Osservatorio italiano

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Rassegna delle leggi, dei regolamenti e dei decreti statali
 
Il decreto-legge che abroga i permessi di soggiorno per motivi umanitari, contrasta l’immigrazione illegale e limita la protezione internazionale e la cittadinanza italiana
Il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), pubblicato in G.U. n. 231 del 4.10.2018, convertito, con modificazioni, in legge 1 dicembre 2018, n. 132 (pubblicata in G.U. 3.12.2018, n. 281)
 
contiene disposizioni in materia di disciplina di casi speciali di permesso di soggiorno per motivi umanitari e di contrasto all’immigrazione illegale, di protezione internazionale e di cittadinanza italiana.
Le nuove norme introdotte dal decreto-legge prevedono innovazioni profonde dei testi legislativi fondamentali che disciplinano l’immigrazione, la condizione giuridica degli stranieri, il diritto di asilo e la cittadinanza italiana.
Esse sono illustrate e commentate dagli articoli pubblicati nel presente numero della Rivista, che approfondiscono anche i dubbi di legittimità e numerose complessità interpretative e applicative.
Nell’Osservatorio italiano si dà conto dei contenuti innovativi delle circolari applicative e interpretative delle nuove norme introdotte dal decreto-legge (omettendo contenuti meramente illustrativi di tali norme).
 
Istituzione del Tavolo operativo per il contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e trasferimento dal Fondo nazionale delle politiche migratorie ad appositi capitoli di spese obbligatorie nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche delle spese per gli interventi di carattere nazionali concernenti l’immigrazione straniera dello stesso Ministero
L’art. 25-quater del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), pubblicato in G.U. n. 247 del 23.10.2018, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 (pubblicata in G.U. 18.12.2018, n. 293), allo scopo di promuovere la programmazione di una proficua strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato e del connesso sfruttamento lavorativo in agricoltura, prevede l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del «Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura», presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un suo delegato, composto di un numero di persone non superiori a 15 rappresentanti dei Ministeri dell’interno, della giustizia, delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’ANPAL, dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dell’INPS, del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, del Corpo della guardia di finanza, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). Possono partecipare alle riunioni del Tavolo rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore nonché delle organizzazioni del Terzo settore.
Un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, della giustizia e dell’interno, da adottare entro il 18 marzo 2019, sono stabiliti l’organizzazione e il funzionamento del Tavolo, nonché eventuali forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità.
Il Tavolo opera per tre anni dalla sua costituzione e può essere prorogato per un ulteriore triennio, e per lo svolgimento delle sue funzioni istituzionali, il Tavolo si avvale del supporto di una segreteria costituita nell’ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La partecipazione ai lavori del Tavolo è gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennità o emolumento comunque denominato, salvo rimborsi per spese di viaggio e di soggiorno.
Lo stesso articolo al comma 6 prevede altresì che a decorrere dall’anno 2019, gli oneri relativi agli interventi in materia di politiche migratorie di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all’art. 45 del testo unico delle leggi sull’immigrazione emanato con d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, per gli interventi di competenza nazionale afferenti al Fondo nazionale per le politiche migratorie, per l’ammontare di 7 milioni di euro, sono trasferiti, per le medesime finalità, dal Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all’art. 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, su appositi capitoli di spese obbligatorie iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito del programma «Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate” della missione “Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti».
La spesa complessiva relativa agli oneri di funzionamento del Tavolo è invece posta a carico del Fondo nazionale per le politiche migratorie.
 
La nuova legge di bilancio per il 2019: aumento del fondo nazionale per le politiche migratorie, esclusione degli stranieri extraUE nell’accesso alla carta acquisti (profili di legittimità) e dalle norme sull’autocertificazione
La Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) pubblicata in G.U, n. 302 del 31.12.2018, contiene alcune disposizioni concernenti gli stranieri:
1) Il Fondo nazionale per le politiche migratorie istituito dall’art. 45 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) è incrementato di 3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 (art. 1, co. 286).
2) Gli stranieri di Stati non appartenenti all’UE sono esclusi dal 2019 dall’accesso alla carta acquisti, destinata ora soltanto alle famiglie costituite da cittadini italiani ovvero appartenenti a Paesi membri dell’Unione europea regolarmente residenti nel territorio italiano, con almeno tre figli conviventi di età non superiore a 26 anni, la quale consente l’accesso a sconti sull’acquisto di beni o servizi ovvero a riduzioni tariffarie concessi dai soggetti pubblici o privati aderenti all’iniziativa (art. 1, comma 487, che modifica l’art. 1, comma 391 della legge 28 dicembre 2015, n. 208). Tale innovazione appare illegittima per violazione dell’art. 117, comma 1 Cost. in quanto viola la parità tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti in materia di accesso alle misure di assistenza economica, previsto da varie direttive dell’UE.
3) A decorrere dall'anno 2019, fermo restando il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato, un importo pari a 30,99 milioni di euro, cioè l’importo destinato all’assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 35, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, emanato con d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, confluisce nella quota indistinta del fabbisogno sanitario nazionale standard, di cui all’art. 26 d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 ed è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente in materia di costi standard. (art. 1, comma 546)
4) è prorogato (per l’ennesima volta) al 31 dicembre 2019 il termine entro cui gli stranieri appartenenti a Paesi non facenti parte dell’UE non possono avvalersi delle norme concernenti l’autocertificazione per gli atti prodotti o provenienti dai rispettivi Paesi nelle procedure disciplinate dalle norme sull'immigrazione (art. 1, comma 1132). Lo straniero che sia cittadino di uno Stato non appartenente all’UE regolarmente soggiornante in Italia può autocertificare soltanto la residenza e lo stato di famiglia, trattandosi di condizioni che non riguardano la sua condizione di straniero, mentre non può sottoscrivere dichiarazioni sostitutive di certificati che fanno riferimento alle speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernente la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero e riguardano situazioni che interessano il rinnovo del permesso di soggiorno.
 
Il regolamento del Registro degli enti delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni
Il decreto 6 settembre 2018 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità – Ufficio per l’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica (UNAR) prevede il nuovo regolamento del registro degli enti delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni e la riattivazione delle operazioni di iscrizione che erano state sospese.
In particolare il regolamento disciplina i requisiti e le procedure di iscrizione, le comunicazioni delle modifiche e degli adempimenti per l’aggiornamento annuale, nonché le procedure per la revisione dal Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni e della promozione della parità di trattamento, istituito con l’art. 6, d.lgs. 9 luglio 2003, n. 215. L’iscrizione nel Registro costituisce requisito preferenziale per beneficiare dell’erogazione di contributi economici da parte dell’UNAR a sostegno di misure specifiche, ivi compresi progetti di azioni positive volte a prevenire e contrastare i fenomeni discriminatori.
In base all’art. 2 possono iscriversi al registro le associazioni e gli enti senza fini di lucro, dotati o meno di personalità giuridica che godano di piena autonomia sotto il profilo organizzativo, amministrativo, contabile, fiscale, patrimoniale e processuale. Possono presentare la propria candidatura le associazioni/enti nazionali nonché le singole articolazioni territoriali dotate di autonomia statutaria e finanziaria fino ad un massimo di dodici (una eventuale deroga a tale limite sarà valutata dalla Commissione istituita dall’art. 3 dello stesso regolamento). L’iscrizione al Registro è subordinata al possesso dei seguenti requisiti:
a) avvenuta costituzione per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, da almeno un anno;
b) possesso di un atto costitutivo ed uno statuto che sanciscano un ordinamento a base democratica e prevedano come scopo esclusivo o preminente il contrasto ai fenomeni di discriminazione e la promozione della parità di trattamento, senza fine di lucro;
c) sede operativa in Italia;
d) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l’indicazione delle quote versate direttamente all’associazione per gli scopi statutari;
e) elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite, con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute;
f) svolgimento di un’attività continuativa nell’anno precedente;
g) non possono essere iscritti nel Registro, le associazioni e gli enti i cui rappresentanti legali hanno subito una condanna passata in giudicato in relazione all’attività dell'associazione medesima;
h) non possono essere iscritti nel Registro, le associazioni e gli enti i cui legali rappresentanti rivestono contemporaneamente la qualifica di imprenditori o di amministratori di imprese di produzione e servizi in qualsiasi forma costituite, per gli stessi settori in cui opera l’associazione.
L’art. 3 prevede che le associazioni e gli enti che intendono iscriversi dovranno presentare istanza accedendo alla Piattaforma on-line tramite apposita arca dedicata nel sito istituzionale www.unar.it. L’ufficio procederà con l’invio in automatico di una mail all’associazione/ente, con l’informazione della presa in carico.
Alla domanda, sottoscritta dal legale rappresentante dell’associazione/ente, devono essere allegati i seguenti documenti:
a) copia dell’atto costitutivo e dello statuto;
b) dichiarazione a firma del legale rappresentante che indichi che presso la sede legale dell’associazione/ente è depositato un elenco degli iscritti aggiornato annualmente, con l’indicazione delle quote versate direttamente all’associazione/ente per gli scopi statutari;
c) copia dell’ultimo bilancio o rendiconto economico finanziario approvato in conformità alle norme vigenti in materia di associazioni non riconosciute, con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri contabili;
d) relazione sulle attività svolte dall’associazione/ente nell’anno precedente, con indicazione degli ambiti prevalenti di attività e delle iniziative più significative realizzate;
e) dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 46 del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscritta dal rappresentante legale, concernente l’assenza delle situazioni di cui alla lettera f) e g) dell’art. 2 del regolamento;
f) copia di un documento di identità in corso di validità del rappresentante legale;
g) copia del codice fiscale dell’associazione/ente.
La documentazione inviata, sarà valutata da un’apposita Commissione esaminatrice, nominata dal dirigente generale coordinatore dell’UNAR. A seguito dell’esito della verifica dei documenti presentati, entro il termine di novanta giorni dalla data di presentazione della domanda, sarà comunicato il provvedimento di accoglimento o diniego. In caso di esito positivo verrà assegnato il numero di iscrizione al Registro e ne sarà data relativa comunicazione.
Le associazioni/enti iscritte al Registro, sono tenute a comunicare tempestivamente e comunque entro e non oltre il termine di sessanta giorni dall’evento, le modifiche relative ai requisiti indicati nell’art. 2 del regolamento e a trasmettere entro il 30 gennaio di ogni anno, l’aggiornamento sulle attività svolte nell’anno precedente, ed entro il 30 giugno copia del rendiconto economico-finanziario dell’anno precedente.
Tutte le comunicazioni devono essere effettuate in modalità telematica accedendo alla Piattaforma on-line del Registro tramite apposita area dedicata all’interno del sito istituzionale www.unar.it.
La mancata comunicazione delle modifiche o il mancato rispetto degli adempimenti annuali rappresentano motivo di cancellazione dal Registro.
L’art. 5 prevede che l’UNAR periodicamente rivede le associazioni/enti iscritti, al fine della verifica della permanenza dei requisiti previsti per l’iscrizione e della veridicità delle dichiarazioni rilasciate. Sono cancellate dal Registro, con provvedimento motivato della Commissione esaminatrice, le associazioni/enti che:
a) presentino espressa richiesta di cancellazione mediante il loro legale rappresentante;
b) perdano uno o più requisiti essenziali all’iscrizione ai sensi dell’art. 3 del regolamento;
c) non comunichino le variazioni intervenute ai sensi dell’art. 4 del regolamento;
d) non ottemperino agli adempimenti annuali.
L’UNAR annualmente aggiorna il Registro, al fine di verificare l’operatività secondo i rispettivi scopi istituzionali, l’effettiva e consolidata attività e la persistente conformità alle prescrizioni del regolamento delle associazioni/enti iscritte e perciò effettua verifiche di congruità e controlli a campione sulla veridicità delle dichiarazioni effettuate.
 
Il nuovo schema di capitolato di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei Centri di prima accoglienza e dei Centri di permanenza per il rimpatrio. Profili critici e di illegittimità
Il decreto del Ministro dell’interno 18 novembre 2018 ha disposto il nuovo schema di capitolato di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento dei centri di prima ac-coglienza e dei Centri di permanenza per il rimpatrio
Il decreto è stato illustrato dalla Circolare prot. n., 14810 del 21.11.2018 del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno.
Il testo mette a disposizione dei prefetti uno strumento flessibile a seconda della tipologia di struttura, attraverso la previsione di schemi di bando-tipo, specificamente predisposti dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), differenziati a seconda che la procedura di gara sia rivolta ad un’offerta di posti in piccole strutture ovvero in strutture di medio-grandi dimensioni, a seconda delle differenti esigenze del territorio. Il decreto prevede disposizioni generali che disciplinano due fondamentali aspetti concernenti il rapporto convenzionale: le prestazioni da erogarsi in modo indifferenziato (servizi comuni) a beneficio dei migranti presenti nelle diverse tipologie di struttura e i rapporti tra prefettura/stazione appaltante e soggetto gestore/aggiudicatario (es. durata della convenzione, rinnovo, sospensione degli effetti della convezione, recesso etc.).
Gli allegati sono costituiti dagli schemi di disciplinare di gara, dalle strutture dell’offerta, dalle specifiche tecniche integrative delle suddette prestazioni da rendersi ai migranti in accoglienza o in trattenimento, dalla tabella di dotazione minima di personale da impiegare nei Centri, tutti distinti in relazione alla tipologia ed alla dimensione, nonchè dalla stima dei costi medi di riferimento.
L’art. 1 distingue le strutture di accoglienza, articolate in singole unità abitative (art. 1, co. 2, lett. a), dai Centri collettivi, caratterizzati dalla messa in comune di tutti i servizi (art. 1, co. 2, lett. b).
I servizi comuni sono il vitto e l’alloggio, la cura dell’igiene, l’assistenza generica alla persona, la tutela sanitaria e un piccolo sussidio per le spese giornaliere (cd. pocket money), non ricomprendendosi più quelli diretti a supportare l’integrazione, quali i corsi di lingua italiana e l’orientamento al territorio, che erano previsti dal d.m. 7 marzo 2017.
Le strutture di accoglienza individuali sono costituite da singole unità abitative con capacità fino ad un massimo di 50 posti complessivi, che consentono un’autonoma gestione da parte degli ospiti dei servizi di preparazione dei pasti, di lavanderia, di pulizia ed igiene dei locali (art. 1, co. 2, lett. a) cit.), attraverso la distribuzione ai migranti di derrate alimentari da cucinare per proprio conto (art. 2, lett. b), n. 4), nonché la fornitura di beni per il lavaggio degli indumenti (art. 2, lett. b), n. 5) e per l’igiene e la pulizia degli ambienti (art. 4, par. 3).
I restanti servizi di gestione amministrativa, di assistenza generica alla persona e di assistenza sanitaria, sono erogati con modalità “in rete”, ossia con condivisione delle unità di personale destinate agli stessi, qualora insistano nel medesimo Comune, ovvero in Comuni contigui la cui distanza consenta, in ogni caso, un tempo di percorrenza, di norma, non superiore a 30 minuti; in tal caso, la dotazione minima di personale viene considerata con riferimento non alla singola unità abitativa ma a tutte le unità abitative che concorrono al numero complessivo dei posti destinati all’accoglienza (art. 1, co. 3).
I Centri collettivi, quali ad es. alberghi o strutture similari, sono invece costituiti da una o più strutture immobiliari che, indipendentemente dalla relativa capienza (anche inferiore a 50 posti), sono caratterizzati dall’erogazione di tutti i servizi prestati in modo differenziato – sotto il profilo del contenuto e delle modalità prestazionali – in relazione alle diverse tipologie e dimensioni del centro secondo le specifiche tecniche allegate (art. 1, co. 2, prima parte).
Circa i servizi di gestione amministrativa, che contemplano adempimenti di fondamentale importanza in quanto obbligano il gestore alla tenuta di una definita documentazione utile per i successivi controlli e l’accertamento della rispondenza prestazionale, l’art. 2, lett. a), prevede la registrazione degli ospiti e le modalità di verifica delle presenze giornaliere nelle strutture, aspetto importante anche al fine di determinare il corrispettivo dovuto, perché esso è quantificato col criterio del pro capite/pro die o comunque in relazione alle effettive presenze.
Si prevede di regola un sistema di rilevazione automatica delle presenze tramite badge, consentendosi l’utilizzo di un tesserino di riconoscimento dell’ospite e di un registro delle presenze cartaceo, preventivamente vidimato dalla prefettura (art. 2, lett. a) n. 2) nei casi espressamente autorizzati; tali presenze dovranno essere quotidianamente comunicate alla prefettura per il successivo inoltro al Dipartimento per le libertà civili e immigrazione, attraverso l’utilizzo di piattaforme informatiche, che troveranno progressive implementazioni. 
Nei Centri di permanenza per il rimpatrio, oltre alla tenuta delle presenze, è prevista la comunicazione giornaliera da trasmettere alla prefettura di ogni notizia, ritenuta di rilievo, riguardante l’andamento della convivenza, le condizioni del Centro oltre che degli eventuali episodi che hanno causato lesioni ad ospiti od operatori, di cui dovrà essere tenuto un apposito registro (All. 5-bis lett. a)
Il servizio complementare di assistenza sanitaria è ora modulato in ragione della tipologia e dimensione del Centro. In linea generale è previsto, a carico del gestore, l’obbligo dell’effettuazione della visita medica d’ingresso e degli interventi di primo soccorso sanitario finalizzati all’accertamento di situazioni di vulnerabilità ovvero di eventuali patologie che richiedano misure di isolamento o visite specialistiche o percorsi terapeutici, da svolgersi nelle strutture sanitarie pubbliche (art. 2, lett. c), co. 3); inoltre, dovrà immediatamente attivare le necessarie procedure per l’iscrizione degli ospiti al servizio sanitario nazionale (art. 2, lett. c), co. 1).
In particolare, nei centri di accoglienza collettivi con capienza superiore a 50 ospiti, negli hotspot e nei Centri di permanenza per il rimpatrio è previsto anche un presidio medico fisso situato all’interno della struttura che deve effettuare la visita medica d’ingresso del migrante e gli interventi di primo soccorso sanitario, ma anche, in caso di necessità, adottare le misure di profilassi, sorveglianza e soccorso sanitario disponendo l’eventuale trasferimento dell’ospite presso le strutture ospedaliere (Allegati 3-bis, 4-bis, 5-bis, 6-bis e tab. A).
Nei Centri di accoglienza con capienza inferiore a 50 ospiti, tale servizio è ora assicurato, per quattro ore giornaliere, da un medico in “pronta disponibilità” il quale, in caso di necessità, adotta le succitate misure di profilassi, sorveglianza e soccorso sanitario. Inoltre, allo scopo di garantire l’espletamento di tutte le attività connesse alle cennate visite mediche di ingresso e primo soccorso sanitario, si prevede la presenza del medico in struttura per una media di 4 ore all’anno per ciascun migrante e per un monte ore complessivo annuo di 200 ore su chiamata (Allegato 1 bis, Allegato 2 bis e tab. A). 
L’assistenza psicologica continuerà ed essere assicurata agli stranieri ospiti negli hotspot (All. 6 bis) e nei Centri di permanenza per il rimpatrio (All. 5 bis), in ragione della necessità di intercettare possibili situazioni di vulnerabilità e di disagio.
Circa il riferimento alla fornitura di beni, si evidenzia che resta invariato il kit di primo ingresso ad eccezione della scheda telefonica, il cui importo viene ridotto a 5 euro. 
La fornitura del kit è prevista solo in occasione del primo ingresso e pertanto, a seguito del trasferimento al centro di destinazione, il medesimo deve essere fornito solo ove non sia stato già consegnato. Di conseguenza, nelle specifiche tecniche relative agli hotspot di cui all’allegato 6 bis, alla lett. c) è previsto che, in caso di mancata consegna del kit per ragioni contingenti, il gestore è tenuto ad informare la prefettura di riferimento, la quale, oltre a tenerne conto ai fini dei relativi controlli amministrativo-contabili, provvede a darne notizia a quella competente sul centro di destinazione del migrante.
L’art. 24, co. 1, secondo alinea, dello schema di capitolato, prevede infine che la corresponsione al gestore di quanto dovuto per il kit di primo ingresso ed il pocket money avviene su rendicontazione separata.
Si dedica particolare attenzione alla tenuta, da parte dell’Ente gestore, dei registri attestanti la consegna del pocket money, correlati dalla firma del beneficiario.
Il servizio di pulizia, la cui frequenza è definita in un apposito allegato, è modulato in relazione agli ambiti operativi (uffici, camere, mense, cucine etc.) e si applica a tutti i Centri collettivi, ad eccezione degli hotspot nel caso in cui non vi sia la presenza di migranti nei quali, comunque, l’Ente gestore deve assicurare livelli essenziali di igiene (All. 6 bis).
Nelle strutture individuali di accoglienza ove, invece, il servizio di pulizia viene svolto in autonomia dagli ospiti, il gestore dovrà aver cura di istruirli preventivamente in merito alle modalità delle operazioni occorrenti per le pulizie dei locali, nonché alle regole sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti ordinari, conformemente alle norme locali in tema di raccolta differenziata, ed in ogni caso vigilare sull’effettiva ed adeguata attuazione delle predette istruzioni, affinché vengano mantenute le normali condizioni di ordine ed igiene (All. 1 bis).
Nell’ottica della razionalizzazione dei costi, riveste significativa importanza l’analitica determinazione della dotazione di personale di cui all’allegato A. 
Diversamente dal precedente schema di capitolato, che contemplava dotazioni di personale differenziate in relazione alla sola diversità di capienza delle strutture, la tabella di cui al cennato allegato A definisce tali dotazioni parametrandole non solo in base ai posti (fino a 50; da 51 a 150; da 150 a 300; da 301 a 600; da 601 a 900; da 901 a 1200; da 1201 a 1500 e da 1501 a 1800) ma anche in relazione alle tipologie dei Centri, conseguendosi, in tal modo, una razionalizzazione delle unità impiegate per i servizi, perfettamente aderenti alla effettiva ospitalità offerta.
L’art. 5, co. 5, in caso di diminuzione delle presenze nei Centri in relazione all’andamento dei flussi migratori ovvero di riduzione della ricettività delle strutture per danneggiamenti o lavori di ristrutturazione, prevede che le unità di personale impiegate siano parametrate al numero degli ospiti effettivamente presenti nei centri, richiamando in tal senso la Tabella di dotazione minima di personale di cui all’All. A.
È fatto salvo quanto previsto per gli hotspot, per i quali deve essere in ogni caso garantito un presidio fisso.
Si tralasciano in questa sede le ulteriori disposizioni concernenti le procedure di affidamento, la struttura dell’offerta e la stima dei costi medi, il rapporto tra stazione appaltante ed aggiudicatario e i controlli sugli enti gestori.
Occorre invece qui rilevare vari aspetti opinabili e criticabili della nuova tipologia di servizi offerti.
Anzitutto criticabile è la sparizione dei corsi di lingua e di formazione professionale (si spera siano attivati dagli istituti di istruzione per gli adulti o dagli Enti locali e regionali), ma anche dei servizi di accompagnamento all’inserimento sociale o lavorativo, giuridico e psicologico. Vengono tagliati i trasporti.
Per le strutture da 50 a 300 posti letto sono previsti 21,90 euro per persona al giorno; per le strutture fino a 50 posti 23 euro, mentre per gli appartamenti 18 euro. Così si finisce per privilegiare strutture che offrono servizi minimi e si finisce per penalizzare l’accoglienza diffusa, il contrario di ciò che andava fatto. Sembra prevalere la logica della sicurezza, perché si finisce col tenere le persone nelle grandi strutture, non negli appartamenti e nei paesini, per poterle controllare meglio.
Le uniche strutture per cui i fondi rimangono quasi invariati, se non più alti, rispetto al passato sono i punti di crisi (hotspot) e i Centri di permanenza per il rimpatrio, i cui posti sono pagati non già 18 euro ciascuno, ma 32,15 euro, comprensivi del kit di primo ingresso (cuscini, lenzuola etc.) e in qualche caso scheda telefonica da cinque euro, rilasciati una tantum, ma che non sono comprensivi di spese per sicurezza e vigilanza del centro di detenzione, che saranno conteggiate a parte. E saranno quantificate in futuro. Paradossalmente nel CPR il gestore deve offrire il «servizio di assistenza psicologica» dal momento dell’ingresso e durante la permanenza nel centro (finalizzato però all’immediato rimpatrio) e «il sostegno in considerazione della condizione di privazione della libertà». Non è previsto invece nei Centri di accoglienza con donne vittime di stupri in Libia o malati psichiatrici.
Nei Centri di espulsione infatti il costo del personale sale a più del doppio di quello per strutture con all’interno richiedenti asilo. Per la gestione degli hotspot, cioè i punti di crisi che ospitano i migranti soccorsi e appena sbarcati, si arriva fino a 41,83 euro giornalieri, se si ha la fortuna di avere meno di 50 persone all'interno. Le cifre scendono all’aumentare delle presenze, per le economie di scala, fino a 29,63 euro quando si hanno in carico fra 301 e i 600 migranti.
Nelle dotazioni minime di personale, che sono parte integrante dei bandi e che definiscono il personale che, chi si propone di gestire un CAS, deve garantire, sparisce lo psicologo e diminuiscono pesantemente le ore minime settimanali dell’assistenza sociale.
In Centri di accoglienza che ospitano sino a 50 persone si chiede la presenza dell’assistente sociale per sole 6 ore a settimana. Senza contare il tempo da dedicare allo scrivere relazioni e al lavoro di segreteria, ogni ospite potrà quindi incontrare per eccesso l’assistente sociale in media per 28,8 minuti al mese (prima la media era di 86,4 minuti al mese). Più grande sarà il CAS e minore sarà la possibilità di vedere l’assistente sociale. In strutture sino a 150 ospiti la media scende a 12,8 minuti al mese.
Circa la mediazione culturale (attività fondamentale anche a supporto di tutte le altre figure professionali) nei Centri più piccoli (sino a 50 persone) ogni ospite in media potrà contare sulla mediazione per 48 minuti al mese (prima la media era di 2 ore e 52,8 minuti al mese), mentre in strutture più grandi (150 e 300 ospiti) la media mensile di mediazione per utente scende ad appena 19,2 minuti.
In Centri di accoglienza che ospitano sino a 50 persone si chiede la presenza del medico per assicurare una media di 4 (quattro) ore per ogni ospite all’anno, senza più l’obbligo di avere in struttura la presenza di un infermiere. Per i Centri più grandi la media di presenza settimanale del medico per ospite scende a 19,2 minuti.
Le basi d’asta appaiono non congrue.
Circa utenze e affitti lo schema di capitolato nazionale il ministero fa riferimento alla spesa mediana delle famiglie per affitti e utenze e le stima in 3,93 euro giornalieri per persona, anche se i dati dall’ISTAT menzionano una cifra di 11,91 euro. Un appartamento che ospita 5 persone secondo queste previsioni dovrebbe costare meno di 580 euro mensili tra affitto ed utenze, il che appare generalmente impossibile, salvo che si tratti di situazioni degradate e geograficamente isolate con costi modesti e non in aree urbane, in cui un’associazione che vorrà realizzare accoglienza diffusa con i parametri del vecchio sistema SPRAR non lo potrà fare.
Circa gli operatori sociali si stabilisce che ce ne sarà 1 ogni 50 persone mentre la media SPRAR era di a 1 a 10, sicché un operatore che deve gestire 10 appartamenti per 5 persone ciascuno potrà seguire ogni ospite per dieci minuti al giorno, comprensivi di raccolta firme, distribuzione di beni, derrate alimentari, pocket money, mediazione linguistica e culturale. Le ore di dialogo sono 10 a settimana ogni 50 persone, sicché significa 1,7 minuti al giorno.
Circa i trasporti il capitolato pare ispirarsi all’idea che le persone non hanno bisogno di muoversi: 12 viaggi annuali da un massimo di 30 chilometri ciascuno. Ciò significa non poter più frequentare i corsi di italiano gestiti dai CPIA (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti, ndr) che non esistono nei paesini, a cui si aggiunga che il d.l. n. 113/2018 impedisce agli enti gestori di fare i corsi di italiano in loco, all’interno i centri. Così l’Italia finirà per essere l’unico Paese dell’Unione europea a non insegnare ai richiedenti asilo la lingua del Paese ospitante, con quella che è una politica del disprezzo per quanto riguarda la partecipazione di queste persone alla vita pubblica.
Inoltre non si menzionano le persone più vulnerabili: il bando menziona soltanto i richiedenti asilo, senza nessuna differenza di categoria: nessun servizio specifico è previsto per anziani, minori, persone vittime di violenza o tortura.
La figura dello psicologo è mantenuta solo nel Centro per il rimpatrio, dove ci sono persone che con alta probabilità verranno espulse dall’Italia.
Manca qualsiasi previsione di spesa per l’infanzia e le famiglie, per quelle scolastiche o per l’animazione dei bambini, come se non esistessero.
Era indifferenziato anche il previgente capitolato, ma nel momento in cui l’aggancio economico era il parametro SPRAR con cifre un pò inferiori a 35 euro, le cooperative e le associazioni potevano sopperire a questa carenze ed erano le stesse prefetture a richiamare gli enti gestori a questi compiti.
La disciplina della fornitura di pasti e derrate alimentari a carico dell’Ente gestore appare illegittima per violazione della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, perché i richiedenti a queste persone non sono interdette, non sono in stato d’arresto, hanno anche doveri come il mantenimento della casa e possono uscire come e quando vogliono.
Però si scrive che qualcuno gli deve portare la spesa a casa, come se non fossero in grado di farlo da soli, non potessero andare nei supermercati degli italiani per conto proprio.
 
Rassegna delle circolari delle amministrazioni statali
 
Cittadinanza
Aumento dei termini per la conclusione dei procedimenti e dell’importo del contributo da pagare per la presentazione delle domande di cittadinanza
La circolare 16 ottobre 2018, Protocollo 0007132 del Ministero dell’Interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione –Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze ricorda che dal 5 ottobre 2018 ai sensi dell’art. 14 del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 il termine di definizione dei procedimenti, anche in corso, previsti negli artt. 5 e 9 della legge n. 91/1992 (conferimento della cittadinanza per matrimonio o concessione della cittadinanza per lunga residenza) diventa di quarantotto mesi dalla data di presentazione dell’istanza.
Si ricorda anche che la medesima normativa ha modificato l’importo del contributo, al cui pagamento sono soggette le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza italiana, introdotto dall’art. 1, comma 12 della legge 94/2009, che è pari a 250 euro, a decorrere dal 5 ottobre 2018.
Pertanto la circolare (in modo piuttosto ambiguo) prescrive che, qualora necessario, potrà essere richiesta l’integrazione di 50 euro agli interessati. Per il versamento del contributo rimane operativo il conto corrente dedicato n. 809020 da intestare a “Ministero dell’interno DLCI cittadinanza”. Per le istanze presentate all’estero, il versamento del contributo medesimo deve essere effettuato tramite bonifico estero o attraverso il circuito europeo esistente tra le organizzazioni postali aderenti.
 
Applicazione retroattiva delle nuove norme in materia di cittadinanza
La circolare 25 gennaio 2019, Pro. 666 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze ribadisce che il termine di definizione dei procedimenti di cittadinanza per residenza e per matrimonio è elevato a 48 mesi dalla data di presentazione dell’istanza e si applica ai «procedimenti in corso», ovvero ai procedimenti non ancora definiti alla data del 5 ottobre 2018, cioè non ancora conclusi con provvedimento espresso, sia che il previgente termine biennale sia decorso, sia che esso risulti non ancora spirato.
Dal 5 ottobre 2018 il nuovo importo del contributo al cui pagamento sono soggette le istanze di cittadinanza è di 250 euro ed è abrogata la disposizione (art. 8, co. 2 della legge n. 91/1992) che precludeva il rigetto dell’istanza di acquisizione della cittadinanza per matrimonio decorsi due anni dall’istanza medesima.
Perciò non si configura più il silenzio assenso dell’Amministrazione sulla domanda dello straniero coniugato con un cittadino italiano allo scadere dei termini e resta invece impregiudicato il potere di negare la cittadinanza, anche dopo lo spirare del limite temporale, con il logico riespandersi della giurisdizione amministrativa.
Il d.l. n. 113/2018, in sede di conversione in legge, ha introdotto il requisito del possesso di un’adeguata conoscenza della lingua italiana per le domande presentate, ai sensi degli artt. 5 e 9 della legge n. 91 del 1992, a decorrere dal 4 dicembre 2018.
Per dimostrare tale conoscenza al livello B1 del QCER all’atto della presentazione dell’istanza i richiedenti sono tenuti ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o paritario in Italia o all’estero, riconosciuto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
In alternativa, gli interessati sono tenuti a produrre apposita certificazione attestante il livello richiesto di conoscenza della lingua italiana, rilasciata da uno dei quattro Enti certificatori riconosciuti dai cennati Ministeri: si tratta dell’Università per stranieri di Perugia, dell’Università per stranieri di Siena, dell’Università di Roma Tre e della Società Dante Alighieri e della connessa rete nazionale e internazionale di istituzioni ed enti convenzionati, rintracciabili nelle informazioni pubblicate sui siti dei medesimi Dicasteri ed Enti certificatori.
Qualora il titolo di studio o la certificazione siano rilasciati da un Ente pubblico, i richiedenti dovranno autocertificarne il possesso, indicando gli estremi dell’atto, mentre se si tratta di un istituto paritario ovvero di un Ente privato, essi dovranno produrne copia autenticata.
Da tale specifico onere di attestazione sono esclusi coloro che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione, di cui all’articolo 4-bis del d.lgs. n. 286/1998 e al d.p.r. n. 179/2011, e i titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all’articolo 9 del medesimo d.lgs., i quali dovranno soltanto fornire, al momento della presentazione dell’istanza, gli estremi rispettivamente della sottoscrizione dell’accordo e del titolo di soggiorno in corso di validità, in quanto la legge già presuppone una valutazione della conoscenza della lingua italiana.
Pertanto si prescrive di rigettare tutte le istanze di cittadinanza per matrimonio e per residenza presentate dal 5 dicembre 2018 in poi, se prive delle autocertificazioni o attestazioni sopraindicate.
Qualora siffatte domande siano state già acquisite in Sicitt, si provvede alla dichiarazione di inammissibilità, previo preavviso ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241/1990.
Dal 5 dicembre 2018 è stata inoltre stabilita, nell’ambito dei procedimenti di riconoscimento iure sanguinis della cittadinanza italiana, anche ai sensi della legge 8 marzo 2006, n. 124, la previsione di un termine di sei mesi per il rilascio degli estratti e dei certificati di stato civile da parte degli ufficiali di Stato civile in Italia e all’estero.
Perciò si richiamano i prefetti sulla necessità di sensibilizzare i Sindaci e le Rappresentanze consolari interessati al rispetto degli adempimenti di competenza.
Infine le nuove disposizioni introducono anche l’istituto della revoca della cittadinanza, conseguita per matrimonio, residenza ed elezione al diciottesimo anno d’età, da adottarsi a cura della Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, alle condizioni e nelle specifiche fattispecie di condanna irrevocabile per reati in materia di terrorismo ed eversione.
 
Cittadini di Paesi terzi
Asilo
Le prescrizioni per il rilascio dei nuovi permessi di soggiorno per ragioni umanitari e per l’individuazione dei locali di pertinenza dell’amministrazione della pubblica sicurezza idonei per il nuovo tipo di trattenimento degli stranieri
La nota n. 400/A/2018/12.214.18.2 del 15 ottobre 2018 del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere illustra in modo analitico i contenuti delle nuove norme introdotte dal d.l. n. 113/2018.
Al di là dell’illustrazione delle nuove norme la circolare ha contenuti innovativi per alcuni profili.
In primo luogo circa la disciplina dei nuovi permessi di soggiorno la circolare comunica alle questure che dal 9 ottobre 2018 in conseguenza delle novità legislative illustrate, d’intesa con il Centro elettronico nazionale della polizia di Stato, si è proceduto alla chiusura dei codici in uso, non più attuali, per i previgenti tipi di permessi di soggiorno per motivi umanitari (il che li rende materialmente non più rilasciabili, né rinnovabili, con indubbi effetti pratici anche di tipo retroattivo su pregresse situazioni) e sono stati attivati nuovi codici di inserimento

Codice motivo

Descrizione

Descrizione di stampa

PROSO

PROTEZIONE SOCIALE Art. 18 TUI

CASI SPECIALI

VIOLE

VIOLENZA DOMESTICA Art. 18 bis TUI

CASI SPECIALI

SFRUL

GRAVE SFRUTTAMENTO LAVORATIVO Art. 22 TUI

CASI SPECIALI

RETRA

REGIME TRANSITORIO Art. 1, co. 9, d.l. 113/2018

CASI SPECIALI

NOREF

PROT. SPECIALE Art. 32, co. 3, d.lgs. 25/2008

PROTEZIONE SPECIALE

CALAM

CALAMITA’ NATURALE Art. 20 bis TUI

CALAMITA’ NATURALE

VALOR

VALORE CIVILE Art. 42 bis TUI

VALORE CIVILE

CURME

CURE MEDICHE Art. 19 co. 2, L. D/DBIS TUI

CURE MEDICHE

 
In particolare la circolare ricorda che per la specifica ipotesi del permesso di soggiorno per «cure mediche», da rilasciarsi, per le ipotesi previste dall’art. 19, co. 2, lett. d) e nuova lett. d-bis), d.lgs. n. 286/1998), si è proceduto alla creazione di un nuovo codice CURME, che si affianca al codice già in uso SALUT (riconducibile al permesso di soggiorno per cure mediche rilasciato ai sensi dell’art. 36, d.lgs. n. 286/1998).
La circolare precisa inoltre che per coerenza sistematica, è stata operata la chiusura del codice SOINV, connesso al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari per fini investigativi rilasciato in forza della specifica previsione contenuta nell’art. 2, d.l. 27.7.2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31.7.2005, n. 155 e successive modificazioni e integrazioni, sostituito dal codice PRINV, da utilizzare in forma residuale solamente allorquando non sia esplicitata la «motivazione di copertura». La circolare richiama sul punto le indicazioni operative diramate con circolare della stessa Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno n. 400/A/2015/12.278 prot. 39022 del 27.11.2015 che prescrive che il particolare permesso di soggiorno per fini investigativi sia rilasciato con validità annuale e rinnovabile per eguali periodi, e sia emesso, laddove tale esigenza sia opportunamente rappresentata, esclusivamente con la specifica motivazione di copertura (ad es. lavoro autonomo, lavoro subordinato, studio, famiglia ...), espressamente evidenziata nella richiesta, dall’amministrazione segnalante. La circolare precisa che l’esplicitazione della motivazione risulta preferibile quando siano pressanti le esigenze di copertura, essendo, comunque, disciplinata, nella stessa circolare, la procedura di comunicazione riservata alla stessa Direzione centrale, che provvederà ad annotare la motivazione di copertura trascritta sul titolo autorizzatorio.
In secondo luogo circa il procedimento espulsivo la circolare ricorda che il d.l. n. 113/2018 ha previsto nell’art. 13, d.lgs. n. 286/1998 una modifica del comma 5-bis in modo da consentire che in attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso possa essere trattenuto oltre che in uno dei Centri di identificazione ed espulsione, di cui all’art. 14 del medesimo Testo unico, anche in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza, qualora non vi sia disponibilità di posti nei Centri ubicati nel circondario del Tribunale competente. Per tali casi il legislatore il legislatore ha previsto che il Giudice di pace, su richiesta del questore, con il decreto di fissazione dell’udienza di convalida, possa autorizzare la temporanea permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di convalida, precisando che qualora le condizioni appena descritte permangono anche dopo l’udienza di convalida, il giudice possa autorizzare la permanenza, in locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive all’udienza di convalida.
La circolare osserva che in tali casi risulta evidente che condizione di questo particolare tipo di «permanenza» sia l’idoneità dei locali ai fini di una “detenzione amministrativa” di breve periodo, che andrà valutata dai questori con opportuno coinvolgimento della locale prefettura e degli enti interessati, sottoponendo le concrete situazioni al vaglio della valutazione dell’autorità giudiziaria procedente. La stessa ricolare prescrive che allo stesso modo si procederà, d’intesa con l’Agenzia del demanio, con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, con l’ENAC e gli enti di gestione aeroportuale all’adeguamento strutturale di alcuni Uffici di polizia di frontiera per destinarli alla finalità prevista dalla norma.
 
Questioni operative e interpretative dell’applicazione delle altre nuove norme in materia di asilo e soggiorno
La circolare del 18 gennaio 2019 del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere illustra in modo analitico i contenuti delle nuove norme introdotte nel d.l. n. 113/2018, a seguito della legge di conversione. L’illustrazione effettuata dalla circolare è qui tralasciata per la parte ripetitiva delle nuove norme, mentre se ne ricordano i profili applicativi innovativi.
1) Circa i presupposti di rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche contemplato dall’articolo 19 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 si prescrive ai questori di valutare l’opportunità di verificare, sulla base della documentazione sanitaria prodotta [La documentazione sanitaria prodotta a corredo di una domanda ricevibile, proveniente da struttura pubblica o medico convenzionato, dovrebbe già contenere i presupposti di legge], con le competenti Rappresentanze diplomatiche italiane e/o estere, la mancanza della possibilità del richiedente di fruire di tali tipologie di cure mediche nel Paese di origine o di provenienza ovvero, qualora tali cure possano essere fomite, provvederanno di richiedere una certificazione sanitaria attestante il rilevante pregiudizio alla salute che comporterebbe il viaggio di rientro del cittadino straniero nel proprio Paese.
2) Circa la rinnovabilità del permesso di soggiorno per calamità per un periodo ulteriore di sei mesi se permangono le condizioni di eccezionale calamità si prescrive ai questori di farsi parte attiva nella richiesta di informazioni presso le competenti Autorità diplomatico-consolari, allo scopo di accertare l’esistenza dello “stato di calamità” richiesto dalla norma, con riferimento alla specifica situazione esistente nell’area geografica interessata dal rientro dello straniero.
3) Si richiama altresì l’avvenuta soppressione del richiamo all’istituto del silenzio-assenso in tema di misure di accompagnamento verso la maggiore età dei minori stranieri non accompagnati e, segnatamente, circa il rilascio del titolo di soggiorno.
4) Si ricorda inoltre che il comma 3, dell’articolo 4, del Testo unico delle leggi sull’immigrazione è stato modificato mediante l’inserimento tra le fattispecie costituenti reato che impediscono l’ingresso, e quindi anche il soggiorno nel territorio nazionale dello straniero, anche l’art. 24, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, che sanziona come contravvenzione chi rifiuta di obbedire all’ordine di discioglimento di una riunione pubblica o di un assembramento in luogo pubblico. Si ricorda che il medesimo comma 3, dell’art. 4, del Testo unico delle leggi sull’immigrazione era già stato emendato dal testo del d.l. n. 113/2018, con l’introduzione, tra le fattispecie ostative all’ingresso, ed al soggiorno, dello straniero anche delle ipotesi contemplate dall’articolo 1 del d.lgs. 22 gennaio 1948, n. 66, che, a sua volta, per effetto della legge di conversione n. 132/2018, subisce ulteriore modifica, al fine di consentire la punibilità, con la sanzione amministrativa pecuniaria, del comportamento di “chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo” (sanzione questa che, per espressa previsione di legge è applicabile anche a promotori ed organizzatori).
5) Circa la disciplina transitoria relativa alla protezione di carattere umanitario, contenuta nell’art. 1, comma 9, d.l. n. 113/2018, al fine di dare risposta ai numerosi quesiti pervenuti in relazione a decisioni dell’Autorità giudiziaria su ricorsi pendenti alla data di entrata in vigore del nuovo impianto normativo [Si sono riscontrate alcune decisioni che riconoscono ai ricorrenti la protezione umanitaria inquadrandola nel permesso di soggiorno per motivi umanitari non più previsto tipicamente dall’attuale impianto normativo], si precisa che la decisione attinente alla successione delle leggi nel tempo e, quindi, alla disciplina applicabile, è rimessa all’organo giurisdizionale chiamato ad adottare la decisione concreta che va ottemperata dall’organo amministrativo.
Sul punto, il rilascio in tali casi del permesso di soggiorno previsto dal regime transitorio dell’art. 1 co. 9 del decreto legge n. 113/2018 prende atto della stratificazione di un orientamento sempre più consolidato della giurisprudenza, rispettoso del principio di tipicità degli atti amministrativi, volto a riconoscere tale tipologia di permesso di soggiorno anche nei procedimenti giurisdizionali pendenti al momento dell’entrata in vigore del decreto legge n. 113/2018 [si cita in particolare il Tribunale ordinario di Firenze, sez. IV civile, NRG 2017/3111 del 5.11.2018, Tribunale di Palermo, sez. immigrazione, decreto del 22 ottobre 2018, n. 91125].
6) Si segnala, inoltre, che in ragione degli effetti discendenti dalla novella normativa, non risultano più applicabili le direttive in precedenza impartite, riferite alla tematica relativa al soggiorno sul territorio nazionale dei testimoni e collaboratori di giustizia extracomunitari ed ai loro familiari sottoposti al medesimo programma.
Per tali categorie di stranieri la nota N. 400/0.1364/151.36/06/R del 3.8.2006 della medesima Direzione centrale aveva prescritto la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciabile ai sensi dell’articolo 11, co. 1, lett. c), del d.p.r. n. 394/99, ormai divenuto impraticabile a seguito delle modifiche apportate al TU ed al suo regolamento d’attuazione, proprio dal decreto legge n. 113/2018.
A tal riguardo, nelle more della valutazione di una modifica normativa ad hoc, si prescrive il rilascio a tali categorie di stranieri di un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 18 TU, con la dicitura “casi speciali” le cui dinamiche anche (rinnovo, convertibilità etc.) avverranno su impulso del competente Servizio centrale di protezione.
Tale soluzione, nel rispettare i presupposti giustificativi connessi al soggiorno per motivi di protezione sociale codificati nel citato articolo 18 del TU, consente anche di assicurare le esigenze di reinserimento sociale e lavorativo connesse alla particolare condizione del richiedente, che risulterebbero, invece, precluse dalla scelta di un diverso permesso di soggiorno per motivi di giustizia, oggi disciplinato dall’art. 11, co. 1, lett. c), del d.p.r. n. 394/99.
Si ritiene inoltre che tale interpretazione sia in linea con la scelta sistematica già praticata per le previsioni relative al permesso di soggiorno per fini investigativi rilasciato in forza della specifica disciplina contenuta nell’articolo 2, del decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. Come già praticato per quest’ultima fattispecie (in virtù di apposite indicazioni operative diramate a suo tempo dalla medesima Direzione centrale e richiamate dalla circolare n. 0107122 del 18.10.2018), il titolo autorizzatorio per testimoni e collaboratori di giustizia è rilasciabile anche con motivazione di copertura e deve essere soggetto a medesima rilevazione statistica “riservata”, indirizzata a questa Direzione centrale.
7) Circa i trattenimenti in locali della p.s. degli stranieri espulsi o respinti si precisa che l’individuazione delle “strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza” in cui assicurare la temporanea permanenza dello straniero sino alla definizione del procedimento di convalida, è da ritenersi rimessa all’autorità amministrativa.
In tali casi, salve le intese raggiunte a livello locale, si investirà l’Autorità giudiziaria esclusivamente della convalida nei termini previsti dalla norma. Su tale tema si richiederà al Garante delle persone detenute o private della libertà personale un qualificato parere in ordine al giudizio di idoneità delle strutture da utilizzare. In attesa, quindi, di concordare con tale Autorità alcuni dei requisiti minimi uniformi, si ritiene che i locali in parola innanzitutto debbano possedere caratteristiche di sorvegliabilità continuativa e di sicurezza, con assenza di oggetti o arredamenti che possano consentire atti di “autolesionismo”. Ai fini dell’applicazione della norma, nelle more dell’adeguamento delle strutture dei locali idonei presso gli Uffici di polizia di frontiera, si prescrive ai questori di collaborare sinergicamente, anche con intese con l’Autorità giudiziaria, affinché il procedimento espulsivo possa svolgersi, nel rispetto dei termini previsti dalla norma, senza soluzione di continuità fino alla effettiva disponibilità del vettore ed all’esecuzione dell’effettivo allontanamento.
8) Circa la nuova convalida giurisdizionale del respingimento del questore e l’impugnazione del provvedimento di respingimento del questore si evidenzia, in particolare il richiamo ai commi 7 e 8 dell’art. 13 del TUI, in virtù dei quali, il provvedimento adottato, come ogni altro che concerne l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, deve essere comunicato all’interessato in lingua da lui conosciuta unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione, con la precisazione che avverso il decreto potrà essere presentato ricorso al giudice di pace, secondo le disposizioni di cui all’articolo 18 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150.
Avverso il respingimento è ammesso, dunque, il ricorso per impugnazione innanzi al Giudice di pace territorialmente competente. Tali controversie sono disciplinate con rito sommario di cognizione, ed il giudizio è definito, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso e l’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile.
Si ricorda che la modifica legislativa ha inteso recepire il monito della Corte costituzionale contenuto nella sentenza n. 275 del 2017 in cui la stessa Corte, pur dichiarando l’inammissibilità della questione sottoposta al suo esame, ha riconosciuto la necessità di un intervento del legislatore sul respingimento cd. «differito» con accompagnamento coattivo alla frontiera nella considerazione che «tale modalità esecutiva restringe la libertà personale ... e richiede di conseguenza di essere disciplinata in conformità all’art. 13, co. 3, della Costituzione».
Si precisa che si ritiene evidente che tali caratteristiche di afflittività e compressione non attengano alla diversa misura del c.d. respingimento «immediato» alla frontiera previsto dal primo comma dell’art. 10 TU.
Si ricorda che tale provvedimento amministrativo, che trova il suo fondamento nel diritto unionale, è da considerarsi esercizio del diritto alla sovranità territoriale degli Stati membri, con cui si impedisce allo straniero, non in possesso dei requisiti di ingresso e di soggiorno, di entrare nel territorio nazionale ed in quello dell’Unione europea. In merito all’impugnazione di tale provvedimento autoritativo e immediato, quindi, alla luce del silenzio conservato sul punto dalla novella legislativa e in mancanza, di una previsione legislativa espressa che rinvii alla competenza del giudice ordinario, si può ritenere, argomento a contrario, che rimangano applicabili i tradizionali canoni di rimpatrio della giurisdizione che fanno ricadere tale fattispecie nel perimetro della giurisdizione amministrativa.
9) Circa la registrazione nel Sistema d’informazione Schengen e il divieto di reingresso nello Spazio comune, per lo straniero respinto dal questore, di cui al Regolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo del Consiglio del 20 dicembre 2006, si ricorda che in virtù della novella normativa, allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento è fatto divieto di reingresso nel territorio dello Stato, salva la speciale autorizzazione del Ministro dell’interno.
Si precisa anche che tale previsione non si applica (per effetto del rinvio all’art. 13, co. 13, terzo periodo del Testo unico) nei confronti dello straniero già espulso (o, è da ritenersi, già respinto) per il quale sia stato autorizzato il ricongiungimento familiare.
Sul punto, al fine di assicurare il necessario snellimento dei relativi procedimenti amministrativi, si prescrive l’applicabilità delle indicazioni operative diramate con la nota della medesima Direzione centrale N. 400/C/2009/384/P/12.229.28 datata 23.01.2009, avente ad oggetto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, ai sensi dell’art. 28, d.p.r. 394/99 e successive modificazioni, in combinato disposto con l’art. 19, d.lgs. n. 286/1998, nonché ai sensi dell’art. 30, co. 1 lett. a) dello stesso TU, a stranieri iscritti in banca dati allo SDI ed al SIS ed anche quelle dettate in merito alle procedure da adottare nei casi di richieste di permesso di soggiorno per motivi di famiglia, prodotte a seguito di ricongiungimento familiare ex articolo 29 del Testo unico dell’immigrazione, per le quali si fa espresso rimando a quanto comunicato con circolare del Dipartimento delle libertà civili e l’immigrazione n. prot. 0001575 del 4.4.2008.
Il citato divieto di reingresso opera per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, la cui durata è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso.
Come per le espulsioni, ricade sull’autorità di pubblica sicurezza l’obbligo di inserire nel sistema di informazione Schengen il divieto di reingresso connesso al respingimento del questore. In virtù del nuovo impianto normativo, dunque, il divieto di reingresso nel territorio italiano comporta il divieto di ingresso e soggiorno negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati non membri che comunque applichino le regole del sistema Schengen sulla circolazione delle persone.
Si evidenzia che, per la trasgressione del divieto di reingresso contemplato nell’art. 10 del TUI, il legislatore ha previsto l’operare di sanzioni di carattere penale, cioè:
- nel caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è espulso con accompagnamento immediato alla frontiera;
- allo straniero che, già denunciato per il reato di reingresso illegale ed espulso, abbia fatto nuovamente reingresso sul territorio nazionale, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni;
- per i reati di reingresso illegale previsti in materia di respingimento, è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo.
Si ricorda che l’art. 10 del TU, già prevedeva (al comma 4) che le disposizioni sul respingimento non si applichino nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l’asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari. Come d’intesa, la Direzione centrale della polizia criminale provvederà alla predisposizione delle procedure atte a consentire alle questure l’inserimento, ovvero la cancellazione, dei provvedimenti di respingimento nelle banche dati nazionali e Schengen.
10) Circa gli obblighi informativi degli operatori di polizia al richiedente asilo proveniente da Paesi terzi “sicuri” si ricorda che è stato integrato l’articolato del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, prevedendo che l’Ufficio di polizia informi il richiedente la protezione internazionale che, ove proveniente da un Paese designato di origine sicuro, la domanda può essere rigettata. Tale onere informativo, inserito nell’articolo riguardante le garanzie per i richiedenti asilo e la formazione del personale di polizia operante nel settore, si riconnette ad un’importante novità introdotta dal legislatore, che ha previsto un nuovo articolo 2 bis, dopo l’articolo del medesimo d.lgs. n. 25/2008, concernente il criterio per l’individuazione di un Paese di origine sicuro. La novella ha, altresì, precisato che la domanda presentata da un richiedente proveniente da un Paese designato di origine sicuro è trattata in via prioritaria ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. n. 25/2008
11) Circa la presentazione delle domande reiterate di protezione internazionale si ricorda che la legge di conversione ha definito il concetto di “domanda reiterata” contenuta nel d.l. n. 113/2018, chiarendo il perimetro di operatività anche del caso, rilevante per la quotidianità operativa delle questure, in cui la domanda viene considerata inammissibile e non si procede all’esame della stessa.
In proposito si ritiene che la volontà legislativa, con una presunzione legale riguardante una «prima domanda reiterata», sia diretta a contrastare il ricorso strumentale alla domanda di protezione e a non permettere l’interruzione del procedimento espulsivo. Una «domanda reiterata», quindi, presentata o manifestata, durante il procedimento espulsivo si considera «inammissibile», in quanto presentata al solo fine di impedire o ritardare l’esecuzione dell’espulsione, indipendentemente dagli elementi rappresentati dall’interessato; la presunzione opera, infatti, automaticamente con la sussistenza di due condizioni, una oggettiva (che sia una domanda presentata o manifestata dopo una decisione definitiva su una domanda precedente), l’altra temporale (che sia presentata dopo che sia iniziato il procedimento espulsivo).
Si chiarisce che, ai fini dell’applicazione della norma, il provvedimento di allontanamento deve ritenersi immediatamente esecutivo dal momento della sua adozione.
In tale ottica si ritiene che possano integrare tale condizione temporale tutte le differenti fasi e modalità secondo cui è previsto possa articolarsi l’esecuzione del provvedimento di espulsione (accompagnamento coattivo, trattenimento e misure alternative, partenza volontaria ed anche, quindi, l’esecuzione dell'intimazione o dell’ordine).
 
Impossibilità di iscrizione anagrafica dei titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo. Profili di legittimità costituzionale
La circolare 18 ottobre 2018, n. 15 - N. 15100.areal del Ministero dell’interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale dei servizi demografici ricorda che il d.l. n. 113/2018 all’art. 13, comma 1, apporta modificazioni al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, che incidono sull’iscrizione anagrafica dei richiedenti protezione internazionale.
In particolare:
- la lett. a) modifica l’art. 4 del citato d.lgs. n. 142/2015, prevedendo nel comma 1 che il permesso di soggiorno ivi disciplinato, conseguente alla richiesta di protezione internazionale, costituisce documento di riconoscimento e stabilendo nel nuovo comma 1-bis che lo stesso non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 e dell’art. 6, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
- la lettera b) sostituisce il comma 3 dell’art. 5 che individuava nei Centri o strutture di accoglienza il luogo di dimora abituale ai fini della iscrizione anagrafica dei richiedenti prevedendo ora che l’accesso ai servizi previsti dal presente decreto e a quelli comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti è assicurato nel luogo di domicilio individuato ai sensi dei commi 1 e 2 [dell’art. 5, d.lgs. n. 142/2015 cit.] (lett. b, n. 1) e modifica il successivo comma 4 disponendo che il prefetto possa stabilire un luogo di domicilio (non più di residenza) o un’area geografica ove il richiedente può circolare (lett. b, n. 2);
- la lettera c), infine, abroga l’art. 5-bis che aveva riconosciuto l’applicabilità dell’istituto della convivenza anagrafica all’iscrizione dei richiedenti protezione internazionale ospitati in strutture di accoglienza.
Pertanto, dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni il permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale di cui all’art. 4, co. 1 del citato d.lgs. n. 142/2015, non potrà consentire l’iscrizione anagrafica.
L’art. 13, d.l. n. 113/2018, nell’intenzione del legislatore rilevabile dai lavori preparatori e confermata da tale circolare, intende proprio eliminare la possibilità di iscrizione anagrafica del titolare del permesso di soggiorno per iscrizione anagrafica, il che costituisce un oggettivo trattamento discriminatorio (in violazione dell’art. 3 Cost.) rispetto alla possibilità che ogni altro straniero regolarmente soggiornante ha di accedere all’iscrizione anagrafica ai sensi dell’art. 6, d.lgs. n. 286/1998.
 
L’ispirazione e le direttive generali ministeriali per l’applicazione delle norme in materia di immigrazione e asilo del d.l. n. 113/2018
La circolare del Ministero dell’interno – Gabinetto del Ministro del 18 dicembre 2018, prot. n. 0083774riassume i contenuti e l’ispirazione delle norme del d.l. n. 113/2018, come convertito in legge, e indica alcune direttive di attuazione.
Preliminarmente merita riportare integralmente la prima parte della circolare che afferma in modo orgoglioso la prospettiva perseguita dal nuovo Governo e dal Ministro dell’interno in carica e cioè si rivendica che «l’assunzione di un ruolo proattivo da parte del nostro Paese, attraverso iniziative sui diversi, ma interconnessi, piani internazionale, europeo e nazionale, unitamente a un più incisivo controllo della frontiera marittima, ha infatti già consentito, nell’immediato, una decisa contrazione degli arrivi irregolari sulle coste italiane (oltre l’80% in meno rispetto all’anno scorso).
Si è inteso, innanzitutto, disinnescare l’equazione automatica tra salvataggio in mare degli immigrati e il loro sbarco e ingresso nel nostro Paese, rilanciando con forza nelle sedi europee il correlato tema della ripartizione tra Stati membri a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare, in base al principio di solidarietà stabilito dagli stessi Trattati europei (articolo 80, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).
Non meno significative le iniziative, tuttora in corso, in ambito internazionale, per valorizzare il potenziale apporto dei Paesi di origine e di transito dei flussi stessi, anche investendo nella cosiddetta capacity building di partner strategici tra cui i predetti Paesi».
In parallelo, è stata anticipata con direttive del 4 e del 23 luglio 2018, rispettivamente, in materia di protezione umanitaria e di accoglienza di richiedenti asilo nonché con direttive del 20 novembre e del 12 dicembre 2018 riguardanti il nuovo schema di capitolato di appalto per Centri di prima accoglienza, Centri di permanenza per il rimpatrio, hotspot l’implementazione di nuove linee di indirizzo, poi recepite nella normativa in esame, che ne rappresenta il coerente sviluppo.
Quest’ultima, unitamente alla revisione in corso dei meccanismi di intervento in mare per contrastare i trafficanti di esseri umani, concorre all’obiettivo di riportare, nel medio periodo, l’intero sistema nazionale a una gestione ordinata e sostenibile, basata su canali legali di ingresso e sul rimpatrio degli immigrati in condizioni di soggiorno irregolare, esposti al rischio di marginalità sociale e di coinvolgimento in attività illegali.
In una visione di prospettiva, il “sistema asilo” italiano come ridisegnato, intende connotarsi da tempi celeri nell’esame delle relative istanze nonché da un’effettiva tutela delle persone che necessitano di protezione internazionale, in favore delle quali vengono riorientate le risorse a disposizione per finalità di integrazione per corrispondere a una ragionevole aspettativa di un soggiorno a lungo termine nel nostro Paese.
Nell’ottica di un imprescindibile superamento di un «diritto di permanenza indistinto» (Corte dei conti, deliberazione n. 3/2018) determinatosi de facto, sono stati introdotti meccanismi di semplificazione procedurale, nel rispetto della persona e in conformità alle normative europee, per casi predeterminati di istanze evidentemente finalizzate al prolungamento di un soggiorno del quale non si avrebbe titolo.
Come noto, la protezione umanitaria è stata originariamente concepita quale misura residuale del sistema nazionale di protezione, rivolta a persone in condizioni di vulnerabilità ed esposte nel proprio Paese a violazione di diritti fondamentali, cui non poteva essere riconosciuto uno status “ordinario”. Nel tempo, la stessa era tuttavia divenuta una figura dai contorni indistinti, oggetto di applicazione disarmonica sul territorio, sviando di fatto dall’originaria funzione.
Il ricorso strumentale ad istituti sorti per assicurare tutela alle persone con effettive necessità di protezione ha peraltro comportato una proliferazione di istanze già in origine visibilmente non meritevoli di accoglimento con intasamento dell’ordinaria attività delle Commissioni territoriali preposte all’esame delle stesse e un irragionevole prolungamento del soggiorno in Italia di persone in attesa di una definizione della propria posizione, con conseguenti oneri sul sistema di accoglienza. Rileva al riguardo che, su circa 40.000 tutele umanitarie riconosciute dalle Commissioni territoriali negli ultimi tre anni, poco più di 3.200 sono state le conversioni in permesso di lavoro e circa 250 in ricongiungimenti familiari. La protezione umanitaria non si è rivelata pertanto un adeguato strumento di integrazione, determinando, peraltro, l’incremento degli oneri per rimpatriare chi non ha convertito il relativo permesso in altro titolo di soggiorno regolare e, soprattutto, l’effetto originariamente non previsto di moltiplicazione dei casi di reale marginalità sociale, riguardanti persone che, al termine di un percorso destinato a rimanere senza sbocchi, hanno prolungato la permanenza sul territorio nazionale, in condizioni di assoluta fragilità e povertà, spesso foriere di attrazione in circuiti criminali.».
La circolare prosegue analizzando le norme del d.l. n. 113/2018 (e le analisi meramente riproduttive sono omesse).
Anzitutto si afferma che l’istituto della “protezione umanitaria” peraltro non riconducibile direttamente a obblighi europei è stato razionalizzato (articolo 1), enucleando le seguenti tipologie (tra cui alcune già previste e ridefinite, altre desunte dalla prassi delle Commissioni territoriali) di permessi di soggiorno “speciali” per esigenze di carattere umanitario, aventi durata limitata e in taluni casi convertibili ove l’interessato si sia effettivamente integrato.
Con l’obiettivo di ridurre il numero di pratiche pendenti, il d.l. ha stabilito all’art. 9 la possibilità di ampliare, in via temporanea, la rete delle sezioni delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, fino a un massimo di dieci.
Si afferma che l’effetto atteso di tale misura ossia ricondurre, in linea generale, nei tempi stabiliti dall’art. 27 del d.lgs. n. 25/2008 l’esame delle nuove istanze di protezione internazionale è rafforzato dall’insieme delle disposizioni introdotte per disincentivare la proposizione di domande pretestuose o strumentali, consentendo alle competenti Commissioni territoriali di esaminare le situazioni che, effettivamente, meritano un approfondimento.
Si afferma altresì che in tal senso, le procedure accelerate previste anche in frontiera ovvero nelle «zone di transito» (con possibilità di istituire fino a ulteriori sezioni delle predette Commissioni) hanno l’obiettivo di ridurre i termini dei procedimenti, tra l’altro, in caso di «domanda manifestamente infondata» (art. 7-bis) e di domande presentate dopo che l’interessato è stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo scopo di ritardare o impedire l’adozione o l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento (art. 9, che ha modificato l’art. 28-bis del d.lgs. n. 25/2018).
Si ricorda altresì che sono state individuate, quali cause di inammissibilità, la proposizione di domanda identica sulla quale è stato già espresso un diniego nonché la domanda reiterata, presentata nella fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento, al solo scopo di ritardarne o impedirne l’esecuzione (art. 9).
In tale contesto si afferma che assume altresì rilevanza l’utilizzo di uno «strumento di semplificazione» previsto dalla normativa europea (direttiva 2013/32/UE), ossia la lista dei «Paesi di origine sicuri» da adottarsi con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia anche in base alle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, la cui attività istruttoria è già stata avviata (articolo 7-bis).
Al concetto di Paese di origine sicuro la cui lista dovrà essere periodicamente aggiornata viene infatti collegata una presunzione iuris tantum di manifesta infondatezza dell’istanza, cui sono connessi l’esame prioritario e una procedura accelerata con inversione dell’onere della prova a carico del richiedente in ordine alle condizioni di “non sicurezza” del Paese stesso in relazione alla propria situazione particolare.
La circolare afferma che tale previsione normativa affronta l’anomalia riscontrata con riguardo alla presentazione di istanze di protezione internazionale da parte di soggetti provenienti da Paesi che partecipano ad organismi internazionali nei quali è presente un ordinamento giuridico democratico, in cui è assicurato il rispetto dei diritti fondamentali e con i quali si intrattengono proficui rapporti di collaborazione e cooperazione istanze che, in base all’ordinamento previgente, dovevano essere comunque istruite, con modalità, procedure e tempi del tutto eguali a quelle proposte da persone che fuggono da oggettive condizioni di persecuzione ovvero da situazioni di pericolo connesse a un possibile grave danno alla persona.
Finalità diversa ha, invece, il meccanismo di esame immediato stabilito (art. 10) nel caso in cui il richiedente protezione internazionale sia sottoposto a procedimento penale per uno dei reati riconosciuti di particolare gravità nell’ordinamento ed è considerato pericoloso per la sicurezza dei cittadini.
Coerentemente, la nuova cornice delineata muove dall’esigenza di segnare una netta differenziazione tra gli investimenti in termini di accoglienza e integrazione da destinare a coloro che hanno titolo definitivo a permanere sul territorio nazionale rispetto ai servizi di prima accoglienza e assistenza, da erogare a coloro che sono in temporanea attesa della definizione della loro posizione giuridica.
Pertanto, il Sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) assume la nuova connotazione di Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), nel quale vengono assicurate le iniziative di orientamento e quei servizi “integrati” che agevolano l’inclusione sociale e il superamento della fase di assistenza, per conseguire una effettiva autonomia personale. Per le stesse finalità di integrazione sociale, coloro che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale potranno essere coinvolti nello svolgimento di attività di utilità sociale (art. 12).
Di conseguenza, ai richiedenti asilo che, peraltro, non saranno più iscritti nell’anagrafe dei residenti (art. 13) vengono dedicate le strutture di prima accoglienza (CARA e CAS), all’interno delle quali permangono, come nel passato, fino alla definizione del loro status.
Si ricorda anche che con disciplina transitoria, l’art. 12, commi 5 e 6 prevedono che i richiedenti asilo e i titolari di permesso umanitario rilasciato ai sensi della precedente normativa, già presenti nel sistema SPRAR alla data del 5 ottobre 2018, rimangano in accoglienza fino alla scadenza del progetto in corso. Inoltre, i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo rimangono, al compimento della maggiore età, nel Sistema di protezione fino alla definizione della domanda di protezione internazionale (art. 12, co. 5-bis).
La circolare afferma che dal quadro sopra delineato, si dovrebbe ricavare l’assoluta invarianza delle condizioni tracciate dalle precedenti direttive ministeriali in materia di prima accoglienza nonché l’esigenza, come per il passato, di verifiche giornaliere in ordine alla presenza degli immigrati in accoglienza e alle connesse uscite (a titolo esemplificativo, si richiamano le direttive n. 3710 del 4.3.2014, n. 1763 del 19.2.2015, n. 2521 del 22.3.2016, n. 146 del 14.7.2017, n. 16250 del 23.11.2017 e n. 4568 del 4.4.2018) considerate «elemento essenziale ai fini della rendicontazione della spesa» e, in maniera periodica, in ordine alla sussistenza delle condizioni previste per la permanenza all’interno del sistema di accoglienza, anche riferite allo status (n. 2521 del 22.3.2016). Tali verifiche debbono rimanere improntate ai principi di monitoraggio della regolarità amministrativo-contabile delle presenze nei Centri.
Si può osservare che la circolare omette di menzionare la condizione dei titolari di permessi di soggiorno per motivi umanitari che prima dell’entrata in vigore delle nuove norme erano ospitati in CAS: per costoro – e si tratta di decine di migliaia di persone – le nuove norme non prevedono, neppure in via transitoria, alcuna forma di accoglienza nei centri finanziati dal Ministero dell’interno.
Tuttavia la stessa circolare implicitamente ammette che si possono verificare notevoli problematicità e perciò prescrive ai prefetti di rendere partecipi i sindaci dei territori interessati dalle presenze nei Centri «affinché possano disporre degli occorrenti elementi di rassicurazione circa l’assoluta, sostanziale invarianza delle regole di accoglienza delle persone già ospiti in tali strutture, per le motivazioni sopra esposte, con ciò contribuendo a dissipare l’immotivata diffusione di preoccupazioni circa gli effetti che la nuova normativa produrrebbe in termini di incremento della “marginalità sociale”».
A riprova di tale assunto, la circolare cita i dati relativi alle fuoriuscite dai Centri dall’inizio dell’anno, a normativa previgente, che testimoniano un trend fisiologico di riduzione dei numeri nel Sistema di accoglienza nazionale.
In ogni caso la circolare non riesce a mascherare le problematicità delle nuove norme e perciò al fine di incentivare una governance quanto più possibile condivisa nell’ambito della distribuzione territoriale dei richiedenti asilo, valorizzando nel contempo un principio autonomistico nella gestione dell’accoglienza, è stata prevista l’acquisizione di un parere, di carattere preventivo, da parte dell’ente locale, in caso di attivazione di nuove strutture da parte delle prefetture, che presuppone lo sviluppo di apposite interlocuzioni tra i diversi soggetti interessati.
Il nuovo Sistema di protezione è, invece, esteso anche ai titolari dei permessi per cure mediche e di protezione per “casi speciali”, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati.
Nulla è modificato relativamente ai minori stranieri non accompagnati che in continuità con il passato accedono al citato Sistema di protezione a prescindere dall’eventuale proposizione dell’istanza di protezione internazionale.
La circolare vuole dunque giungere a dimostrare che «in buona sostanza, le modifiche introdotte rappresentano il coerente corollario della rimodulazione del Sistema di accoglienza con cui, attraverso la contrazione dei tempi di esame delle domande, si riducono altresì i tempi di permanenza nelle strutture di prima accoglienza che, considerato il significativo trend in decrescita dei flussi, si stanno peraltro progressivamente decongestionando. Del resto, la stessa Corte dei conti, nella relazione trasmessa al Parlamento (deliberazione n. 3/2018) aveva già prospettato l’esigenza di evitare “un’accoglienza di molti mesi (se non anni) durante i quali i migranti, non avendone titolo, vengono di fatto inseriti anche nei percorsi di formazione professionale finalizzati all’integrazione con oneri finanziari gravosi a carico del bilancio dello Stato”.».
Si ricorda anche che il Sistema nazionale di accoglienza continua a basarsi sul principio del coordinamento a livello nazionale e regionale. Al riguardo, si invitano i prefetti dei capoluoghi di regione a voler assumere le iniziative ritenute del caso per una coordinata attuazione delle nuove disposizioni in materia di accoglienza, mantenendo un costante flusso informativo con le articolazioni centrali del Ministero dell’interno.
Si ricorda che come stabilito dal d.l. con successivo decreto previo parere della Conferenza unificata, saranno fissati i criteri e le modalità per la presentazione da parte degli enti locali delle domande di contributo per la realizzazione e la prosecuzione dei progetti di accoglienza.
Si richiama altresì l’attenzione dei prefetti sui nuovi obblighi di trasparenza posti in capo alle cooperative sociali che svolgono attività in favore di stranieri (art. 12-ter), che sono tenute a pubblicare trimestralmente sui propri siti o portali digitali l’elenco dei soggetti a cui sono corrisposte somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale.
Infine la circolare afferma che disposizioni di “chiusura” nella gestione dei flussi migratori riguardano necessariamente il tema del rimpatrio di coloro che non possono permanere in territorio nazionale, «obiettivo per il quale è stato necessario rafforzare gli istituti che ne possano assicurare una maggiore effettività».
La circolare ricorda che a tale ultimo scopo, è stato prolungato il tempo di trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio (fino a 180 giorni) disciplinando altresì le modalità per il possibile utilizzo di strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza, anche presso gli uffici di frontiera. Inoltre presso i CPR potranno peraltro transitare i richiedenti asilo, per i quali non è stato possibile determinare l’identità e la cittadinanza, a seguito del precedente trattenimento presso i cosiddetti hotspot, fino a un massimo di trenta giorni.
Proprio per l’attivazione di nuove strutture, è stato autorizzato per un periodo non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, ferma restando l’esigenza dl rivolgere l’invito ad almeno cinque operatori economici (art. 2, comma 2).
La disposizione in esame, unitamente al nuovo schema di capitolato di appalto trasmesso ai prefetti con separata nota, secondo la circolare rappresentano utili strumenti di supporto per i prefetti, «agevolando nel contempo la messa in campo di una più efficace politica di rimpatrio.».
 
L’applicazione della riforma del Sistema di accoglienza degli asilanti, dell’Unità Dublino e dei trattenimenti dei richiedenti asilo
La circolare 22146 del 27.12.2018 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione - Direzione Centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilofornisce ulteriori chiarimenti sull’applicazione delle nuove norme dettate dalla legge n. 132/2018, di conversione in legge del d.l. n. 113/2018 che si aggiungono a quelli contenuti nella circolare del 18 dicembre 2018.
La circolare ricorda che le nuove norme riformano le disposizioni riguardanti il Sistema SPRAR, rinominato Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), riservando l’inserimento nelle strutture di tale circuito, ai beneficiari di una forma di protezione internazionale, ai minori stranieri non accompagnati nonché ai titolari dei nuovi permessi di soggiorno temporanei di carattere umanitario.
A) Accoglienza nei Centri di cui agli artt. 9 e 11, d.lgs. 142/2015 (CARA, CDA e CAS)
La circolare ricorda che le nuove norme non mutano il quadro dei destinatari dell’accoglienza in dette strutture, destinate ad accogliere:
a) i richiedenti asilo fino alla definizione della domanda di protezione internazionale;
b) i richiedenti asilo che hanno fatto ricorso contro la decisione di rigetto della protezione internazionale;
c) i richiedenti asilo che hanno già ottenuto la protezione umanitaria ai sensi della normativa previgente, ma che hanno impugnato la decisione di rigetto adottata dalla Commissione territoriale, mantenendo in questo caso la qualifica di richiedenti asilo;
d) i richiedenti asilo per i quali è stata attivata la procedura Dublino e sono in attesa dell’eventuale trasferimento nel Paese competente alla trattazione della domanda d’asilo;
e) i c.d. “dublinanti di ritorno” ovverossia gli immigrati giunti nell’UE attraverso la frontiera italiana che hanno presentato domanda di asilo in altro Paese europeo aderente al Sistema europeo comune di asilo.
Alle categorie sopra elencate si potranno aggiungere i richiedenti asilo che attualmente si trovano nello SPRAR fino alla scadenza del progetto in cui sono stati inseriti. Qualora al termine di tale periodo non sia intervenuta una decisione definitiva sulla domanda di asilo, potranno – su richiesta – proseguire l’accoglienza in una delle strutture di cui agli artt. 9 e 1
B) Accoglienza nel Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI).
Le modifiche normative – chiarisce la circolare – riservano l’accesso all’ex SPRAR e ai relativi progetti:
a) ai titolari di protezione internazionale riconosciuti ai sensi dell’art. 32, d.lgs. n. 25/2008;
b) ai minori stranieri non accompagnati, anche non richiedenti asilo. I minori richiedenti asilo, al compimento della maggiore età rimangono nel Sistema fino alla definizione della domanda di protezione internazionale (art. 12, co. 5 bis, d.l. n. 113/2018) e, nel caso di concessione della protezione internazionale, per il tempo riservato alla permanenza dei beneficiari. Il SIPROIMI, inoltre, si potrà sviluppare ulteriormente come Sistema di accoglienza e di inclusione dei minori stranieri non accompagnati che, per effetto delle disposizioni introdotte dall’art. 13 della legge n. 47 del 2018, potranno proseguire, in presenza dei presupposti previsti dalla medesima legge, il loro percorso di accoglienza fino al ventunesimo anno di età;
c) agli stranieri titolari dei permessi di soggiorno per casi speciali (per protezione sociale come le vittime di tratta, per violenza domestica, per grave sfruttamento lavorativo) ove non accedano ai percorsi specificamente dedicati (artt. 18, 18-bis, 22, co. 12-quater, d.lgs. n. 286/98);
d) a chi ha ottenuto un permesso di soggiorno per cure mediche, rilasciato agli stranieri che versano in condizioni di salute di eccezionale gravità, e a chi ha ottenuto un permesso di soggiorno per calamità nel Paese di origine o per atti di particolare valore civile (artt. 19, 20-bis e 42-bis, d.lgs. n. 286/98).
La circolare afferma che per effetto delle nuove disposizioni, lo SPRAR non dovrebbe subire alcun ridimensionamento, perché i posti disponibili potranno essere assegnati ai beneficiari di protezione. Potranno, inoltre, continuare a confluire nell’ex SPRAR– utilizzando i posti attualmente disponibili nonché le nuove progettualità dedicate ai minori non accompagnati, che verranno finanziate a valere sul Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo – i minori stranieri non accompagnati attualmente presenti:
a) presso le strutture temporanee attivate dai prefetti ai sensi dell’art. 19, co. 3-bis del decreto legislativo n. 142/2015.
b) presso le strutture temporanee di prima accoglienza di alta specializzazione finanziati dai fondi FAMI e attivati dal Ministero dell’interno;
c) presso le strutture dei Comuni che assicurano l’accoglienza ai sensi dell’art. 19, co. 3 del decreto legislativo n. 142/2015.
C) Titolari del permesso di soggiorno per motivi umanitari
Le nuove norme – chiarisce la circolare – hanno introdotto una serie di disposizioni dirette a regolamentare la condizione giuridica di chi ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base della previgente disciplina, con particolare riferimento al rinnovo del permesso di soggiorno e all’accoglienza.
Chi è già titolare del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in corso di validità, può continuare ad esercitare tutte le facoltà ad esso connesse e, in particolare, potrà chiedere la conversione del permesso per motivi di lavoro o di famiglia, ove ricorrano i relativi presupposti. In caso contrario, ove il permesso per motivi umanitari sia stato concesso a seguito della segnalazione della Commissione territoriale, l’interessato potrà chiedere di valutare la sussistenza di uno dei presupposti per il rilascio di un permesso per protezione speciale (ai sensi dell’art. 32, co. 3, d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25).
Per i procedimenti in corso, per i quali la Commissione territoriale ha chiesto sulla base delle norme previgenti, il rilascio del permesso per motivi umanitari lo straniero riceverà un permesso di soggiorno con la dicitura «casi speciali», della durata di due anni convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato. Anche in questo caso, alla scadenza, in mancanza di conversione, lo straniero potrà richiedere al questore un permesso di soggiorno per esigenze umanitarie nei casi previsti (art. 1, co. 9, decreto legge).
Sotto il profilo dell’accoglienza, per i titolari di permesso per motivi umanitari presenti nei Centri governativi di prima accoglienza e nei CAS, al momento della consegna materiale del permesso di soggiorno dovrà essere avviato il percorso di uscita dalle strutture, avendo in considerazione le eventuali particolari esigenze degli interessati.
Sul destino di questi ultimi la circolare tace, poiché i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari che erano nei Centri governativi di prima accoglienza o nei CAS subiscono una discriminazione nell’accoglienza rispetto a tutti gli altri, essendo i soli ai quali non è più riservato alcuno sbocco in un Centro cofinanziato dal Ministero dell’interno.
 
Le direttive della Commissione nazionale sul diritto di asilo alle Commissioni territoriali circa l’applicazione (anche retroattiva?) delle nuove norme in materia di asilo
La circolare del 2 gennaio 2019 della Commissione nazionale per il diritto di asilofornisce indicazioni sull’applicazione della l. 132/2018 e in particolare sottolinea l’introduzione di un doppio regime procedurale nel quale le Commissioni territoriali sono competenti soltanto per il riconoscimento della protezione internazionale e della protezione speciale, mentre gli altri tipi di permessi previsti dalla nuova normativa sono rilasciati dal questore.
Circa le domande di protezione internazionale presentate prima del 5.10.2018, ma non ancora decise, la circolare afferma che le Commissioni territoriali possono valutare soltanto la sussistenza dei requisiti per la protezione internazionale e per la protezione speciale, mentre non possono più riconoscere la protezione umanitaria (con un criticabile effetto retroattivo che il d.l. però non prevede) e rinviando al questore per la valutazione sul rilascio degli altri tipi di permesso.
La circolare illustra anche il contenuto delle altre nuove norme in materia di protezione internazionale.
In particolare merita segnalare che la circolare ricorda che il d.l. n. 113/2018 ha previsto che nel caso in cui lo straniero presenti una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’allontanamento imminente dal territorio nazionale, la stessa è considerata inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento. Opera, dunque, in tale circostanza, iure et de iure, una presunzione di strumentalità correlata alla concomitanza di due condizioni riferite l’una alla preesistenza di una decisione definitiva sulla domanda precedente e l’altra alla circostanza che sia iniziata l’esecuzione del provvedimento espulsivo. La sussistenza di tali presupposti esclude, pertanto, l’esame della domanda. La circolare informa che in tali casi, come concordato con il Dipartimento della pubblica sicurezza, la questura competente comunicherà all’interessato l’inammissibilità della domanda sancita ex lege e che il Dipartimento della pubblica sicurezza, di concerto con la Commissione nazionale per il diritto di asilo, ha predisposto uno specifico modulo che, compilato dalla questura, sarà successivamente trasmesso alla Commissione territoriale competente, ai fini dell’inserimento nel Sistema Vestanet.
Circa il nuovo procedimento immediato di esame delle domande la circolare ricorda che anche a tale riguardo non è stata dettata una particolare scansione temporale delle attività che la questura e la Commissione debbono porre in essere in quanto la ratio legis, che punta alla massima accelerazione delle procedure, richiede in re ipsa il massimo livello di tempestività. A tal fine, pertanto, si prescrive che, come convenuto con il Dipartimento della pubblica sicurezza, le Commissioni territoriali individueranno con le questure i canali preferenziali di comunicazione ritenuti più idonei e si afferma che si ritiene ammissibile qualunque strumento tecnico di comunicazione, purché tempestivo, nonché sistemi di avviso telefonico. In relazione alle esigenze di massima celerità del procedimento in questione, correlate anche all’attivazione delle procedure di allontanamento ex artt. 13, co. 3, 4 e 5, d.lgs. 286/98, si prescrive che la notifica della data dell’audizione e delle decisioni della Commissione territoriale avverrà, come da intese intercorse con il Dipartimento della pubblica sicurezza, preferibilmente attraverso la consegna a mano all’interessato effettuata dalla questura competente qualora lo straniero risulti immediatamente reperibile. In caso contrario l’irreperibilità sarà comunicata, a cura della questura, con le medesime modalità, alla competente Commissione per l’attivazione delle ordinarie procedure di notifica.
Circa l’esame da parte delle Commissioni dell’alternativa di protezione interna al Paese di provenienza si prescrive che si richieda l’individuazione dell’area di provenienza del richiedente (intesa come luogo nel quale si concentrano i suoi interessi prevalenti) e dell’area di eventuale ricollocazione. La circolare ricorda anche che la prova della ricorrenza delle suddette condizioni integrative della fattispecie richiede un attento esame della situazione individuale e familiare del richiedente, nonché un’approfondita valutazione delle informazioni sul Paese d’origine. In ragione di tale ultimo requisito, si verifica un’inversione dell’onere della prova che, in tal caso è in capo all’autorità decidente.
Infine circa l’obiettivo della velocizzazione dell’esame delle domande di protezione internazionale pendenti, per il conseguimento del quale l’art 9, co. 2-bis ha previsto la possibilità che dal 1 gennaio 2019, con durata di otto mesi, con decreto del Ministro, saranno temporaneamente istituite fino ad un massimo di dieci ulteriori sezioni delle Commissioni territoriali, la circolare informa che il Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell’interno sta dando corso alle procedure per l’immissione in servizio dei 169 funzionari amministrativi risultati idonei al concorso pubblico per l’assunzione di personale altamente qualificato, che saranno destinati in via esclusiva alle Commissioni territoriali. L’assegnazione dei predetti funzionari alle sedi di destinazione è prevista entro il mese di febbraio 2019 in seguito allo svolgimento di un periodo di formazione teorico pratica della durata di quindici giorni che si terrà presso la sede didattico residenziale di Via Veientana a Roma.
Nel contempo, in considerazione dei carichi di lavoro attualmente gravanti sulle Commissioni, la circolare preannuncia che si procederà, in una prima fase, all’apertura di cinque nuove sezioni presso le Commissioni territoriali di Milano, Bologna, Firenze, Roma nonché presso la Commissione di Torino, con sede distaccata a Genova.
Pertanto, per consentire alle Commissioni ed alle sezioni territoriali lo svolgimento delle attività finalizzate a conseguire, nel breve arco temporale previsto, il rapido abbattimento delle pratiche pendenti, la circolare invita le prefetture ad avviare, anche sul piano logistico, tutte le necessarie, idonee iniziative.
 
Ingresso e soggiorno
L’applicazione del Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID) alle attività dello Sportello unico per l’immigrazione delle prefetture
Con circolare prot. n. 0003738 del 4/12/2018 del Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilosi informa che anche per accedere alle attività gestite dagli Sportelli unici per l’immigrazione è ora necessaria l’identità digitale SPID, cioè il sistema di autenticazione che permette a cittadini ed imprese di accedere ai servizi telematici della PA con un’unica identità digitale tramite credenziali rilasciate da un ID (Identity Provider) che consentono l’accesso a più sportelli on line. Pertanto per quanto riguarda il portale https://nullaostalavoro.dlci.interno.it sia i privati sia gli enti già accreditati dovranno preliminarmente effettuare la registrazione SPID. Enti, patronati, associazioni di categoria e/o datoriali potranno continuare ad agire sul sistema associando la nuova registrazione SPID con l’utenza precedente utilizzata in modo da non perdere la memoria storica delle domande già presentate.
 
L’applicazione delle nuove norme sugli ingressi e soggiorni per studio, ricerca, formazione e volontariato
La circolare del 16 ottobre 2018 del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere illustra in modo analitico i contenuti delle nuove norme inserite nel testo unico delle leggi sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998) dal decreto legislativo 11 maggio 2018, n. 71 (pubblicato in G.U. n. 141 del 20 giugno 2018), vigente dal 5 luglio 2018, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari» e successive modifiche ed integrazioni.
La circolare comunica infine che sono stati individuati, d’intesa con il Centro elettronico nazionale della polizia di Stato, nuovi codici di inserimento, attivi dal 26 settembre u.s, come di seguito riportati:

Codice  motivo

Descrizione

Descrizione di stampa

VOLON

VOLONTARIO ART. 27 BIS, CO. 5. TUI

VOLONTARIO

RIC01

RICERCATORE ART. 27 TER, CO. 7, TUI

RICERCATORE

RICRL

RICERCATORE-RIC.LAV ART. 27 TER, CO. 9 BIS

RICERCA LAVORO

MRICE

MOBIL.RICER. ART. 27 TER, CO. 11 SEPTIES, TUI

MOBILITÀ –

RICERCATORE

STUDO

STUDENTE ART. 39, CO. 5 BIS, TUI

STUDENTE

STUDI

STUDENTE ART. 39 BIS, CO. l QUARTER, TUI

STUDENTE

ALUNN

ALUNNO ART. 39 BIS, CO. l QUARTER, TUI

ALUNNO

TIRC1

TIROCINANTE ART. 39 BIS, CO. l QUATER, TUI

TIROCINANTE

STURL

STUDENTE-RIC.LAV ART. 39 BIS, CO. l, TUI

RICERCA LAVORO

 
Lavoro
L’accesso al lavoro e ai servizi dei Centri per l’impiego dei titolari dei nuovi e vecchi permessi di soggiorno rilasciato per motivi umanitari
La nota tecnica del 12.12.2018 di ANPAL servizi, società istituita dall’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (ANPAL) illustra le modifiche normative introdotte dal d.l. n. 113/2018 in materia di disciplina dei permessi di soggiorno per motivi umanitari e in materia di protezione internazionale, mettendone in evidenza le principali implicazioni in ambito lavoristico.
In particolare la nota ricorda che il d.l. non modifica nulla in materia di accesso al lavoro dei richiedenti asilo: il permesso di soggiorno per richiesta asilo consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, così come previsto all’art. 22 del d.lgs. n. 142/2015.
Peraltro la nota osserva che l’art. 12, d.l. n. 113/2018, pur impedendo l’iscrizione anagrafica dei titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo garantisce l’accesso ai servizi di cui al d.lgs. n. 142/2015 e a quelli comunque erogati sul territorio nel «luogo di domicilio».
Essa conclude, pertanto, che per il richiedente asilo il domicilio è considerato sufficiente per accedere a tutti i servizi territoriali erogabili ai residenti, inclusi i servizi forniti dai Centri per l’impiego, senza necessità di possedere una carta di identità o la residenza.