Rassegna di giurisprudenza italiana: Allontanamento e trattenimento

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In questa rassegna si cercherà di dar conto degli approdi giurisprudenziali più significativi nella articolata materia degli allontanamenti e del trattenimento occorsi nei primi mesi del 2017 1.
Tra le novità legislative è doveroso segnalare l’approvazione del d.l. 17.2.2017, n. 13, conv. con modificazioni dalla l. 13.4.2017, n. 46, recante: «Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale».
Il decreto legge apporta alcune novità per quanto riguarda il trattenimento, in primo luogo introducendo nell’ordinamento una nuova ipotesi di restrizione della libertà personale finalizzata all’identificazione degli stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio. L’art. 17 della legge di conversione stabilisce infatti, al comma 3, che «Il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2 configura rischio di fuga ai fini del trattenimento nei centri di cui all’articolo 14. Il trattenimento è disposto caso per caso, con provvedimento del questore, e conserva la sua efficacia per una durata massima di trenta giorni dalla sua adozione, salvo che non cessino prima le esigenze per le quali è stato disposto». Il successivo periodo rimanda poi ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 14 del d.lgs. 286/1998 per ciò che riguarda le condizioni del trattenimento e la procedura di convalida della misura, nonché chiarisce che se il trattenimento è disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale la competenza sulla convalida della misura è del Tribunale.
Un ulteriore aspetto su cui la l. 46/2017 interviene a modificare la disciplina previgente è il trattenimento dei richiedenti asilo, allargando le ipotesi previste dall’art. 6 del d.lgs. 142/2015. La norma, che il legislatore aveva introdotto solo di recente tipizzando tassativamente le ipotesi di trattenimento nei confronti dei richiedenti protezione internazionale, stabiliva infatti al comma 3 che «Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, il richiedente che si trova in un centro di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di espulsione ai sensi degli articoli 13 e 14 del medesimo decreto legislativo, rimane nel centro quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione». Come già segnalato nella rassegna precedente pubblicata al numero 1/2017 di questa Rivista, la giurisprudenza di merito aveva in più occasioni correttamente opposto la lettera della norma alla possibilità di convalidare il trattenimento sul presupposto di un provvedimento di respingimento. L’art. 8, co. 1 lett. b) della l. 46/2017 è tuttavia intervenuto sulla lettera della disposizione in questione, la quale si rivolge ora anche allo straniero trattenuto in forza di un provvedimento di respingimento ai sensi dell’art. 10 del d.lgs 286/1998.
La recente promulgazione del d.l. e la sua conversione in legge impediscono di dar conto di una casistica sulla loro applicazione. Ci sembra tuttavia importante darne atto anche al fine di consentire una più informata lettura degli approdi giurisprudenziali recenti.
Infine, segnaliamo che alcuni commenti e considerazioni avanzate nella presente rassegna si avvantaggiano dei risultati della ricerca Lexilium, pubblicata in questo stesso numero della Rivista, la quale ha analizzato 1220 provvedimenti di merito in materia di allontanamento e trattenimento degli stranieri emessi dal Giudice di Pace delle sedi di Bari, Bologna, Firenze, Roma e Torino. Si tratta di un campione molto consistente, che consente un confronto, oltre che con gli orientamenti giurisprudenziali che emergono dalle decisioni di merito, con le prassi in uso nei diversi uffici giudiziari.
 
TRATTENIMENTO
Garanzie del contraddittorio nell’udienza di proroga – limiti sostanziali al trattenimento del richiedente protezione internazionale – necessaria valutazione di misure alternative meno coercitive.
Sul trattenimento del richiedente asilo si segnala, per la complessità e ricchezza dell’argomentazione, Cass. 8 febbraio 2017, n. 3298, con la quale la Corte ha cassato senza rinvio il decreto del 18.8.2015 con cui il Tribunale di Roma aveva autorizzato la proroga del trattenimento di una richiedente protezione internazionale. La Corte ha innanzitutto ribadito il principio affermato dalla costante giurisprudenza secondo cui alla proroga del trattenimento si applicano le garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato «senza che sia necessaria una richiesta dell’interessato di essere sentito». Nonostante la consolidata interpretazione (si vedano, per esempio, Cass. 13117/11 e da ultimo Cass. 3.5.2017, n. 10743 estesamente commentata in questo stesso numero della Rivista), il fatto che la Corte specifichi che la presenza in udienza dell’interessato sia imprescindibile, anche in assenza di una sua specifica richiesta in tal senso, non appare affatto pleonastico, in particolare alla luce della deprecabile prassi in uso in alcuni uffici giudiziari di svolgere l’udienza di proroga in assenza del trattenuto (si veda la ricerca Lexilium). In relazione a quanto ora affermato, il nuovo art. 5, co. 6, d. lgs. 142/2015, come modificato dall’art. 8, d.l. 13/2017, dispone che «La partecipazione del richiedente all’udienza per la convalida avviene, ove possibile, a distanza mediante un collegamento audiovisivo», il che, come messo in luce da commentatori attenti, costringerà il difensore a scegliere se adoperarsi per assicurare il doveroso sostegno in presenza alla parte assistita o rivolgere il proprio impegno professionale alla persuasione del giudice partecipando di persona all’udienza.
Di particolare rilevanza appare poi il secondo principio espresso dalla Corte nella medesima decisione Cass. 3298/2017. La Corte ha, infatti, ritenuto il decreto del Tribunale di Roma non correttamente motivato in ordine alla ragione sostanziale del trattenimento della straniera che ha chiesto protezione internazionale, affermando in merito che «una persona che entri irregolarmente nel territorio dello Stato, nei cui confronti devono essere applicate le norme in materia di diritto di asilo, non può essere destinatario di un provvedimento di respingimento (artt. 10, co. 4, e 19, co. 1, d.lgs. n. 286 del 1998) avendo diritto a rimanere sul territorio nazionale fino alla decisione definitiva della domanda, dovendo il Questore, in caso di avvenuta notifica del provvedimento di respingimento, addirittura revocare i propri provvedimenti (art. 14, co. 5-bis, d. lgs. n. 286) adottati verso lo straniero avente diritto e potendo rilasciare un permesso di soggiorno temporaneo, valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento (art. l, co. 5, d.l. n. 416 del 1989)». Tale limite sostanziale al trattenimento del richiedente protezione internazionale, il quale, stando alle parole della Corte, non può essere destinatario di un provvedimento di respingimento, appare ancora più rilevante nella misura in cui si consideri che l’impugnato e cassato decreto del Tribunale di Roma era stato emesso precedentemente all’entrata in vigore dell’art. 6 del d.lgs. 142 del 2015 e dunque la lettera della predetta norma non ostava formalmente alla misura restrittiva che avesse come presupposto un provvedimento di respingimento. La Corte in questa importante pronuncia si spinge oltre, affermando addirittura che il questore deve revocare i propri provvedimenti adottati verso lo straniero avente diritto a rimanere sul territorio fino alla decisione definitiva sulla protezione internazionale. Come già osservato, la l. 46/2017 estende le ipotesi di trattenimento dei richiedenti protezione internazionale, ripristinando la possibilità di convalidare la misura sul presupposto di un provvedimento di respingimento. Non è tuttavia chiaro quale sia lo spazio in cui tale modifica possa trovare concreta applicazione, dal momento che essa dovrà essere interpretata alla luce dei principi ora commentati, i quali indicano inequivocabilmente come il trattenimento dei richiedenti asilo sia una misura di carattere del tutto eccezionale, la quale non dovrebbe riguardare chi ha fatto ingresso sul territorio al fine di fare richiesta di protezione internazionale.
La medesima Cass. 3298/2017 stabilisce, infine, che «ai fini della tempestività del provvedimento di proroga del trattenimento in un centro di espulsione ed identificazione di uno straniero richiedente asilo o protezione internazionale è necessario che essa sia disposta nel termine di quarantotto ore dalla richiesta del Questore, a pena di nullità, imponendo gli strumenti internazionali e comunitari (oltre che la legge nazionale) che il giudice, nel termine rigoroso menzionato, debba motivare anche in ordine alla necessità di tale misura eccezionale limitativa della libertà personale, anziché di quelle alternative previste dalla legge, in rapporto alla delibazione della richiesta di protezione internazionale». Tale principio specifica l’ampiezza del sindacato del giudice nel valutare la legittimità del trattenimento, stabilendo che, oltre ai presupposti di legge, egli debba spingersi a motivare in merito alla mancata applicazione delle misure alternative alla limitazione della libertà personale previste per i richiedenti protezione internazionale. La decisione, menzionando esplicitamente gli obblighi derivanti dalla normativa internazionale, oltre che da quella nazionale, appare svolgere compiutamente la propria funzione nomofilattica anche in relazione a quanto previsto dall’art. 8 della dir. 2013/33/UE, il quale, al comma 2, stabilisce che «Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive».
Gli orientamenti ora indicati appaiono coerenti anche con quanto affermato dalla Corte nella già richiamata ordinanza Cass. 24.2.2017, n. 10743 (estesamente commentata in questa Rivista) che ha ribadito il dovere delle autorità nazionali di fornire informazioni ai cittadini stranieri in ingresso sul territorio nazionale in merito alla domanda per il riconoscimento della protezione internazionale. La Corte ha, su queste basi, accolto il motivo di illegittimità sollevato dalla difesa in riferimento alla convalida del trattenimento pronunciata sul presupposto di un provvedimento di respingimento rivolto a un cittadino nigeriano soccorso in mare, deducendo correttamente che «il ricorrente, che aveva immediatamente manifestato la sua volontà di presentare la domanda, avrebbe dovuto ricevere le predette informazioni già al momento del suo sbarco, ed avrebbe dovuto essere indirizzato presso un centro di accoglienza».
Obbligo di motivazione
L’obbligo di motivazione del decreto di convalida e proroga del trattenimento è stato oggetto di una pluralità di pronunciamenti recenti. Si segnala, in particolare, la Cass. 7.3.2017, n. 5744, che ha cassato senza rinvio il decreto con il quale il Tribunale di Roma aveva autorizzato la proroga del trattenimento di una cittadina nigeriana «ritenuta la sussistenza dei presupposti per la concessione della richiesta di proroga». In merito alla motivazione ora riportata, la Corte ha affermato che «Si tratta, con tutta evidenza, di motivazione solo apparente contenuta in un modulo prestampato, affatto carente in ordine alla pur sintetica indicazione delle ragioni della ritenuta sussistenza dei presupposti per la concessione della proroga, nonché della infondatezza delle deduzioni svolte in udienza dalla difesa della cittadina extracomunitaria».

Cass. 7.3.2017, n. 5650 si riferisce invece a un decreto di convalida del trattenimento pronunciato dal Giudice di pace di Roma. La Corte ha coerentemente ritenuto che il provvedimento del Giudice di pace mostrasse «un difetto assoluto di motivazione che si riduce all’affermazione, del tutto tautologica, secondo cui “il provvedimento risulta adeguatamente motivato in punto di fatto e di diritto”». Entrambe le decisioni acquistano rilevanza anche alla luce della prassi diffusa in molti uffici giudiziari di non motivare adeguatamente le decisioni di trattenimento e ampiamente documentata dalla ricerca Lexilium (in questa Rivista).

Parzialmente difformi appaiono invece le decisioni assunte con le ordinanze Cass. 6322, 6323; 6324, 6325 , 6326, del 10 marzo 2017, con cui la Corte ha ritenuto sufficiente una motivazione per relationem, pur se molto sintetica. Nel caso di specie, il Giudice di pace di Brindisi aveva motivato i decreti impugnati «con integrale riferimento alla istanza di proroga della Questura di Brindisi dove viene evidenziata la difficoltà nell’espletamento della procedura di identificazione».

Decorrenza della concessione della proroga del trattenimento - Termini del trattenimento
Le predette ordinanze del 10 marzo 2017 si segnalano anche perché intervengono in merito alla tempestività della richiesta e della concessione della proroga del trattenimento. Il ricorrente aveva infatti lamentato la validità della convalida della proroga effettuata 5 giorni prima della scadenza. La Corte ha respinto il motivo di ricorso affermando che «La proroga viene evidentemente concessa a decorrere dalla data di scadenza del termine in corso. Priva di rilevanza è la circostanza che il provvedimento di proroga venga concesso qualche giorno prima poiché ciò che conta è la decorrenza». (Cass. 6322/17). Si noti che la Corte indica per la concessione della proroga una finestra temporale limitata a «qualche giorno prima» della decorrenza: una diversa e più ampia interpretazione vanificherebbe infatti la stessa periodicità con la quale il trattenimento deve essere rivalutato, nonché la finalità della misura che può considerarsi legittima solo per il tempo strettamente necessario a espletare le procedure di rimpatrio.

Tali pronunciamenti devono altresì essere letti in correlazione ad altra importante giurisprudenza che ha segnalato come il termine massimo di 90 giorni, stabilito dall’art. 14 co. 5 del d.lgs. 286/98 per il trattenimento, non possa essere superato neppure in caso dell’esecuzione di reiterati provvedimenti espulsivi (Cass. 24146/2016). Nel caso di specie la Corte, cassando senza rinvio il decreto impugnato, ha affermato che «il ricorrente era stato già trattenuto per ben due volte presso il CIE di Roma e di Bari per un periodo superiore di 90 giorni, pertanto la proroga del trattenimento non poteva essere disposta» (Cass. 24146/2016).

Manifesta illegittimità della convalida del trattenimento dovuta a situazione di incertezza circa l’inespellibilità
Cass. 7.3.2017, n. 5750 ha cassato senza rinvio il decreto con cui il Giudice di pace di Roma aveva convalidato il trattenimento, eseguito a seguito di un decreto di respingimento emesso dal questore di Agrigento, nei confronti di una cittadina nigeriana, la quale aveva contestato la legittimità del provvedimento in relazione al suo accertato stato di gravidanza. La Corte dopo aver richiamato il proprio orientamento, ormai consolidato, per cui il Giudice del trattenimento è chiamato a rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento presupposto, ha chiarito che «la situazione di incertezza circa l’inespellibilità avrebbe dovuto indurre il Giudice di Pace a verificare l’effettivo stato di gravidanza dell’attuale ricorrente prima di provvedere a tal pronuncia ora impugnata» (Cass. 5750/2017).
 

ESPULSIONE

Obbligo di traduzione degli atti e difformità tra atto e sua traduzione
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere affetto da nullità il decreto espulsivo prefettizio non tradotto in lingua conosciuta dallo straniero. È sulla scorta di questo principio che la Cass. 20.4.2017, n. 10059 ha cassato senza rinvio il decreto del Giudice di pace di Taranto secondo cui la mancanza o irregolare traduzione dell’atto in lingua conosciuta al destinatario non ne determinerebbe l’annullabilità. La particolarità del caso in esame consiste nella difformità tra la formula apposta sul decreto e la sua sintesi formulata nell’atto tradotto e consegnato al destinatario unitamente al primo: la Corte ravvisa il vizio di indeterminatezza della contestazione espulsiva che ne determina la nullità. Consegue che, non solo il decreto di espulsione deve essere tradotto, ma occorre che non vi sia divergenza tra il testo italiano e quello tradotto in lingua conosciuta. La difformità tra i due testi incide sulla determinatezza della contestazione.
 
Espulsione in pendenza di appello avverso ordinanza reiettiva della domanda di protezione internazionale
La proposizione del ricorso avverso la decisione negativa della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi indicate nell’art. 35 bis, co. 3, d.lgs. 25/2008, ma tale previsione non è espressamente prevista in caso di appello avverso la decisione del tribunale. E sulla possibilità di disporre la sospensione cautelare in caso di appello, la giurisprudenza è diversamente orientata (si veda, sul punto, Maria Mitola in questa Rivista). Tale non omogeneità giurisprudenziale si riflette anche sulle decisioni dei giudici di pace, quando costoro sono chiamati a decidere sulla legittimità dei provvedimenti di espulsione adottati dal prefetto in pendenza, appunto, dell’appello avverso la decisione negativa di primo grado sulla domanda di protezione internazionale.

Così, il Giudice di pace di Brescia, con ordinanza del 13.3.2017 ha annullato un decreto di espulsione, adottato nella situazione sopra descritta, aderendo all’interpretazione della locale Corte d’Appello che ebbe a dichiarare l’inammissibilità dell’istanza di sospensione formulata dall’appellante perché l’ordinanza di rigetto della domanda di protezione non comporta la reviviscenza dell’efficacia del provvedimento negativo della commissione territoriale.

Di opposto avviso è l’ufficio del Giudice di pace di Torino che con ordinanza del 20.4.2017 , seguendo l’orientamento della locale Corte territoriale secondo cui l’appello avverso il decreto di rigetto della domanda di protezione non comporta la sospensione dell’efficacia esecutiva perché non previsto dall’art. 702 quater c.p.c., ha respinto il ricorso avverso un decreto espulsivo adottato in pendenza della decisione della Corte d’appello.

Accade che la prefettura si determini ad adottare un decreto di espulsione prima dello spirare del termine per proporre appello (ordinariamente trenta giorni dalla notifica del provvedimento di primo grado) contro l’ordinanza del tribunale che ha respinto il ricorso avverso la decisione negativa della commissione territoriale. Il Giudice di pace di Alessandria, con ordinanza del 24.4.2017 , ha annullato il decreto opposto, dopo avere accertato che effettivamente il ricorrente aveva proposto appello contro l’ordinanza di rigetto del tribunale, sostenendo che, in pendenza del termine per appellare, e fino alla decisione del giudice di appello, nessun decreto di espulsione può essere adottato.

Obbligo di valutazione dei legami familiari nei provvedimenti espulsivi del prefetto
L’art. 13, co. 2 bis, d.lgs. 286/98 prescrive cha la P.A. prima di emettere decreti di espulsione motivati sulla base dell’ingresso o del soggiorno illegale nei confronti di chi ha esercitato il diritto all’unità familiare deve tener conto della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno in Italia dell’espellendo, nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese di origine. In altri termini, l’amministrazione ha l’obbligo di verificare preventivamente l’esistenza di detti legami e, successivamente, effettuare un bilanciamento degli interessi contrapposti: quello pubblico volto all’allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri in condizione di irregolarità amministrativa e quello del nucleo familiare dell’interessato, dando atto, nella motivazione del provvedimento espulsivo, dei motivi della prevalenza dei primi sui secondi. Tuttavia, sovente le prefetture omettono tali accertamenti e i provvedimenti risultano pertanto annullabili per violazione di legge. Il Giudice di pace di Forlì, con ordinanza del 13.1.2017 , in applicazione dei su esposti principi ha annullato un decreto espulsivo per palese carenza motivazionale rilevando la totale carenza del bilanciamento in questione.
 

RESPINGIMENTO DIFFERITO

Respingimento differito di potenziale richiedente protezione internazionale
Il Tribunale di Trapani, con ordinanza 30.3.2017 , ha annullato un decreto di respingimento differito, per carenza motivazionale, perché la questura aveva omesso di dare atto di avere compiutamente reso edotto lo straniero del diritto di formulare domanda di protezione internazionale al lume delle prescrizioni dettate dalla dir. 2013/32/UE. Nella specie, l’amministrazione si era limitata a dare atto, da un lato, dell’ingresso del ricorrente eludendo i controlli di frontiera, e, dall’altro, a escludere la ricorrenza dei motivi che ˗ a mente dell’art. 10, co. 4, d.lgs. 286/98 ˗ non consentono l’adozione del provvedimento ablativo in questione, senza alcun riferimento agli obblighi di informazione relativi al diritto di accedere alla protezione internazionale.
 
1. La redazione della presente rassegna è il risultato di un lavoro congiunto; tuttavia la sezione sul trattenimento va attribuita a Enrica Rigo e quella sull’allontanamento a Guido Savio.