovviamente, sia verificata la veridicità delle informazioni rilasciate al momento dell’inoltro telematico), riducendo ad una le convocazioni allo Sportello unico e il lavoro del personale addetto.
Sul sistema di inoltro telematico delle istanze (ALI), per i soli moduli di istanza di nulla-osta al ricongiungimento familiare (SM, T e GN), sono presenti le nuove pagine dalle quali caricare i documenti necessari alla presentazione di tali istanze. Ogni documento allegato potrà avere una dimensione massima di 3MB in uno dei formati ammessi: PDF, JPEG, TIFF.
La nuova procedura consente allo Sportello unico di verificare i requisiti relativi all’alloggio ed al reddito e procedere al rilascio del nulla osta laddove tali requisiti soddisfino i parametri richiesti. Al momento della convocazione presso lo Sportello per la consegna degli originali dei documenti, se gli stessi risulteranno congruenti con quelli inviati telematicamente, è rilasciata la comunicazione di avvenuto rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare. Tale contestualità consente di convocare una sola volta lo straniero presso lo Sportello unico, comportando un notevole risparmio di personale e consentendo di poter rispettare il nuovo limite temporale imposto dalla norma.
Un allegato alla circolare contiene una dettagliata elencazione (finalmente uniforme) della documentazione attestante la disponibilità dell’alloggio idoneo e del reddito minimo indicati dal citato art. 29 che deve essere allegata ad ogni domanda.
Si prescrive che la disponibilità dell’alloggio risulti da contratti regolarmente registrati o rinnovati di compravendita o di locazione o di comodato, aventi una durata di almeno 6 mesi successivi alla presentazione della domanda, insieme con la ricevuta di registrazione o di rinnovo.
Circa l’idoneità dell’alloggio si prescrive l’esibizione del certificato di idoneità alloggiativa rilasciato dal Comune per finalità di ricongiungimento familiare oppure di copia della ricevuta di richiesta del certificato indicante il codice RIA. Peraltro in quest’ultima ipotesi dall’art. 29 d.lgs. n. 286/1998 che esige comunque l’esibizione di tale certificazione deve ricavarsi che il certificato richiesto debba essere effettivamente rilasciato almeno al momento del colloquio diretto del richiedente con gli operatori dello Sportello unico dell’immigrazione.
Si esige altresì che in caso di locazioni o di comodati il titolare dell’alloggio dia l’assenso scritto ad ospitare anche i ricongiunti. Poiché però tale assenso non è previsto dall’art. 29 citato si deve concludere che l’assenso indicato concorra a dimostrare la disponibilità legale dell’alloggio e cioè si riferisca soltanto al caso del titolare del contratto di locazione o di comodato convivente con altro parente convivente che ha presentato domanda di nulla-osta.
Peraltro la circolare dispone anche che in caso di alloggio in albergo o in residence è sufficiente allegare, al posto dell’idoneità alloggiativa, la conferma di prenotazione per un mese su carta intestata. In quest’ultima ipotesi una simile interpretazione così estensiva (che difficilmente potrebbe attestare la disponibilità di un alloggio davvero idoneo) non impedirà peraltro l’obbligo di dovere esibire di nuovo la certificazione di alloggio idoneo per i familiari al momento del colloquio finale con lo Sportello unico prima del rilascio del nulla-osta.
Circa la dimostrazione della disponibilità di un reddito si esigono minuziosamente le attestazioni dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, inclusi i lavori in cooperative sociali e il lavoro domestico, corredate dall’ultima dichiarazione dei redditi, o dall’ultimo CUD, allorché si tratti di attività che dura da più di un anno, mentre se il rapporto dura da meno di un anno devono essere presentate tutte le ultime buste paga o le fatture relative ai compensi ricevuti o la dichiarazione IVA, nonché altra documentazione concernente l’effettiva instaurazione del rapporto di lavoro subordinato o l’effettivo svolgimento regolare dell’attività di lavoro autonomo e dei proventi conseguiti con essa.
L’elencazione dei redditi indicata e dettagliata nella circolare deve però essere intesa come non esaustiva della disponibilità di altre fonti di reddito, cioè di tutti i redditi derivanti da fonte lecita, di importo annuo complessivo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, previsti nel citato art. 29 come requisito da dimostrare ai fini del diritto all’unità familiare, bensì come una mera elencazione esemplificativa, il che consente di dimostrare la disponibilità di una o più delle tante altre fonti legittime di reddito previste dalla vigente legislazione tributaria (Testo unico delle leggi sull’imposta sui redditi emanato con d.p.r. 22.12.1986, n. 917 e successive modificazioni e integrazioni), come per esempio borse di studio o trattamenti pensionistici italiani o stranieri erogati regolarmente in Italia o le varie indennità di mobilità o di disoccupazione (ASPI) o trattamenti di fine rapporto di lavoro.

 

Procedura telematica per compilare le domande di visto di ingresso Schengen uniforme

Dall’inizio di settembre 2017 il Ministero degli affari esteri ha istituito apposito sito internet http://e-applicationvisa.esteri.it/ mediante il quale lo straniero può completare telematicamente il formulario (per ora soltanto in italiano o in inglese) della sua richiesta di visto di ingresso Schengen uniforme per ingressi e soggiorni fino a 90 giorni per turismo, visite o affari, con allegata la documentazione necessaria, anche se poi dovrà presentare personalmente la domanda così compilata e la documentazione allegata all’ufficio consolare italiano competente.

 

Istituzione di una nuova sottocategoria di visto di ingresso per “turismo - visita famiglia/amici”

La nota del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del 23.5.2017 (della quale dà notizia la circolare 23.6.2017, prot. n. 20060 del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere) comunica l’avvenuta istituzione da parte del Ministero di una nuova sottocategoria di visto per turismo, denominata visto per «Turismo – Visita famiglia/amici».
Tale decisione deriva dalle raccomandazioni rivolte all’Italia dalla Commissione europea a seguito della Valutazione Schengen in materia di visti che ha coinvolto l’Italia nel 2016. Nel corso della visita, infatti, la Commissione rilevò che nel decreto interministeriale 11.5.2011 n. 850, che disciplina presupposti e condizioni per il rilascio di ogni tipo di visto di ingresso, il visto per «Turismo» contempla due differenti motivazioni di ingresso e soggiorno, cioè quella legata alla spendita di un periodo di vacanza all’interno dello Spazio Schengen e quella inerente la visita di familiari o amici.
Tale duplice motivazione comportava, peraltro, l’obbligo per il richiedente di presentare documentazione giustificativa parzialmente diversa per la stessa tipologia di visto all’atto della richiesta di rilascio, il che poteva ingenerare confusioni e non permetteva di ben rilevare neppure gli effettivi flussi di turisti diretti in Italia.
Perciò il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha deciso di differenziare le due ipotesi di ingresso, istituendo una sottocategoria di visto «Turismo – Visita famiglia/amici» e ha effettuato le opportune modifiche sul sito internet «il Visto per l’Italia» e nel sistema L-VIS, nei quali è stata resa obbligatoria, nella fase di inserimento della domanda, la compilazione dei dati relativi all’invitante, poiché la presenza di una lettera di invito da parte di congiunti o amici è diventata elemento caratterizzante la nuova tipologia di visto.
L’indicazione della nuova tipologia di visto verrà stampata sull’etichetta da applicare al documento di viaggio del richiedente.
L’istituzione della nuova sottocategoria di visti potrebbe anche facilitare i rapporti familiari rendendo così meno frequenti i dinieghi di visto per motivi turistici che spesso erano motivati sul rischio di immigrazione illegale ritenendosi simulati i presupposti per il rilascio del visto che in realtà mirava a consentire allo straniero di visitare propri familiari residenti in Italia o a soggiorni di lungo periodo con costoro nel tentativo di aggirare i requisiti e le condizioni richiesti dalle norme che disciplinano il ricongiungimento familiare.